Se la strada potesse parlare, la recensione: una storia d'amore (afro)americana

Autore: Elisa Giudici ,

Si è aperto uno spiraglio per parlare degli Stati Uniti degli afroamericani al cinema e un piccolo manipolo di registi e autori sono più che risoluti ad allargare questa breccia nel conformismo bianco di Hollywood, portando le loro storie a lungo taciute all'attenzione del pubblico internazionale. In attesa di scoprire le nomination agli Oscar 2019 sono quattro le pellicole "nere" con possibilità di fare bene durante la lunga stagione dei premi.

Cast tutto al femminile e sguardo spietato per Steve McQueen con Widows (forse il migliore del quartetto, anche se decisamente inferiore alle sue opere precedenti), il taglio ironico e poliziottesco di Spike Lee con BlacKkKlansman, approccio ben più mediato e pensato per un pubblico bianco in Green Book (già lanciatissimo ai Golden Globes) e un intenso connubio di amore e violenza per il ritorno di Barry Jenkins con Se la strada potesse parlare

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Tish in una scena di Se la strada potesse parlare
La dolcezza di Tish è messa alla prova nelle fasi più dure di Se la strada potesse parlare

Il regista di Moonlight, passato suo malgrado alla storia per la più clamorosa gaffe di sempre degli Academy Awards, porta su grande schermo l'omonimo romanzo di James Baldwin. Se la strada potesse parlare racconta di una delle tante storie che si consumano a Beale Street - strada afroamericana per antonomasia a New Orleans; un racconto paradigmatico per le altre strade afroamericane, per le altre storie nere (di pelle e d'odio) degli Stati Uniti. Intervenendo in profondità nel testo e ampliandolo, il regista afroamericano tenta la difficile mediazione tra un romanticismo quotidiano e delicato (ma mai fine a sé stesso) e un sistema giudiziario violentissimo nel suo pregiudizio e nella sua persecuzione contro i cittadini afroamericani. 

La trama del film

Tish e Fonny sono giovani, bellissimi e teneramente affezionati l'uno all'altra. Sono cresciuti insieme a Beale Street e senza che se ne rendessero conto il loro legame d'amicizia è lentamente sfumato in amore. Camminano mano nella mano, si guardano in un susseguirsi d'intesi primi piani. Un'innegabile tensione romantica permea l'aria. Poi un voice over della protagonista KiKi Layne interrompe bruscamente l'incipit di questa favola proletaria: 

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Non auguro a nessuno di guardare la persona che ama attraverso un vetro.

Abbiamo appena assistito all'addio tra lei e Fonny, prima che lui entri in carcere con l'accusa di aver stuprato una donna portoricana. Il caso però poggia su delle basi più che discutibili, in un evidente tentativo da parte della giustizia bianca di incastrare qualcuno - qualcuno dalla pelle nera - per questo crimine irrisolto. Tish e la sua famiglia sono pronti a lottare per liberare Fonny; anche contro parte della famiglia del ragazzo, che dietro tante belle parole antepone al suo bene un preoccupante fervore religioso, tra litigi e violenza domestica.

Se la strada potesse parlare ripercorre il presente carcerario e il passato recente dei due giovani amanti, raccontandoci come la loro innocenza e gioventù vengano progressivamente e precocemente strappate via da un sistema disegnato per metterli con le spalle al muro o dietro le sbarre. Il loro amore, tenero e innocente, è costretto ad evolvere, ma sembra poter resistere maturando ad ogni avversità. 

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La famiglia di Tish in una scena del film
Tra i famigliari dei due giovani si nascondono attori che danno grandi performance

Al fianco di Tish e Fonny, novelli e squattrinati Romeo e Giulietta, ci sono una vasta schiera di personaggi che sostengono la coppia. La madre e il padre di Tish sono un grande ritratto di affetto famigliare, di comprensione e sostegno; una coppia che tiene testa (pur in un contesto ben più drammatico) ai genitori di Elio in Chiamami col tuo nome. Anche il padre di Fonny, nonostante i dissidi familiari, è pronto a sporcarsi le mani per dare una chance al ragazzo. È evidente come Barry Jenkins ci suggerisca apertamente che l'amore ha sostenuto e sosterrà generazioni di abitanti di Beale Street, costrette a lottare contro il mondo che gli si può rivoltare contro all'improvviso, appena varcata la soglia di casa. 

Se la strada potesse parlare, la recensione

Richiede una certa durezza il mettersi a fare le pulci a un film come questo, un lungometraggio che mette l'amore al centro, racconta una storia paradigmatica in chiave propositiva. Ci si sente quasi induriti nel cuore, partecipi del violento privilegio bianco nel sottolineare quanto questa prova sia qualitativamente inferiore al precedente Moonlight. Tuttavia se umanamente non si può che essere partecipi delle vicende di Tish e Fonny, sotto l'aspetto cinefilo non si può che guardare con un pizzico di apprensione a questa recente evoluzione della "questione nera" nel cinema statunitense. 

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Se la strada potesse parlare infatti è l'ennesimo film che si smarrisce nella sua stessa foga di puntare il dito, di denunciare a voce alta i soprusi. Alle volte tutto s'incastra perfettamente e si ottiene una pellicola notevole come Moonlight, altre qualcosa s'inceppa. Questo è il caso di Se la strada potesse parlare, che riprende tutti quelli che stiamo imparando a riconosce come i feticci di questo regista: le palette cromatiche molto insistite, gli intensi primi piani dei protagonisti, un modo molto personale di seguire anche emotivamente i protagonisti con la cinepresa. Tutti questi elementi non riescono mai a incastrarsi alla perfezione e, soprattutto nelle fasi iniziali del film, danno un che di posticcio e artificioso al film. Non aiuta poi il continuo scollarsi dalla storia raccontata per fare la ramanzina al pubblico, per mostrare le foto degli afroamericani perseguitati dalla polizia, mettendo in pausa la storia d'amore, la storia portante del film.

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I protagonisti di Se la strada potesse parlare
I protagonisti di Se la strada potesse parlare non sono sempre all'altezza della sfida recitativa del film

Così come per il predecessore e forse ancor di più, Se la strada potesse parlare vive delle grandi performance dei comprimari, su tutti i genitori di Trish interpretati da Regina King e Colman Domingo. Peccato che i protagonisti, incredibilmente fotogenici e di una bellezza pura che buca lo schermo, fatichino e parecchio a sostenere i primi piani intensi richiesti da Jenkins. Nel cast risicato di caucasici e non afroamericani fanno poi capolino attori affermati come Dave Franco e Pedro Pascal, finendo per evidenziare ancor più impietosamente i limiti del duo di protagonisti. 

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In un passaggio del film la sorella di Tish, Ernestine, la rimprovera perché non deve mai chinare il capo e riassume un po' l'attitudine del film. La rabbia e l'orgoglio sono sacrosanti quando devi lottare con le unghie e con i denti fino a far sentire la tua voce. Se quando però riesci a parlare scegli di fare un discorso così polarizzante (da una parte l'irreprensibile versione afroamericana della sacra famiglia, dall'altra i viscidi bianchi succhiasangue) è un attimo farsi prendere la mano, indebolire anziché rafforzare la propria denuncia. 

Se la strada potesse parlare arriverà nei cinema a partire dal 24 gennaio 2019.

Commento

cpop.it

70

Con grande maestria e delicatezza Barry Jenkins racconta un amore afroamericano contro l'odio razziale, ma il film è sin troppo impostato, militante e spesso manca della giusta spontaneità.

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