The Predator: la recensione del film di Shane Black

Autore: Emanuele Zambon ,

Una delle prime vittime del cacciatore alieno nel lontano '87 - il ricognitore Hawkins - è tornato miracolosamente in vita in una nuova veste, quella di regista di The Predator, nuovo capitolo della saga sulla razza extra-terrestre. "Shane is b(l)ack!", verrebbe da dire, se non fosse che lo sceneggiatore del cult anni '80 Arma Letale ha piegato una pietra miliare dell'action alle proprie esigenze (e non viceversa), realizzando un sequel che sembra più un suo personalissimo guilty pleasure che non un riavvio del franchise.

Il nuovo Predator è un ponte sul passato, tirato su con l'intenzione di promuovere un revival del cinema muscolare anni '80, quello appunto di Arnold Schwarzenegger. Ricordate il suo maggiore Dutch Schaefer? Un duro dai muscoli possenti e dalla mascella volitiva, disperso assieme ad un drappello di mercenari assoldati dalla CIA nella giungla dell'America centrale. Caricatori esauriti, urla strazianti, proiettili vomitati senza soluzione di continuità: colpa di un alieno killer (quasi) invisibile in grado di massacrare il team di soldati.

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Cameratismo, avventura e un certo gusto per il ritmo vorticoso e per il top secret ritorna come d'incanto anche nel film di Shane Black, assai più metropolitano dell'originale a firma McTiernan (in questo somiglia più al sequel del '90). Se da un lato The Predator diverte, dall'altro finisce per somigliare ad una copia sbiadita del primo film, mancando proprio in quello che nelle premesse avrebbe potuto (e dovuto) essere il suo punto di forza, assicurato dalla presenza di Fred Dekker e dello stesso Black in fase di scrittura: la caratterizzazione dei personaggi e gli snodi narrativi.

Predator, Black humor

Non basta la nostalgia di Dekker per la sua "scuola di mostri" - e neppure i richiami più o meno sfacciati all'A-Team - per fare di The Predator un film dall'ottima riuscita. La pellicola parte decisa, in notturna, nel mezzo di un'inospitale giungla, presentando il protagonista, il tiratore scelto Quinn McKenna (lo interpreta Boyd Holbrook), testimone involontario dell'arrivo del Predator sulla Terra.

Senza entrare troppo nel dettaglio (rischieremmo di svelare alcuni interessanti passaggi), si scopre presto che un'organizzazione para-governativa denominata progetto Stargazer è a conoscenza delle visite sempre più frequenti degli invasori, a loro volta - abbiamo modo di appurare nel corso dei minuti - "prede" designate di una razza ancora più evoluta di Yautja.

Tentativi di insabbiamento, scoperte sensazionali e piani a dir poco inverosimili (sappiate solo che di mezzo c'è sempre - come in Venom - la futura sopravvivenza dell'umanità), McKenna dovrà difendersi dagli attacchi del "predatore atipico" (uccide per sport e non per necessità, fa notare la biologa Olivia Munn), salvando suo figlio e la Terra tutta.

Mad Team

20th Century Fox
Il gruppo di svitati soldati in una scena del film

Il problema di The Predator, come accennato all'inizio, sta nella mancanza di una caratterizzazione dei personaggi degna di nota: è come se, in quella che può sembrare una sorta di rilettura del mito di Penelope e di Ulisse, Black avesse giorno per giorno stracciato parte dello script (il che, almeno, spiegherebbe la travagliata produzione del film), dando vita ad un incompiuto. Non c'è tempo nel film per soffermarsi sulle motivazioni che spingono umani e alieni ad agire; manca completamente un background narrativo che offra allo spettatore una chiave di lettura plausibile alla pur interessante lotta tra razze Yautja (davvero sarebbe stato interessante approfondire, potenzialmente uno dei punti di forza del film). Black, se per certi versi condensa i dissidi tra predatori alieni in una manciata di battute/scene, riesce comunque a fornire una spiegazione circa le frequenti visite degli alieni.

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Il nuovo Predator, però, è costruito su un unico, frenetico blocco, in cui il manipolo di svitati soldati - altra ottima trovata degli sceneggiatori, funziona anche se non è particolarmente originale - sembra avanzare di checkpoint in checkpoint come in un videogame. Spicca, tra tutti, Trevante Rhodes, che con i suoi sottintesi confeziona un personaggio che non avrebbe affatto sfigurato nell'originale con Schwarzenegger. 

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Ciò che The Predator paga sul serio è il confronto inevitabile con la pellicola del 1987. Un match impari, nonostante il "requel" di Black tenda a smarcarsi il più possibile dal primo film, per l'evidente impossibilità di replicarne la visione d'insieme: Il film di McTiernan, forte all'epoca di una stagione cinematografica propizia, conquistò migliaia di fan grazie ad alcune soluzioni stilistiche singolari (vedi la vista termica del cacciatore Yautja che riesce a catturare ll'intero spettro infrarosso) e ad una geniale intuizione del regista consistente nel limitare la presenza del Predator nella prima metà del film, in modo da far lievitare la suspense fino al climax finale. Un'insostenibile attesa dell'inevitabile per spettatori e protagonisti che nel nuovo capitolo della saga non viene mai raggiunta, complice un finale assai confusionario e deludente. 

Preso singolarmente, il film di Black (che attinge ancora una volta al suo cinema fatto di amicizie virili e legami tra piccoli e grandi) è anche godibile: un pop-corn movie che omaggia il passato del franchise - ma pure il "rivale" Alien e Independence Day, vedi la sequenza in cui la biologa Bracket viene condotta nel laboratorio dove studiano uno dei letali cacciatori - ma che paga un titolo ingombrante che pretende, senza ottenerla, almeno una parvenza da horror sci-fi. 

Commento

cpop.it

55

Scanzonato, con un notevole ritmo, The Predator si perde lì dove avrebbe potuto sorprendere: la caratterizzazione dei personaggi e la robusta consistenza della storia narrata. Un Black minore.

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