Perché Black Mirror si chiama così? Ecco il vero motivo

Autore: Alice Grisa ,

In Black Mirror sono fioccate paranoie, riflessi, alter ego, nevrosi, psicosi e morbosità legate al mondo della tecnologia e alle sue possibili malsane degenerazioni. La serie ha raccontato universi immaginifici e artificiali, mondi dominati dal rating delle stellette, videogiochi troppo immersivi e sistemi di controllo a loro volta fuori controllo.

Ma il titolo Black Mirror apparentemente non è connesso alla trama di nessuno degli episodi: da dove deriva?

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I fan si sono lanciati in teorie e in esegesi che hanno cercato di ricollegare quello “specchio nero” alla fluttuante sensazione esistenziale di disagio e perdita dell’autoconsapevolezza nella modernità liquida. C’è chi ha associato quel Black Mirror a un passo preciso della Bibbia e chi ne ha cercato i legami filosofici (in particolare, su Twitter sono fiorite interpretazioni fantasiose, esoteriche e oscure) ma la spiegazione – in realtà – è più semplice di quanto si pensi.

Charlie Brooker, il creatore di Black Mirror, apparentemente sembrerebbe l’ultima persona che potrebbe svelare perché ha chiamato Black Mirror Black Mirror. E invece è stato proprio lui a spiegare il titolo, durante un’intervista con l’emittente Channel 4 rilasciata nel 2014.

Black Mirror, lo “specchio nero”, indica la oscura superficie riflettente in cui si trasformano i display dei nostri dispositivi high-tech quando li spegniamo. Chi non si è mai inconsciamente specchiato nello schermo di un iPhone? Quello specchio luminoso, pronto a captare lampi di luce e sprazzi di quotidianità da instagrammare, quando è spento appare proprio come uno “specchio nero”.

In altre parole, il titolo della serie di Charlie Brooker nasce da una similitudine che esprime tutta la complessità e il lato oscuro della tecnologia di oggi.

C’è qualcosa di glaciale e orribile in questo, ed è un titolo appropriatissimo per la serie. Come avremmo potuto chiamarlo altrimenti? Spooky Technology Time [il momento della tecnologia inquietante, n.d.r.]? Sarebbe stato uno schifo.

Quel riflesso oscuro ha catturato la fantasia di Charlie Brooker, che ha deciso di partire proprio da uno schermo nero per raccontare una modernità dominata dalle immagini simulate e dalle interazioni indirette.

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Mi piace molto che le persone guardino [Black Mirror] sulle loro TV o sui loro laptop, sui loro smartphone o altro. E poi, mentre i titoli di coda iniziano a scorrere e lo schermo diventa nero, vedano sé stesse riflesse.

Che ne pensate? Il titolo vi pare appropriato per la serie e le tematiche che affronta?

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