La leggenda del pianista sull'oceano, trama e significato del finale

Autore: Giacinta Carnevale ,

Diretto da Giuseppe Tornatore nel 1998, La leggenda del pianista sull'oceano è l'adattamento liberamente ispirato al monologo teatrale Novecento scritto da Alessandro Baricco nel 1994. Protagonista della pellicola è l'attore britannico Tim Roth che veste i panni di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il pianista del Virginian, un importante transatlantico che attraversava gli Oceani portando le persone in giro per il mondo.

Nel cast, oltre a Tim Roth, ci sono tra gli altri anche Pruitt Taylor Vince, Bill Nunn, Clarence Williams III e Peter Vaughan. 

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La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Tornatore mentre le musiche sono state firmata dal maestro Ennio Morricone.

Nel 2000 il celebre compositore italiano è riuscito a conquistare un Golden Globe per la Miglior colonna sonora. La pellicola ha inoltre ottenuto 9 nomination ai David di Donatello nel 1999, portando a casa ben 5 premi tra cui quello di Miglior regia a Giuseppe Tornatore

Ecco la trama e il finale

La trama

La storia ha inizio nel 1963 quando Max Tooney (Pruitt Taylor Vince), un musicista che aveva lavorato sul piroscafo Virginian, entra in un negozio di dischi e strumenti usati per vendere la sua vecchia tromba e guadagnarci un po' di soldi. Prima di dire addio alla sua tromba, però, chiede di suonarla ancora un'ultima volta. L'uomo intona così una canzone che l'anziano negoziante riconosce subito come il brano del pianista Novecento, amico di Max. Il vecchio allora tira fuori un disco che mette sul grammofono proprio mentre l'uomo sta suonando. 

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Max lo sente e chiede al negoziante dove avesse trovato quel disco, visto che era stato lui stesso a nasconderlo nel pianoforte verticale della terza classe del Virginian. L'anziano proprietario del negozio gli chiede di raccontargli la sua storia e quella del "pianista eccezionale", come amava definirlo lui. Max decide di accontentarlo.

È il 1901 quando un neonato viene trovato in una cassa di legno nascosta a bordo del transatlantico Virginian che naviga tra l'Europa e l'America. A trovare il piccolo è Danny Boodman (Bill Nunn), un macchinista che lavora sul piroscafo, che decide di dargli il suo nome con l'aggiunta di T.D. Lemon, come la scritta incisa sulla cassa dove stava il bambino, e Novecento, in onore del secolo appena iniziato. 

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Il piccolo cresce sulla neve insieme al suo padre adottivo, che lo tiene segretamente nascosto tra il locale macchine ed il dormitorio così da non rischiare che il bambino venga portato in un orfanotrofio. Alcuni anni più tardi Danny muore in seguito ad un incidente ed il piccolo Novecento riesce a scappare dalla polizia che era salita a bordo del Virginian per assegnarlo ad un orfanotrofio. Diversi giorni dopo la sua scomparsa, Novecento si fa trovare dall'equipaggio mentre sta suonando il pianoforte della prima classe, quello in cui era stato ritrovato, e dimostra di avere un talento innato

Medusa Film
Tim Roth in La leggenda del pianista sull'oceano

Grazie alla sua straordinaria dote, con il trascorrere del tempo, Novecento viene nominato pianista ufficiale dell'orchestra del Virginian. Una notte, durante una terribile tempesta, conosce Max Tooney, un trombettista da poco ingaggiato sul transatlantico. Da quel momento i due diventano inseparabili, divertendosi anche a suonare insieme.

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Ben presto però la fama del talento di Novecento inizia a diffondersi anche sulla terraferma e la notizia giunge fino alle orecchie di Jelly Roll Morton, il più grande pianista jazz. L'uomo decide così di salire a bordo del Virginian per sfidare Novecento al pianoforte. Quest'ultimo accetta e riesce a vincere la sfida. Diverso tempo più tardi il pianista confida al suo amico Max di voler finalmente scendere a terra. Tuttavia, una volta arrivato a metà della scaletta, non riesce ad andare oltre e torna sul transatlantico. 

Il finale e il monologo di Novecento

Nel finale del film sono ormai trascorsi molti anni e Max ha da tempo lasciato il Virginian per cercare fortuna altrove mentre Novecento aveva deciso di restare sulla nave. Quando alla fine della Seconda Guerra Mondiale, decidono di demolire il transatlantico, ormai in disarmo da tempo, Max torna per cercare il suo amico e convincerlo a lasciare una volta per tutte il Virginian.

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Lo trova nei meandri ormai deserti e abbandonati della nave. Dopo aver tentato invano di far scendere Novecento, Max capisce che il suo amico ha deciso di morire nel posto dove è nato e dove è vissuto per tutta la sua vita. Il Virginian lo ha sempre fatto sentire protetto a differenza del mondo, come il pianista spiega a Max nel suo toccante monologo finale:

Tutta quella città… non si riusciva a vederne la fine…
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?
Era tutto molto bello, su quella scaletta… e io ero grande con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema. Non è quello che vidi che mi fermò, Max. È quello che non vidi.
Puoi capirlo? Quello che non vidi… In tutta quella sterminata città c’era tutto tranne la fine. C’era tutto.
Ma non c’era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti.
Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita.
Questo a me piace. In questo posso vivere.
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai…Quella tastiera è infinita.
Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade? Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voialtri laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla…
Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta.
E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa.
Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato a vivere in questo modo. La Terra… è una nave troppo grande per me.
È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, è come se non fossi mai nato.

Il significato del finale

Il finale de La leggenda del pianista sull'oceano racchiude forse uno dei monologhi più toccanti ed emozionante della storia del cinema. Ed è proprio nelle parole di Novecento che riusciamo a comprendere i motivi che lo spingono a non abbandonare il Virginian, nonostante stia per essere distrutto definitivamente. Come si può lasciare il posto in cui sei stato salvato e dove hai trascorso la tua intera esistenza?

Novecento è nato e cresciuto a bordo del transatlantico e quello è l'unico mondo che ha mai conosciuto, con tutte le sue limitazioni ed il suo essere "finito" come lo definisce lui. Il mondo sulla terraferma è troppo grande per il talentuoso pianista ed è impossibile viverci per lui perché non ha una fine, non ha limiti precisi ma è senza confini. L'unico luogo che lo ha sempre fatto sentire al sicuro è il Virginian e quando Novecento scopre che presto sarà demolito, sente che anche lui sta per essere distrutto perché ormai è parte integrante della nave.

Tutta la sua intera vita è racchiusa a bordo del transatlantico e la "normalità" che non ha mai potuto avere, l'ha vissuta attraverso le persone che ha incontrato sulla nave. Ognuno dei passeggeri scesi dal Virginian si è portato via una parte dell'esistenza di Novecento e quello che resta di lui alla fine è solo un guscio ormai vuoto. Per questo motivo lui si sente pronto a morire e affondare con la sua nave. 

E voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto questo emozionante film drammatico di Giuseppe Tornatore?

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