Regole d'onore, la trama e la storia vera dietro al film con Tommy Lee Jones

Autore: Silvia Artana ,

Per tutti, William Friedkin è il regista de L'Esorcista. Ma il filmmaker vanta un consistente curriculum di pellicole e nel 2000 ha affrontato anche lo scottante tema della politica USA in Medio Oriente in Regole d'onore (in originale, Rules of engagement, ovvero "regole di ingaggio").

Tuttavia, la sua rappresentazione del mondo arabo è stata duramente criticata. Come riporta The Guardian in un articolo dell'epoca, il critico del Boston Globe, Paul Clinton, ha definito la pellicola "nel peggiore dei casi, apertamente razzista" e Hussein Ibish, portavoce dell'American-Arab Anti-Discrimination Committee, ha usato parole ancora più dure:

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Probabilmente, il film più razzista nei confronti degli Arabi realizzato a Hollywood.

Neppure la presenza di due star del calibro di Tommy Lee Jones e Samuel L. Jackson ha risollevato le sorti della pellicola, che ha chiuso il suo passaggio in sala con un incasso globale di 71 milioni di dollari (a fronte di un budget di 61) e un mesto 36% di critiche positive su Rotten Tomatoes.

La trama di Regole d'onore

1968, Vietnam. Durante un'azione di guerra, il tenente Terry L. Childers (Samuel L. Jackson) uccide a sangue freddo un soldato per convincere il suo superiore a richiamare i propri uomini, salvando la vita al tenente Hayes "Hodge" Hodges (Tommy Lee Jones).

1996, USA. Laureatosi in giurisprudenza e passato dietro alla scrivania, in seguito alle ferite subite in combattimento, il colonnello Hodges celebra il prossimo congedo dall'esercito con una festa di prepensionamento il cui ospite d'onore è il vecchio compagno d'armi e amico, il colonnello Childers.

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Nel futuro del primo c'è una vita divisa tra l'insegnamento e la pesca, mentre il secondo si appresta a imbarcarsi come ufficiale di comando su una nave da guerra. 

Durante la navigazione nei pressi dello Yemen, il colonnello Childers riceve l'ordine di recarsi a Sana'a per fare evacuare l'ambasciatore Mourain (Ben Kingsley) e la sua famiglia. L'uomo, la moglie e il figlio sono barricati dentro l'ambasciata, dopo che una manifestazione autorizzata si è trasformata in un assedio e sono stati esplosi alcuni colpi di fucile dai tetti delle case vicine.

Childers e i suoi uomini mettono in salvo Mourain e i suoi familiari, ma nell'operazione 3 marine rimangono uccisi e il colonnello ordina di aprire il fuoco sulla folla, causando la morte di oltre 80 manifestanti, tra cui donne e bambini.

L'episodio diventa un caso internazionale e i vertici dell'esercito decidono di sottoporre Childers alla Corte Marziale. Il consigliere per la sicurezza nazionale USA, Bill Sokal (Bruce Greenwood), ingaggia lo spregiudicato maggiore Mark Biggs (Guy Pearce) per guidare l'accusa e distrugge una cassetta VHS con un filmato dell'accaduto, che potrebbe scagionare il colonnello.

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Da parte sua, Childers chiede al vecchio amico Hodges di difenderlo e, dopo alcune reticenze, quest'ultimo accetta.

Durante il dibattimento, il vice del colonnello dichiara che il suo superiore gli ha ordinato di sparare sulla folla inerme e l'ambasciatore rende falsa testimonianza sotto ricatto di Sokal, dipingendo Childers come un invasato.

Per provare la colpevolezza del colonnello e scaricare il governo USA di ogni responsabilità, il maggiore Biggs fa ascoltare ai giurati una registrazione in cui si sente Childers dire di sparare sui manifestanti, che chiama "figli di p******". Inoltre, chiama a testimoniare anche l'ufficiale vietnamita il cui sottoposto è stato giustiziato a sangue freddo dal colonnello. L'uomo racconta l'episodio di 30 anni prima ma, dietro insistenze di Hodges, ammette che lui avrebbe fatto lo stesso per salvare i propri uomini.

