Quello che non so di lei, la recensione: Roman Polanski ed Eva Green non seducono

Autore: Elisa Giudici ,

Il primo ad essere deluso da questo adattamento del romanzo best seller Da una storia vera di Delphine de Vigan è Olivier Assayas, che ha scritto per Roman Polanski la sceneggiatura del film. La fonte è diretta: fu proprio il regista di Personal Shopper e Sils Maria a spendere parole di delusione e lieve critica per il risultato finale del progetto di Polanski al Festival di Locarno.

In quell’occasione apprezzai molto la schiettezza di un cineasta raffinatissimo e che pure rifuggiva l’etichetta di cinefilo, ma non condivisi i suoi giudizi cinematografici spesso intransigenti. Purtroppo mi trovo completamente d’accordo con lui su Quello che non so di lei, un film con a disposizione una squadra incredibile e un’ottima fonte letteraria, eppure incapace di sfruttare al meglio le sue enormi potenzialità.

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Eva Green è Leila
Eva Green torna a vestire i panni della pericolosa seduttrice per Roman Polanski

Quello che non so di lei: giochi di specchi e di seduzione

C’è tantissimo Polanski del passato nei presupposti stessi della storia: si parla di una scrittrice (Emmanuelle Seigner) alle prese con un romanzo dal successo così strepitoso da generare in lei qualcosa di simile all’esaurimento nervoso, oltre che a un totale blocco dello scrittore. Dalle file degli assillanti ammiratori emerge una vedova bellissima e misteriosa (Eva Green), anch’essa scrittrice, pronta a diventare il via via più indispensabile punto d’appoggio professionale e di conforto umano della protagonista. Elle sembra un’angelo venuto dal cielo per trarre d’impiccio Delphine, eppure tra manie d’emulazione e crescenti pressioni affinché scriva “il suo romanzo segreto” il film vira improvvisamente nel territorio del thriller.

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Misery, L’uomo nell’ombra, Rosemary’s Baby: i rimandi ai temi e alle atmosfere cariche a Polanski sono tantissimi, eppure è tutta farina del sacco di Delphine de Vigan, il cui romanzo è stato segnalato al regista proprio dalla moglie e protagonista Emmanuelle Seigner. Dall’acquisizione dei diritti all’approdo a Cannes sono passati solo dodici mesi: giusto il tempo di confrontarsi via Skype con Assayas per redigere la sceneggiatura, girare per tre mesi con le due protagoniste, montare il risultato e presentarsi in Croisette.

Mondadori
La copertina italiana di Da una storia vera
Il romanzo da cui è tratto il film è edito in Italia da Mondadori

Purtroppo la fretta con cui il progetto è stato assemblato traspare tutta nel risultato finale. Polanski è un regista capace di ritirarsi in interni ristrettissimi senza chiudersi in un angolo (vedi Carnage), creando ambienti di grande atmosfera. Tanto la casa di L’uomo nell’ombra era iconica nella sua spietata freddezza, tanto l’appartamento di Delphine qui è anonimo e senza personalità. Solo quando si arriva nella magione in campagna si respira un po’ del Polanski regista di thriller dal gusto perfetto, ma è decisamente troppo tardi.

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Impacciato e ridicolo nel suo tentativo di essere verosimile (quanto è pretestuoso e imbarazzante lo snocciolare di nomi di scrittori famosi con cui il marito di Delphine parla della sua professione?), attento più al product placement di questo e quel marchio di lusso francese che agli indizi del gioco di specchi che sta costruendo, Quello che non so di lei non funziona mai davvero e non fa brillare nessuno dei grandi nomi coinvolti.

Quello che non so di lei: quando manca la scintilla

A sorpresa non brillano nemmeno le due interpreti protagoniste. Un certa chimica tra Eva Green e Emmanuelle Seigner c’è, ma sono davvero troppo diverse per età e atteggiamenti per far funzionare il gioco di scambi e ricorsi del film. Forse due volti meno noti e riconoscibili avrebbero funzionato meglio per l’inganno su cui poggia il film.

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Emmanuelle Seigner e Eva Green in una scena del film
Emmanuelle Seigner e Eva Green: la chimica c'è ma il film non funziona

La debolezza più grande del film deriva però dal processo stesso di adattamento. Oliver Assayas ha modificato parecchio del libro originale, tagliando soprattutto le parti esplicative, tanto che per lo spettatore non lettore risulta impossibile indovinare con precisione cosa sia successo. Un film tanto nebuloso e pieno d’interrogativi rientra appieno nel suo stile e nella sua produzione recente, ma mal si adatta a un regista molto più concreto e razionale come Polanski. Il risultato non è un film di sensazioni o mistero, bensì un lungometraggio poco chiaro, senza risposte, persino confuso.

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Quello che non so di lei non è insomma il Roman Polanski che ci saremmo aspettati. Nel suo esilio forzato europeo il grande regista ha saputo spesso regalare grandi film o memorabili prove attoriali, coadiuvate dalla sua maestria: non è davvero questo il caso. Quello che non so di lei è decisamente un suo titolo minore. 

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Commento

cpop.it

50

Quel che non so di lei vorrebbe essere un thriller misterioso e sottile, ma nessuno dei grandi nomi coinvolti esprime il suo potenziale, perciò risulta confuso e poco ispirato. Trascurabile.

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