The Wife - Vivere nell'ombra, la recensione: Glenn Close splende in un film non alla sua altezza

Autore: Elisa Giudici ,

È davvero difficile immaginare un profilo attoriale più distante dallo stereotipo della moglie nell’ombra di quello di Glenn Close. Da Attrazione fatale a Le relazioni pericolose, passando per l’iconico ruolo di Crudelia De Mon e per la malvagità del suo personaggio in Damages, la sua carriera trabocca di donne crudeli, pericolosissime, più che antagoniste dell’eroe di turno.

Serve tutta la bravura di un’attrice del suo calibro (che vanta anche una vastissima ma poco nota esperienza teatrale) per cucirle addosso il ruolo della donna sempre un passo indietro rispetto al suo uomo, pronta a reggerne il cappotto, preparare i medicinali e fare sì che sia sempre impeccabile in pubblico e rilassato in privato. The Wife ha il grande merito di farci (ri)scoprire un’attrice che il pubblico conosce per la sua bravura - che in quattro decenni le ha fatto guadagnare sei candidature all’Oscar - ma non altrettanto per la sua versatilità.

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Videa
Glenn Close e Jonathan Pryce in una scena del film
Una moglie perfetta si ritrova a fare i conti con l'ingombrante successo letterario del marito in The Wife

Glenn Close smette i panni della cattiva in The Wife

Così la ritroviamo nei panni di una donna di mezza età sempre impeccabile e gioviale, sinceramente affezionata alla sua famiglia, zelante il giusto al fianco del suo sposo Joe (Jonathan Pryce), uno scrittore di fama globale. Quando si apre il film, i due stanno per mettersi a letto nella notte che precede l’annuncio del Premio Nobel. Joe Castleman, eterno favorito, vive con apprensione la possibile telefonata da Stoccolma, già irritato all'idea che ancora una volta non tocchi a lui. La moglie lo schernisce dolcemente, lo rassicura, si presta alle sue avance amorose. Qualche ora più tardi, nel cuore della notte, lo squillo del telefono perfora il sonno della coppia e cambia la loro vita.

È arrivato il momento di celebrare un’intera carriera e un sodalizio matrimoniale più saldo che mai; tanto che Joe chiede al delegato di Stoccarda di attendere, perché vuole che anche l’amata Joan possa ascoltare quella conversazione sull'altro telefono di casa. Il Nobel è arrivato, la famiglia è pronta ad accogliere il primo nipotino, il figlio della coppia ha scritto il suo primo racconto. Tutto sembra perfetto, di quella perfezione serena in cui può sperare solo una coppia anziana, economicamente agiata, sentimentalmente assestata. Joe è pronto per partire e insiste per avere al suo fianco Joan, a cui sembra davvero affezionato: vuole dividere con lei tutte le cerimonie e i meriti, omaggiarla come sua musa e sostegno irrinunciabile. 

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Videa
Karin Franz Körlof e Jonathan Pryce
Joe è tutt'altro che irreprensibile non solo come scrittore, ma anche come marito

Eppure basta partire in viaggio verso Stoccolma per compromettere l’equilibrio e per evidenziare la frattura originata da quel trillo del telefono. La vicinanza tra i due assume via via l'aspetto di un'interdipendenza patologica, in cui Joe per splendere ha bisogno di proiettare la sua ombra su Joan, mentre lei per sentirsi al sicuro deve nascondersi dietro la sua aura abbagliante. Il successo di Joe è del tutto dipendente dal supporto e dalla sua sollecitudine continua di Joan, in maniera più sinistra ed estrema di quanto suggerisca il ruolo della moglie nell'ombra. La celebrazione di Castleman romanziere e l’insistenza con cui un biografo (Christian Slater) cerca di carpire i segreti della coppia pian piano porta alla luce le fondamenta ambigue di questo matrimonio, facendo uscire dall’ombra una moglie che se ne è ammantata per occultare la sua grandezza.

Il lato oscuro del Premio Nobel

Da qualche anno a questa parte i cineasti sembrano affascinati dal lato oscuro del Premio Nobel, simbolo principe della “casta” degli scrittori con la s maiuscola. Björn Runge arriva un po’ tardi alla festa, preceduto (e ampiamente superato) da Il cittadino illustre di Mariano Cohn e Gastón Duprat. L’operazione di fondo è la stessa: tentare di catturare appieno lo spirito di una persona autentica nella sua genialità ma guastata dalla consapevolezza di esserlo, la cui dignità letteraria non uguaglia quella ben più modesta di essere umano.

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Glenn Close in una scena del film
Mai tentare di trascinare una donna fuori dall'ombra in cui ha deciso di rifugiarsi

Björn Runge si basa sul fortunato romanzo di Meg Wolitzer e inserisce la figura della moglie nell’ombra in questa riflessione sull'egocentrismo e la falsità dietro il mito dell'autore. Attraverso di essa tenta di stimare quanta parte del successo di una figura di questo tipo derivi dai sacrifici e dalla sopportazione (per non dire del talento) di chi sta attorno a lui.

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La scelta di Glenn Close costituisce poi una sorta di spoiler in un film che sbaglia completamente i tempi della propria narrazione. The Wife indugia troppo nel squarciare il velo finissimo posto su un colpo di scena che è tutt’altro che inaspettato, finendo per risultare lento e tedioso in un paio di passaggi. Per fortuna ha dalla sua una brillante Glenn Close, che salva tutto il salvabile e trascina il film nel territorio della sufficienza. Quando il film non riesce a cambiare marcia, l'attrice riesce a costruire con il suo personaggio un crescendo altrimenti inesistente. Tanto lei diventa via via più carismatica e irresistibile, tanto il film si fa anticlimatico, seguendo sempre il sentiero tracciato da altri, fino a naturale conclusione.

La condanna di The Wife - vivere nell'ombra è suscitare paragoni con film di gran lunga più riusciti: Il cittadino illustre in ambito letterario, 45 anni per quanto riguarda le zone grigie dell'amore in terza età.

The Wife arriverà nelle sale italiane il 4 ottobre 2018.

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Commento

cpop.it

60

Glenn Close torna ai suoi massimi in un film che ne evidenzia anche la grande versatilità: questo è l'unico merito di The Wife, che si lascia trascinare dalla sua grande protagonista, senza brillare.

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