Vox Lux, la recensione: il ritratto del Secolo brutto in cui morì il pop e risorse il terrorismo

Autore: Elisa Giudici ,

È stato il film più fischiato di quest'edizione in sala stampa, ma Vox Lux è tutt'altro che la pellicola peggiore vista in concorso. Di certo ha tradito le grandi aspettative della vigilia: in tanti puntavano sul film di Brady Corbet come dark horse, il "cavallo nero" capace di scompigliare la corsa tra favori al Leone d'Oro. Una corsa che quest'anno è già vertiginosa e lascia poco spazio agli errori. 

E di errori il regista de L'infanzia di un leader ne fa e parecchi, gestendo a stento una seconda parte di film, capace di vanificare in parte la potenza della prima. O almeno così si mormora e grida nelle recensioni. A parere di chi scrive la verità è un'altra: Corbet è il primo a inquadrare con precisione quasi profetica la caduta del limite a ciò che si dice e ciò che si fa sull'agone pubblico. Corbet è il primo a portare al cinema l'attacco frontale al decoro e al politically correct in corso su grande schermo e a mostrarlo in tutta la sua annichilente bruttezza. 

La morte del pop, la nascita del terrorismo

Diviso tra morte e rinascita, anni '90 e nuovo Millennio, Vox Lux segue la parabola del successo di una cantante pop, ma siamo a distanze siderali dalla cornice classica che questo genere di storie presenta, vedi A star is born con Lady Gaga. La carriera di Celeste viene di fatto lanciata e accompagnata dallo svilupparsi del terrorismo in Occidente. 

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La sua prima hit nasce ad una veglia funebre per le vittime di una sparatoria a scuola, a cui lei è sopravvissuta per miracolo. Mentre gira il suo primo videoclip, crollano le Torri Gemelle. Mentre lancia il suo tour della rinascita, ormai 30enne, un gruppo di terroristi usa la maschera che indossava in quel video mentre sparano ad inermi bagnanti. È un salto ardito quello che fa Corbet, ma è efficace, soprattutto quando diventa chiaro che i due elementi non sono semplici marker storici, ma due nuclei narrativi la cui degenerazione viene accumunata per raccontare il nuovo secolo. 

C'è qualcosa di diabolico ma molto realistico in come Corbet ritrae l'involuzione del pop morente da una parte e l'evoluzione della violenza sempre più devastante e studiata con cui si semina il terrore dall'altra. Vox Lux fa davvero digrignare i denti quando mostra impietosamente la perdita dell'innocenza non tanto della protagonista, quanto del pop stesso. La musica d'evasione è costretta a inseguire, a diventare esplicita e volgare per attrarre l'attenzione, a sparare parole vuote sui gigaschermi ai concerti (concetti vaghi quali potere, amore, insieme, sesso, che fanno da sfondo a canzoni e balletti).

L'ascesa di Celeste, prototipica ragazza senza particolari talenti ma con quel "non so che" che buca lo schermo, ci mostra tutta l'ingenuità delle storie che amavamo sentirci raccontare negli anni '90. Indivisibile dalla sorella (in realtà più bella e talentuosa di lei), timorata di Dio, solo apparentemente giudiziosa, la giovane Celeste (interpretata da Raffey Cassidy) è l'incarnazione di tutto l'ingenuo, cauto ottimismo degli anni '90, inghiottito dalla crescente crudeltà del reale. 

Natalie Portman sopra le righe

Quando Celeste diventa grande ed entra in scena Natalie Portman, qualcosa si inceppa. A stupire è quanto la diva - nota per le sue ottime performance, come accaduto di recente in Annientamento - sbagli completamente a calibrare il personaggio. La sua Celeste - completamente scollata dal reale e dai suoi doveri di madre, che gestisce la vita e le conferenze stampa a colpi di scatti improvvisi e furiosi - è semplicemente esagerata. 

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Viene da chiedersi se la scelta originaria di cast con Rooney Mara non sarebbe stata una soluzione migliore, mentre al fianco della Portman brilla dimenticata una grande Jennifer Ehle. Jude Law invece è poco più di un'ombra, in un film che sbaglia clamorosamente ad affidarsi a un'attrice non in parte.

Sulla perdita di tenuta della regia il dibattito per chi vi scrive è aperto. È vero, la lunga clip tratta dal concerto di Celeste è tediosa nella sua bruttissima vacuità, ma non è forse questo il punto? Non sarà per caso che la seconda parte del film ci urta perché ritrae puntualmente il nostro presente?

In Vox Lux si riconosce chiaramente l'urlante vociare senza limiti morali o etici sui social e in TV di politici e star che utilizzano "la retorica" (se così si può chiamare un processo così grezzo fatto di insulti tutti in maiuscolo) di matrice trumpiana. Nel film la sua visione è cristallizzata e forse è per questo che suscita così tanta irritazione. Forse, per fortuna, a un così elevato grado di bruttezza vacua e volgare non siamo ancora assuefatti. 

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Commento

cpop.it

55

Corbet ha l'intuizione geniale di accostare terrorismo e musica pop per raccontare la bruttezza in cui siamo precipitati. Peccato che il film si areni nella seconda metà su una Portman eccessiva.

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