Legion: la forma crea la sostanza

Autore: Vincenzo Recupero ,

Noah Hawley è un tipo sorprendente, non lo scopriamo certo adesso. Il suo talento è deflagrato sotto gli occhi increduli degli spettatori con Fargo, una serie antologica che, partendo dalle atmosfere del film dei fratelli Coen, ne aveva mantenuto i toni grotteschi e noir amplificandone le potenzialità grazie alla decompressione narrativa offerta da un media come la TV. Il risultato sono state tre stagioni estremamente soddisfacenti.

La successiva sfida di Hawley è stata #Legion. Si trattava di prendere un personaggio dei fumetti Marvel, uno di quelli più particolari - con problemi di personalità multiple, un passato tribolato, poteri che lo rendono potenzialmente onnipotente ed un talento per incasinare la timeline - e creargli attorno una serie TV. 

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Lo showrunner di Legion Noah Hawley con il cast della serie
Noah Hawley insieme al cast di Legion

La serie che Hawley ha modellato partendo dagli spunti offerti da David Haller, il mutante di classe omega anche noto come Legione, non è assimilabile a nessun altro show sui supereroi e, più in generale, a nessun altra serie televisiva attualmente in programmazione.

#Legion è il racconto di un viaggio nella mente di David prima e nello spazio-tempo poi, in cui la forma assume più importanza della sostanza, senza però incorrere nell'errore di diventare un mero esercizio di stile. Il linguaggio audiovisivo della serie, in cui si amalgamano una fotografia magnifica, regie ispiratissime e musiche ipnotiche, assume un'importanza fondamentale. Ancor più dei plot twist o delle scene d'azione, la bellezza di #Legion sta infatti nel seguire David nell'allucinante pellegrinaggio dentro se stesso, un'avventura che può sembrare irrazionale ma che invece ha una logica studiata nei minimi dettagli.

Nessun'altra serie TV, ad eccezione di una pietra miliare come Twin Peaks, aveva spinto così tanto sulla sperimentazione visiva per straniare lo spettatore, rapirlo e trasportarlo nelle pieghe del racconto. Un nuovo concetto di storytelling per il piccolo schermo, fatto per appagare prima di tutto il senso estetico di chi guarda, in cui la messa in scena arriva a sopraffare i canoni della narrativa televisiva. D'altronde, perché porsi limiti in un prodotto di fantasia il cui protagonista è un personaggio dei fumetti un po' squilibrato e pressoché onnipotente?

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Grazie a questa filosofia, Hawley si è preso la libertà di stravolgere gli elementi che caratterizzano solitamente un serial supereroistico rivisitandoli in chiave psichedelico-onirica con un'estetica molto stilosa. 
Perché impegnare i due antagonisti in una classica scazzottata quando possono esibirsi in un incontro di lotta greco romana che si conclude con uno dei due che si trasforma in un samurai e l'altro in un carro armato?
Perché schivare dei proiettili quando con un Bolero se ne può rallentare la corsa come avrebbe fatto Neo in Matrix?
Perché scrivere dialoghi pieni di luoghi comuni e pompose frasi fatte quando puoi far scontrare i personaggi su una pista da ballo?

E, a proposito di psichedelia, non è un caso che l'interesse amoroso di David si chiami Sidney, detta Syd, Barrett, come il fondatore e leader dei Pink Floyd che, a causa dei suoi ben noti problemi mentali, dovette abbandonare la band dopo tre soli anni. Il legame della serie con la filosofia del progressive rock, e con i Pink Floyd in particolare, è molto più stretto di quanto non si possa pensare. In un'intervista a Vanity Fair, Hawley ha definito The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd "il paesaggio sonoro della malattia mentale" e non è un caso che ne abbia utilizzato due tracce, Breathe e la strumentale On The Run, per accompagnare David nel viaggio all'interno dei suoi ricordi nell'episodio 1x08. 

 

Anche gli "spiegoni", le immancabili digressioni che spezzano la narrazione delle serie, in #Legion sono stati straordinariamente reinventati: è il caso dell'autoanalisi alla lavagna dell'episodio 1x06 che svela le origini di David ed i dettagli del suo primo contatto con Amahl Farouk, il Re delle Ombre. Senza dimenticare le sequenze didattico-educative introdotte nelle stagione 2, con il voice-over della star di Mad Men Jon Hamm, in cui vengono analizzate le tematiche alla base della serie ('cos'è un'idea?', 'cos'è la realtà?'). 

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Certo, Legion è una serie visivamente "aggressiva" e con uno sviluppo decisamente non convenzionale, realizzata con l'ambizione di non porre limiti allo storytelling. Chi predilige un tipo di narrazione più canonica probabilmente non la apprezzerà, ma chi si avvicina ad un prodotto come questo lo fa per intraprendere un viaggio, per godere di televisione tecnicamente di altissimo livello e di un immaginario visivo evocativo, caotico ma estremamente accurato. Per tutti questi motivi, per questa continua sperimentazione visuale, Legion è la serie su licenza Marvel che più delle altre rende onore al medium da cui proviene: il fumetto.

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