Macchine mortali, la recensione: tanto rispetto per il pubblico, troppa deferenza al botteghino cinese

Autore: Elisa Giudici ,

Sembra ormai tramontata la tumultuosa e fertile stagione cinematografica degli young adult. Il bilancio sembra attestare un duo di giovani attrici definitivamente lanciate a Hollywood - Jennifer Lawrence e Shailene Woodley - e solo una manciata di titoli davvero degni di nota per risultati artistici e commerciali. Da ultimo, forse solo la saga di Hunger Games (che questa corsa all'adattamento filmico l'ha lanciata) è riuscita davvero a entrare nell'immaginario collettivo globale. Non bisogna confondere quindi la nuova creatura fantastica in arrivo nelle sale italiane per Natale come l'ultima scintilla di questo filone esauritosi così in fretta. 

Macchine Mortali è frutto di un adattamento che guarda a un romanzo d'inizio millennio, ancora etichettato come "per ragazzi", ma soprattutto a un modo d'intendere i giovani su grande schermo e in sala decisamente differente a quello sviluppatosi negli ultimi anni. Non a caso il nome che campeggia bello in grande sulla locandina non è quello del suo giovane regista esordiente Christian Rivers, bensì quello del suo protettore e nume tutelare del fantastico cinematografico da venti anni a questa parte: Peter Jackson, papà degli Hobbit e dell'Unico Anello al cinema. 

Macchine mortali: la trama del film

Questo film di enormi proporzioni produttive ma di sorprendente agilità narrativa sembra di fatto voler riassumere i due grandi esempi significativi di fantastico cinematografico degli ultimi vent'anni (Hunger Games da una parte, Il signore degli anelli dall'altra), evitando gli errori successivi in cui sono incappati i tanti epigoni di Katniss e Jackson stesso con la mediocre trilogia de Lo Hobbit. 

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Tratto dal primo romanzo di una saga di successo di Philip Reeve, Macchine Mortali sia apre con il più classico degli espedienti: la grande scena di battaglia che catapulta lo spettatore in medias res, lasciando che lo scontro alzi a dismisura il ritmo della pellicola e consenta senza troppo fatica al pubblico di capire da sé cosa stia succedendo. È davvero un ottimo avvio quello del film, che può contare su una visionarietà spettacolare, ottimamente realizzata dalla Weta Digital (altra costola dell'universo jacksoniano) ma mai esasperata. Certo quella a cui assistiamo è una versione "pompata" delle ambizioni ben più contenute del romanzo, ma non è steroidea. Si presenta come uno sviluppo funzionale alla trama, su cui non si indugia mai troppo. 

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La protagonista Hester Shaw
La protagonista Hester Shaw è un personaggio particolarmente accattivante

Quindi ci ritroviamo ad ammirare la città trazionista di Londra - enorme, imponente, i cui due grandi leoni affiancano la terrificante "bocca" dipinta con la Union Jack - apprendendo velocemente quel che ci serve ad ambientarci nell'ennesimo mondo distopico di questi anni. Una guerra durata poco più di un'ora ha distrutto gran parte delle città terrestri, sfruttando terrificanti armi quantistiche chiamate meduse. Inospitale e inquinata, l'Europa è percorsa da città trazioniste, versione su cingoli e molto steampunk degli agglomerati urbani di un tempo. Londra è una delle superpotenze: sempre più affamata di risorse, si è spinta sul vecchio continente a caccia di piccole città da catturare. L'ambizione segreta è quella di cibarsi delle ricchezze delle città staziali dell'Est, nascostesi dietro un impenetrabile muraglia che ha fermato per sempre i tanti nemici trazionisti che hanno osato affrontarla. 

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Di tutto questo però sembra essere quasi ignaro Tom (Robert Sheehan), un umile bibliotecario e storico amante degli artefatti dell'era delle old tech (la nostra). Qualche migliaio di anni più tardi infatti l'umanità si interroga sui misteriosi aggeggi elettronici a nostra disposizione, chiedendosi se non fossimo per caso divenuti analfabeti. Mentre rovista tra i resti dell'ennesima città catturata alla ricerca di tesori, Tom si ritrova per puro caso a fermare il pugnale di Hester Shaw (Hera Hilmar), una misteriosa ragazza sfregiata in volto e intenzionata ad uccidere Thaddeus Valentine (Hugo Weaving), benefattore della città alla ricerca di una fonte di energia pulita. 

