Il primo re, la recensione: Matteo Rovere regala al cinema italiano un kolossal magistrale

Autore: Elisa Giudici ,

Lo dico subito e senza mezzi termini: Il primo re è un film magnifico, uno sforzo produttivo imponente che non cade nel vuoto, ma anzi genera una pellicola che se la gioca testa a testa con grandi produzioni hollywoodiane e autoriali del recente presente. Raramente al cinema si vedono film italiani così intrinsecamente contemporanei, ben realizzati ma soprattutto maturi nella scrittura. È davvero una gioia per gli occhi e un cibo per la mente il nuovo film di Matteo Rovere che, dopo il successo di Veloce come il vento, si conferma il nome italiano che sa prendere generi poco praticati da noi e infodervi dentro una complessità inaspettata. 

9 milioni di euro di budget (un'enormità per i nostri standard), 5 mesi di preparazione atletica per i protagonisti, un esercito di archeologi, semiologi, linguisti ed esperti dell'antichità preromanica sono i numeri di un kolossal che ripercorre e rielabora il mito fondativo della città caput mundi, con un'ambizione e un rigore che era davvero difficile immaginarsi da un progetto italiano. Il frutto di un approccio tanto certosino è un film dove l'azione sposa la riflessione, mai pesante nella narrazione e mai superficiale nei contenuti. 

Il primo re, la trama del film

Sono gli storici di epoca imperiale come Livio e Plutarco a narrarci la storia della fondazione di Roma, avvenuta secondo la tradizione nel 753 a. C. da parte del primo re, Romolo. Il mito narra che, dopo aver ucciso il fratello Remo, Romolo fonda la città destinata a sconfiggere Albalonga, riunire tutte le tribù del Lazio e, durante il regno dei sette re, espandere la propria influenza sull'intera penisola italiana. La ricostruzione di epoca imperiale però non è storica, bensì mitologica: Romolo si è già trasformato in una figura che incarna l'ortodossia religiosa e l'ordine sociale, i valori fondativi di Roma, ancorché il suo regno sia poggiato sul sangue del fratello barbaramente assassinato. 

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Una scena di Il primo re
Il primo re è un racconto mitologico sulle origini di Roma

Il primo re ha un approccio simile: nel suo essere storicamente rigorosa, la vicenda ha il sapore, la struttura e la terribile morale di un racconto mitologico, di un mito fondativo. Romolo (Alessio Lapice) è un devoto della triplice dea che insieme al fratello Remo (Alessio Borghi) sopravvive allevando capre nei pressi del Tevere. Un'improvvisa, violentissima piena del fiume travolge i due pastori e i loro animali, facendoli spiaggiare sulle rive di Albalonga, la città dei Guerrieri di Ferro. Fatti prigionieri, i due fratelli saranno costretti a partecipare ai terribili culti della Triplice Dea eseguiti da Satnei (Tania Garibba), una vestale che veglia sul fuoco sacro del Dio e assiste impassibile al combattimento mortale tra prigionieri.

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A sorpresa il protagonista del film è Remo: un leader nato, dotato di una prestanza fisica quasi sovrumana, intelligente, carismatico, devotissimo al fratello Romolo. Il suo acume e il suo scetticismo rispetto alle superstizioni religiose del fratello e del suo manipolo di uomini avvieranno una catena di eventi che porterà il film al suo mitologico climax.

Il primo re, la recensione del film

Non si sa davvero da che parte cominciare nel tessere l'elogio de Il primo re, perché tutta l'operazione è condotta a livelli solitamente irraggiungibili per il cinema italiano. Guardando al lato action di questo kolossal, non si può che ammirare la lunga serie di combattimenti ravvicinati e brutali, ottimamente coreografi, che si permettono anche il vezzo di qualche rallenti qua e là. Come kolossal e film d'azione Il primo re convince nel suo essere maturo, violento, brutale, trasformando i suoi protagonisti in controfigure di sé stessi. Il risultato è un film che racconta con grande fisicità la brutalità primitiva dell'epoca pre-romana. Questo lato action è però accostato a un approccio storico così rigoroso che i protagonisti non parlano italiano, bensì una ricostruzione del latino preromano, ricreato dagli studiosi della Sapienza fondendo le poche testimonianze disponibili con innesti linguistici dall'indoeuropeo. Il parlato però non sembra artefatto, anzi: risulta molto coinvolgente. 

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Alessandro Borghi e Tania Garibba in una scena del film
Sporco, violento e maturo: Il primo re convince nella sua complessità

Anche l'aspetto tecnico e produttivo aggiunge maestosità all'opera: gli scenari selvaggi scovati qua e là nel Lazio sono percorsi da nebbie sinistre, il fuoco spande ombre sovrannaturali grazie a un'ottima fotografia. Qualcuno ha scomodato persino Revenant - Redivivo nelle prime recensioni uscite e il paragone non è fuori luogo. Il rigore e la professionalità sono le medesime, fatti i dovuti distinguo per un film italiano che, pur imponente, è costato una frazione del riferimento hollywoodiano.

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Percorrendo questo accostamento il Leonardo DiCaprio del caso è Alessandro Borghi, assoluto protagonista del film. Anche qui è inutile girarci intorno: l'attore (in costante crescita professionale da due anni a questa parte) dà una prova impressionante, gestendo magnificamente le svolte oscure del personaggio. Borghi e Lapice, innegabilmente bellocci anche sotto gli ettolitri di fango e sporco di cui sono ricoperti, sono poi circondati da una serie di facce segnate, deformi e brutte, che danno un giusto realismo a una vicenda così primitiva. Ottima la presenza scenica di Tania Garibba nei panni della vestale. 

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Un combattimento di Il primo re
Alessandro Borghi da un'ottima prova, non solo fisica, in Il primo re

Su Matteo Rovere poi che dire? Un regista italiano che s'imbarca in un'operazione così rischiosa e complicata, in generi poco amati dal cinema italiano commerciale, esigendo una profondità narrativa pari alla sontuosità produttiva, va solo elogiato. Impressionante la scena della piena del Tevere, di una complessità notevole, gestita con effetti speciali ridotti al minimo. 

Certo qualche minima incongruenza qua e là c'è, ma è un ragionamento che si fa a posteriori. L'aspetto migliore del film è la sua sceneggiatura, che unisce le tensioni del mito classico a una riflessione contemporanea sul potere della superstizione. La storia ha il sapore di un oracolo Delfi che racconta il potere suggestivo della superstizione, che riflette su quanto la casualità diventi pregna di significato in un mondo di simboli religiosi, dove ogni evento può essere riletto come manifestazione del Dio. Insomma: Il primo re è un gioiello di cinema contemporaneo e italiano di cui andare fieri, che vale la pena di andare a vedere al cinema. Imperdibile. 

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Il primo re arriverà nelle sale italiane il 31 gennaio 2019.

Commento

cpop.it

85

Il cinema italiano accetta la sfida del kolossal e, con uno sforzo produttivo imponente, regala un film impressionante non solo per le scene d'azione ma anche e soprattutto per la scrittura matura.

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