Hacksaw Ridge, la recensione: Andrew Garfield è l'angelo di Mel Gibson

Autore: Elisa Giudici ,

Quando si dice avere il volto giusto per un ruolo: tra Silence e La Battaglia di Hacksaw Ridge, Andrew Garfield è stato nel 2016 l'attore più vicino a tornare ad incarnare Cristo in croce, pur sotto mentite spoglie.

Saranno quegli occhi enormi e dolci, sarà la faccia da bravo ragazzo, ma ecco che l'attore è diventato il nuovo martire di Hollywood. Se uno dei grandi cineasti di Los Angeles ha per le mani un ruolo che richieda di esprimere profonda sofferenza fisica e psicologica e la vocazione al martirio di un santo (laico o religioso), finirà probabilmente per chiamare lui. Infatti nel solo 2016 lo ha voluto Martin Scorsese in Silence per interpretare un gesuita piegato da una serie infinita di torture psicologiche e fisiche ad opera dei giapponesi, poi lo ha ingaggiato anche Mel Gibson, che con questa epopea di guerra torna ad ingraziarsi il favore dell'Academy.

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La recensione di La Battaglia di Hacksaw Ridge
Andrew Garfield è il nuovo martire hollywoodiano

Chissà se Garfield riuscirà mai ad uscire da questo type casting che si è costruito addosso. Non sarà un'impresa facile, perché funziona in maniera perfetta. L'attore non somiglia fisicamente poi così tanto a quel Desmond Doss che salvò 75 soldati nella cruenta battaglia di Hacksaw Ridge (ad Okinawa, un'isola a sud del Giappone di strategica importanza) aggirando pattuglie di giapponesi alla ricerca di feriti statunitensi rimasti sul campo di battaglia. Doss fu il primo obiettore di coscienza a ricevere una medaglia al valore dall'esercito statunitense, dopo aver lottato strenuamente per esercitare il suo diritto di stare sul campo di battaglia senza imbracciare un fucile. Malvisto dai compagni e dai superiori per la sua decisione di non uccidere i nemici, ma salvare vite sul campo come medico, Doss seguirà la classica parabola di redenzione dei film patriottici tratti da una vera storia americana, conquistando una stima e un rispetto da parte dei commilitoni ai limiti del religioso.

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La recensione di La Battaglia di Hacksaw Ridge
Vi farete trascinare da Mel Gibson fino nell'inferno della Seconda guerra mondiale?

Se il film funziona (e lo fa davvero bene nel lungo segmento della presa di Hacksaw Ridge) lo si deve non solo al tocco tutto particolare di Mel Gibson, uno dei pochi capaci di essere cinematograficamente credibile anche con tesi e presupposti molto più che retorici. A reggere la credibilità di un film basato su una fede religiosa profondissima e difficile da gestire con convinzione su grande schermo è proprio Andrew Garfield, spalleggiato dalle solide performance di Vince Vaughn, Sam Worthington e Hugo Weaving. Se questo lungometraggio bellico si risolve per il verso giusto lo si deve molto alla credibilità del suo protagonista, uno che ha la faccia giusta per poter essere l'eroe a cui gli altri finiscono per guardare con riverenza.

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Se quindi il valore cinematografico del film è quasi fuori discussione (così come riconosciuto dall'Academy) bisogna comunque mettere sul piatto della bilancia parecchi fattori prima se decidere di vedere o meno il film nelle sale. Se infatti la resa della notte infernale passata oltre le linee nemiche dal medico eroe è capace di generare grande trasporto e commozione nello spettatore, non si può dire lo stesso del lungo, interminabile spezzone introduttivo che posiziona tutte le pedine prima di arrivare sul campo di battaglia e del finale dai toni più che celebrativi. 

La Battaglia di Hacksaw Ridge è nelle sale dal 3 febbraio 2017. 

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