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Hugo Weaving interpreta il villain Thaddeus Valentine
Hugo Weaving rimane un nome di riferimento per Jackson e soci anche in campo teen

Questo salvataggio quasi costerà a Tom la vita. Thaddeus infatti lo butterà fuori dalla città, nel mezzo dei pericoli del mondo esterno. Lì Tom e Hester dovranno allearsi per sopravvivere ai tanti predatori e scoprire cosa stia tramando Thaddeus per saziare la sua insopprimibile sete di potere. 

Macchine mortali: la recensione del film

A sorprendere in positivo di questo film è quanto Christian Rivers, esordiente sì ma da tempo a fianco di Jackson nel ruolo di secondo e aiuto regista, renda agile il solito viluppo di sotterfugi e segreti su cui si fonda Macchine Mortali. La trama si dimostra a tratti superficiale e prevedibile, ma si muove sempre con grande agilità tra i suoi snodi e, complice una serie mirabolante di scene d'azione davvero ben orchestrate, si assiste a un incremento del ritmo verticale, che lascia lo spettatore senza respiro, rapendone l'attenzione. 

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A rendere più intrigante il film ci pensa innanzitutto la protagonista Hester: una ragazza giovanissima ma già con un vissuto tumultuoso alle spalle, volitiva ma anche, come dire, un po' malevola e un po' traditrice. Degna erede di Katniss e Jennifer Lawrence, Hera Hilmar si potrebbe portare tranquillamente sulle spalle l'intero film, invece è continuamente azzoppata (anche letteralmente) dalla presenza dell'ingenuo e puro di cuore Tom, che alla pellicola invece non aggiunge proprio nulla. È un vero peccato che i realizzatori non abbiano scelto un taglio più radicale, togliendo del tutto la mediazione di Tom, lasciandoci soli con Hester a ricomporre il puzzle dal tentativo di assassinio di Thaddeus, fino a scoprire il ribaltamento dei soliti ruoli geopolitici e cinematografici. 

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Jihae è Anna Fang
Anna Fang è il classico esempio di personaggio asiatico

Qui arrivano però le note dolenti, anzi, la rovina del film. È davvero straziante constatare come sia ancora una volta il dio dollaro a garantire una vera rappresentanza diversificata tra i protagonisti, con particolare cura ai personaggi asiatici, molto più presenti e cool della media stereotipata dello smanettone super genio dell'informatica dai tratti orientali sullo sfondo. Il film però si lascia davvero prendere la mano, rendendo palese la smania di farsi bello agli occhi del golosissimo botteghino cinese.

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In un periodo di Brexit avere la capitale inglese come corazzata del Male che "mangia" le città europee poteva essere un punto di forza incredibile, una svolta dark inaspettata in un film che può farsi forza solo su un elementare messaggio geopolitico ed ecologico. Eppure Macchine Mortali butta quel (tanto) di buono fatto al vento inseguendo la parabola dolce al limite dello stomachevole dei cari amici cinesi (muro, muraglia, la metafora pende tutta sulla testa dello spettatore). Mentre il resto del mondo si scanna per le poche risorse rimaste, l'alter ego cinese vive in un paradiso incontaminato, rammaricandosi per la perdita di vite umane perse, tendendo la mano ai profughi. Letteralmente.  Un po' troppo da accettare, anche a fronte della milionaria tentazione del botteghino cinese.

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Tom, Anna e Hester in battaglia
Peccato davvero che Macchine Mortali insegua influenze estranee alla sua storia

Anche la paternità è un tema importante di Macchine Mortali e un altro amaro simbolo di come tutto venga buttato alle ortiche per inseguire influenze estranee alla storia. Il punto emotivo più forte del film, che parla del protettore di Hester, viene cancellato dal tentativo più che maldestro di ammiccare un po' a Star Wars, un po' a La Bussola d'Oro. È davvero un peccato che non si sia creduto fino in fondo alle risorse interne della storia di Hester, scopiazzando (male) da modelli già ampiamente abusati.

Macchine Mortali arriverà nelle sale italiane il 13 dicembre 2018.

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Commento

cpop.it

60

L'unione di un'epica narrativa e di una serietà produttiva da kolossal in un prodotto young adult è lodevole, il risultato visionario e dal ritmo serrante: peccato frani tutto nell'ultima mezz'ora.

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