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Show hidden content Dopo questa testimonianza, la giuria si ritira per deliberare e, alla fine, Childers viene ritenuto non colpevole per l'accusa di avere ucciso oltre 80 civili. Invece, Sokal viene condannato per avere distrutto delle prove e l'ambasciatore Mourain è radiato dal corpo diplomatico per avere testimoniato il falso.

La storia vera dietro al film Regole d'onore

Il film Regole d'onore non è basato su un episodio realmente accaduto, ma è ispirato alla (lunga) esperienza del pluridecorato reduce del Vietnam James Webb, sottotenente dei Marine e poi segretario dell'US Navy e senatore del partito democratico, oltre che giornalista.

Ferito in battaglia, Webb ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso il Georgetown University Law Center (come il colonnello Hayes "Hodge" Hodges) e ha scritto numerosi romanzi e saggi sulla guerra e il mondo militare. 

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Nel 2000, ha sviluppato la sceneggiatura di Regole d'onore con il produttore Scott Rudin. Tuttavia, dopo l'arrivo di William Friedkin, il suo lavoro ha subito considerevoli rimaneggiamenti.

La collaborazione tra Webb e il regista è stata travagliata e Rudin ha passato il progetto al collega Richard Zanuck, che ha assunto Stephen Gaghan (Oscar nel 2001 per Syriana) per rivedere il materiale originale.

Secondo voci di corridoio, l'ex marine e senatore avrebbe "odiato" il lavoro del suo successore. Tuttavia, nel libro The Friedkin Connection: A Memoir, Friedkin sostiene che Webb lo avrebbe chiamato dopo avere visto il film per dirgli che gli era piaciuto molto.

Paramount Pictures
Il poster di Regole d'onore
Il poster originale di Regole d'onore

Al netto di rumor e supposizioni, quello che è certo è che Regole d'onore non ha convinto la critica e ha sollevato una montagna di polemiche.

La strage di civili da parte del colonnello Terry L. Childers viene giustificata con una scena ambigua, che mostra cosa ha visto (o avrebbe visto) l'ufficiale per ordinare ai suoi uomini di aprire il fuoco: una folla inferocita, dove anche i bambini erano armati e sparavano.

Ma il comportamento di Childers non viene stigmatizzato neppure prima. C'è sempre una volontà di giustificare l'operato del colonnello, che trova una robust(issim)a sponda nella cassetta VHS distrutta dall'infido Bill Sokal, che potrebbe (forse) scagionare Childers.

In ultima istanza, il valoroso, pluridecorato ufficiale è ritratto come la vittima di un sistema che, incapace di gestire una situazione complessa, cerca una facile soluzione in un capro espiatorio. Con buona pace di quello che sono o possono essere le sue colpe e di decine di morti. 

Una rappresentazione che il critico di The Guardian, Peter Bradshaw, ha stroncato senza mezzi termini:

Questa assurda, bellicosa e reazionaria sciocchezza viene tratteggiata in modo svogliato e grottescamente disonesto e gronda di una spaventosa tensione islamofobica.

Da parte sua, in un'intervista a BBC, William Friedkin ha respinto con fermezza le accuse di razzismo, affermando che il film "non è anti-Arabo, non è anti-Musulmano, e non è certamente anti-Yemen" e portando come prova il fatto che la sceneggiatura è stata approvata dell'allora Re del Marocco, che ha chiesto di leggerla prima di concedere l'autorizzazione a girare in territorio marocchino.

Il regista ha ribadito che la pellicola "è anti-terrorismo", ma la critica è rimasta sulle proprie posizioni e Regole d'onore ha conquistato la nomea di film controverso.

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