The Post: la recensione del film con Meryl Streep e Tom Hanks

Autore: Emanuele Zambon ,

The Post parla di menzogne della politica virulente come il fluido mortale di Blob, il cui poster viene inquadrato nei minuti iniziali del nuovo film diretto da Steven Spielberg, ora nelle sale.

Previsioni fasulle e motivazioni inventate di sana pianta di cui i vertici USA si servirono per ingannare una nazione tutta circa le sorti della Guerra del Vietnam. Dietro le dichiarazioni di facciata, si celava però una realtà completamente diversa, trascritta in una relazione denominata Pentagon Papers e classificata top-secret. Trafugato dall'economista Daniel Ellsberg, il rapporto secretato fu consegnato nelle mani del New York Times prima e del Washington Post successivamente.

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È logico pensare, quindi, che il film con Meryl Streep e Tom Hanks sia un'eccellente ricostruzione di un'inchiesta giornalistica datata 1971. Ciò risulta vero a metà, perché Spielberg trae spunto da uno degli scandali a stelle e strisce più noti per dar vita ad uno splendido saggio che racconta di prese di coscienza, di etica (professionale e non) e di intrecci fra potere politico ed economico, fra pubblico e privato.

The Post è un film sulle migliori intenzioni, confezionato su misura per un cast di altissimo livello in cui svetta la veterana Streep. Titubante ma decisa al momento opportuno, la sua editrice Kay Graham incarna la volontà delle donne del Novecento di emanciparsi, di svincolarsi da quel ruolo subalterno imposto da una società ancora profondamente patriarcale.

Il suo è un personaggio femminile capace di dosare fermezza - quella con cui ribadisce che il Washington Post "è una sua proprietà, e di nessun altro" - e continuo disagio nell'avvertire di continuo la netta sensazione di non essere all'altezza della situazione, divorata com'è dai dubbi e dal peso di amicizie scomode (è il caso di Robert McNamara, ex Segretario della Difesa coinvolto nello scandalo dei Pentagon Papers).

A farle da spalla in questo tentennante e incerto (fino all'ultimo) racconto di formazione vi è Tom Hanks, energico direttore del Post, idealista convinto che "l'unico modo per tutelare il diritto di stampa sia quello di stampare". Prima dell'attore de Il ponte delle spie, aveva appoggiato i piedi sulla scrivania di Ben Bradlee il magnetico Jason Robards, aggiudicandosi pure un Oscar.

Spielberg, prima di tuffarsi nel roboante clima action di Ready Player One, torna a respirare aria di cinema classico, facendo leva su dialoghi brillanti e affidando il ritmo del film a suoni e istantanee di un'era del giornalismo ormai estinta: fotocopiatrici in azione, revisione di bozze, trilli, il chiasso delle rotative, matrici. 

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E se la detection, pur scorrendo lineare per tutto il film, non raggiunge i livelli del film di Pakula con Redford e Hoffman (e nemmeno la tensione emotiva de Il muro di gomma), The Post appare invece più interessato alle relazioni umane (McNamanra/Graham; Bradlee/Graham), a scandagliare l'animo in subbuglio di una vedova chiamata a fronteggiare in un colpo solo consigli di amministrazione, direttori carismatici, amici potenti e, in ultimo, la Giustizia. Vincerà lei.

Commento

cpop.it

70

The Post approccia all'inchiesta giornalistica con il piglio da cinema classico, spostando presto l'attenzione dalle indagini stile Tutti gli uomini del presidente alle dinamiche relazionali.

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