Arrival, la recensione: Villeneuve alza l'asticella del cinema sci-fi

Autore: Elisa Giudici ,

Arrival è il film fantascientifico del 2016, presentato a Venezia senza che attirasse grande clamore, eppure capace di crescere mese dopo mese tra le recensioni della critica e il parere di cinefili e appassionati di fantascienza, tanto che una nuova nomination per Amy Adams agli Oscar 2017 non sembra più, appunto, fantascienza.

Alla luce della qualità impressionante della trasposizione del racconto più celebre di uno degli scrittori più rappresentativi della fantascienza contemporanea, Ted Chiang, non si può che riconoscere al regista Denis Villeneuve (L'Incendiaria, Sicario e il da noi ancora inedito Enemy) due traguardi: essere uno rari dei registi contemporanei che non hanno sbagliato un colpo da inizio carriera e aver dimostrato di poter confrontarsi alla pari con Ridley Scott per il sequel di Blade Runner.

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Arrival, la recensione del film di Denis Villeneuve
Amy Adams e Jeremy Renner sono i protagonisti del film

È davvero così bello Arrival, la storia di come una linguista venga ingaggiata dal governo statunitense per tentare di decifrare i bizzarri e incomprensibili suoni alieni, le cui astronavi sono apparse improvvisamente senza manifestare né intenzioni pacifiche né belligeranti? Sì.

Le premesse non sono nuove e forse avrete l'impressione di trovarvi di fronte a un epigono di un District 9, ma siamo davvero in tutt'altro territorio. Arrival è innanzitutto un resoconto realistico eppure cinematograficamente poetico e potentissimo della risposta alla domanda di sempre: siamo soli nell'universo? 

Con una serie di scelte stilistiche memorabili e omaggi visivi ora al Nolan di Interstellar ora al Kubrick spaziale, Villeneuve accompagna Amy Adams alla scoperta di cosa si nasconda dentro l'astronave aliena e dentro i suoni e i segni grafici che costituiscono il metodo di comunicazione delle creature che la abitano. Dentro l'astronave regna una calma tersa e professionale che si scontra con le paranoie governative e l'isteria di media e popolazione, sempre più preoccupati e spaventati. 

Il centro del film è una speculazione fantascientifica raffinatissima, uno spunto tra i più geniali mai scritti da Ted Chiang e portato magistralmente su schermo da Villeneuve: la struttura grammaticale, sintattica e fonetica della nostra lingua influenza il modo in cui il nostro cervello lavora e percepisce la realtà, fino a condizionare concetti essenziali come il tempo e lo spazio? 

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Arrival, la recensione del film di fantascienza
Amy Adams merita davvero una nomination agli Oscar 2017

Il film però non è una fredda teoria linguistica (sebbene richieda una certa attenzione e non goda di un ritmo vertiginoso), bensì una splendida storia di maternità. A differenza di Gravity però qui non l'essere madre non diventa il centro del personaggio e una scusa per giustificare il suo essere antipatico e scontroso, anzi, come poche altre volte al cinema la linguista interpretata con grande maestria e sentimento da Amy Adams non smette mai di essere una persona. Introversa e silenziosa, eppure intensa e davvero mai banale, Louise è un personaggio femminile di rara compiutezza. Peccato che Jeremy Renner non sia altrettanto affascinante: la sua presenza poco carismatica è forse l'unica vera pecca di un film davvero imperdibile per gli appassionati di fantascienza. 

A patto di chiedere a un film di essere semplice, immediato, leggero e scacciapensieri, Arrival è il film da vedere questa settimana. Si inserisce alla perfezione nel filone molto florido dei grandi film hollywoodiani di fantascienza degli ultimi anni (Gravity, The Martian, Interstellar), eppure sia a livello cinematografico sia a livello umanista, sa regalare un risultato ancora migliore. 

Arrival sarà nelle sale a partire dal 19 gennaio 2017.

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