Alien: Covenant, la recensione spoiler free: dallo spazio senza orrore

Autore: Elisa Giudici ,

Alien ha davvero le caratteristiche necessarie per diventare un franchise che sforni un nuovo capitolo cinematografico ogni anno o due? La domanda sorge spontanea dopo aver visto Covenant che, pur avendo dalla sua parte un paio di idee sorprendenti e un personaggio robotico sempre più intrigante, annega in un mare di banalità e imbarazzo.

Di certo ad Alien non manca la qualità: i primi 2 film della saga, diretti da Ridley Scott e James Cameron, seppur molto diversi hanno lasciato un’impatto enorme sulla cultura cinematografica passata e presente, creando la fanbase a cui puntano ancor oggi gli studios con iniziative quali l’Alien Day. Il punto di forza di quei film, oltre ai loro carismatici registi, era il fatto di essere appunto “alieni”, del tutto inaspettati e per certi versi rivoluzionari per la cinematografia dell’epoca, capaci davvero di prendere il pubblico alla sprovvista e suscitare autentico terrore.

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Se questa è stata la chiave del successo di questa saga tra l’horror e il fantascientifico, tentare di intrappolarla nella logica cadenzata e istituzionale di una serie prigioniera della propria continuity non può che indebolire l’assunto centrale dell’intero franchise, ovvero quell’alieno perfetta macchina di morte immortale e indistruttibile, almeno finché non trovi la donna sbagliata sulla sua strada.

Alien: Covenant non è un film che possa strappare la sufficienza, ma ha parecchie attenuanti dalla sua parte. D’altronde se persino Prometheus, predecessore e prequel della saga, pur potendo fare letteralmente qualunque cosa, risultò pasticciato e poco sviluppato, si può davvero rimproverare a questo film qualche passaggio a vuoto o buco di trama? Covenant infatti è dovuto andare alla ricerca disperata di sceneggiatori, perché dopo l’addio di Damon Lindelof nessuno voleva prendere in mano il guazzabuglio che aveva lasciato dietro di sé. Ci ha pensato l’eterno John Logan (che già aveva sistemato il pasticcio post leak Sony di Skyfall) in coppia con D.W. Harper a compiere una missione quasi impossibile, ovvero dare un senso a David l’androide, all’operato degli ingegneri e alle origini di Alien.

Certo non tutto fila liscio e parecchi punti oscuri rimangono tali, però il film riesce a trovare una sua idea forte per dare un senso a tutto il resto e cogliere di sorpresa lo spettatore. Un’idea fantastica, che rende emozionante il ritorno su schermo di Alien e inserisce in maniera sistematica David all’intero della mitologia cinematografica.

Il problema e la condanna senza appello di Covenant è che non fa davvero nient’altro, riproponendo situazioni e personaggi dei capitoli precedenti. Così ci ritroviamo ancora una volta su una nave che capta un segnale misterioso e ancora una volta l’equipaggio fronteggerà luoghi ostili e pericolosi, solo che i ruoli ricalcano quelli del passato, disinnescando qualsivoglia effetto sorpresa. Questa ciurma poi è memorabile solo in senso negativo; un’accozzaglia di personaggi appena abbozzati, che si distingue solo per una idiozia tale nel proprio agire che, con un cambiamento del tutto inaspettato, il pubblico si ritrova quasi a tifare per l’alieno, affinché li stermini tutti senza pietà. Gli unici alle prese con un personaggio vero e proprio sono Katherine Waterston, comunque poco valorizzata da un personaggio ricalcato sulle precedenti eroine della saga, e Michael Fassbender, vero polo carismatico del film ma anche attore capace di mettere una pezza nei passaggi più imbarazzanti della storia, che mimano una profondità filosofica ed esistenziale che questo film proprio non può vantare.

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Cosa resta di Covenant quindi? Il lavoro dietro le quinte per riportare un po’ di coerenza dopo lo scompiglio causato da Lindelof e un personaggio carismatico e accattivante, grazie all’ottima performance di Fassbender. Di brividi e terrori dallo spazio, purtroppo, nemmeno l’ombra.

Alien: Covenant sarà nei cinema a partire dal 11 maggio 2017.

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