La spada del destino, la recensione: il primo incontro tra lo Strigo e la bambina predestinata

Autore: Simone Alvaro Segatori ,

La spada del destino, secondo libro della saga di The Witcher, è ancora una raccolta di racconti incentrata sul personaggio di Geralt di Rivia, nato dalla penna dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski.

La prima raccolta, Il guardiano degli innocenti, ha notevolmente solleticato la nostra fame di avventure e accresciuto la curiosità intorno a questo protagonista sfuggente, rivelando però una narrazione frammentaria di cui è difficile afferrare a pieno il disegno universale in cui è iscritta. Di fronte quindi ad un’altra collezione di storie viene da chiedersi quando la narrazione inizierà davvero. E la risposta esatta ci viene data proprio con questo secondo libro dove racconti apparentemente diversi e separati nel tempo e nello spazio si rivelano essere tante tessere di un unico puzzle, quello che comporrà la serie di romanzi principali dello Strigo.

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Prima di arrivare al cuore della vicenda però, saliamo nuovamente a cavallo con Geralt per questa recensione de La Spada del Destino.

Ancora racconti, le nubi si addensano 

Marek Madej
Lo spettrale vascello del videogame The Witcher 3

Nonostante La spada del destino sia stato il primo libro scritto da Sapkowski e pubblicato nel 1992, viene generalmente ritenuto il secondo della saga perché gli eventi narrati si collocano cronologicamente dopo quelli letti ne Il guardiano degli innocenti. Sorprende e colpisce quindi la maggiore maturità nella scrittura e nei personaggi che non risultano essere più solo macchiette, come nel libro precedente, ma uomini e donne reali e consapevoli.

Questo lavoro si colloca sulla falsariga del precedente, accostando scene di vita comune a quelle di caccia ai mostri, trasponendo topos e personaggi delle favole in contesti del tutto estranei, se non più oscuri e adulti. Ci sono però alcune novità, a partire dall’assenza di un raccolto contenitore che fa da cornice. L’unità tra gli eventi ci rimane celata per buona parte della lettura, sino all’ultimo capitolo Qualcosa di più, che rimette insieme i pezzi, aiutandoci a fare chiarezza su diversi interrogativi rimasti aperti nel precedente volume. Alcune storie trovano così la propria conclusione: che ne è stato del bambino promesso a Geralt dalla principessa Pavetta? Cosa è successo nel frattempo a Cintra e alla sua regina? Perché Geralt riesce a pensare a Yennefer solo con dolore e tristezza? Questi avvenimenti e altri si intrecciano per protendersi verso il futuro: le nubi si addensano sul mondo, le truppe di Nilfgaard avanzano mettendo a ferro e fuoco un regno dopo l’altro e nel futuro non sembra esserci altro che una nuova, disastrosa guerra.

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Per la prima volta sentiamo parla anche della Caccia Selvaggia, fenomeno ben noto a chi ha giocato alla trilogia videoludica The Witcher, ma che per i lettori vergini rimarrà un vago quanto intrigante accenno fatto in un interessante botta e risposta tra Yennefer e Geralt. Tutto è comunque ammantato da un unico interrogativo che diventa il vero motore delle mosse dello strigo: si deve credere nel destino e soccombere ad esso o si può fuggire da ciò che si considera già prestabilito?

Geralt, la maturità di uno strigo e un destino ineluttabile

Geralt si riconferma essere ancora una volta spettatore più che attore. Questo non denota però una certa passività da parte sua che, se in molti casi si lascia trascinare dagli eventi senza opporre troppa resistenza, in altre situazioni privilegia lunghe riflessioni e attese prima di agire nel modo giusto.

CD Projekt Red
Lo Strigo Geralt con l'armatura del Lupo

Pur essendo descritto come un assassino a pagamento, lo Strigo è infatti sempre riluttante ad ammazzare i cosiddetti nemici a sangue freddo. È una lezione che ci insegna soprattutto il racconto Il fuoco eterno, nel quale Geralt si trova a fronteggiare un doppler o mimik in una gara fatta di astuzia ed empatia. Il mondo degli uomini è ancora una volta sotto accusa e lo vediamo attraverso gli occhi di una creatura emarginata che ha saputo usare le proprie abilità per non cedere alla crudeltà umana. Anche il mestiere di Strigo viene messe alla sbarra e, con una buona dose di amarezza, ci appare più chiara quella che è la filosofia e l’attitudine di Geralt nei confronti del suo lavoro e del suo essere: un modo per strapparsi di dosso l'etichetta di crudele ammazzamostri.

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A differenza del primo libro, La spada del destino non ha come fine ultimo quello di mostrarci il mondo, ma piuttosto di farci conoscere davvero Geralt ed aiutarci ad immedesimarci in lui. Le creature incontrate sono poche e, a parte il mimik, rimangono sullo sfondo e sono più che altro l’espediente dal quale mettere in moto la vicenda. È il caso de Il limite del possibile, dove Sapkowski intesse una serrata caccia al drago, una quest dal sapore medievale a cui partecipano i personaggi più disparati, costretti a condividere la strada e forse la ricompensa finale. Geralt vi prende parte perché si lascia incastrare dagli eventi e coinvolgere da Ranuncolo, dato che tra tutte le creature sono proprio i draghi quelle a cui ha deciso di non dare mai la caccia. Ritrovandosi tutti insieme e in vista di un considerevole compenso, ogni personaggio della caccia mostra il lato più crudo di sé, mossi da desideri, paure, affetti e codardia.

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La spada del destino

Anche il racconto Un piccolo sacrificio parte come storiella leggera in cui Geralt riveste i panni di mediatore in un conflitto amoroso tra una sirena e il suo principe umano. Abbiamo qui l'enesima favola rimaneggiata, quella della Sirenetta, che serve però soltanto per far riflettere lo Strigo su quei piccoli, ma importanti sacrifici che si possono e si devono fare per il bene di un rapporto.

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Intanto l'ombra dell'amata Yennefer continua a incombere su di lui e a tenerlo bloccato in una storia che sa essere impossibile, ma dalla quale non può completamente affrancarsi. Il dolore provato da Geralt diventa così un’entità con cui fare le spese pagina dopo pagina. Nel racconto Una scheggia di Ghiaccio, la tormentata storia d’amore tra Geralt e Yennefer ottiene però finalmente giustizia. Se il loro primo incontro e il loro innamorarsi era stato frettoloso e a tutti gli effetti imposto dal narratore ora è giustificato dall’ottima scrittura e dall’approfondirsi delle due personalità contrastanti. Una storia fatta di tormenti e rinunce, spesso imposte più dal destino che non dalla volontà individuale e che proprio per questo motivo si possono combattere strenuamente, ma mai vincere.

Geralt e Yennefer non sono però gli unici personaggi a subire un trattamento di tutto rispetto. Non si ha più la sensazione che i personaggi incontrati siano solo una parte folkloristica dello sfondo, ma l’autore mette da parte gli stereotipi per dare una forma definitiva ad ognuno. Ne è esempio lampante Ranuncolo, che senza svestire i panni del cantastorie donnaiolo e chiacchierone, diventa qualcosa in più: una spalla perfetta, non tanto per Geralt, ma per il lettore stesso che attraverso i suoi racconti entra in contatto con la mitologia del mondo e con le paure che tormentano Geralt.

La fine è solo un nuovo inizio

Molodoy
Lo Strigo Geralt e Ciri bambina

Questo ultimo libro di racconti è concepito quasi come un manuale di preparazione alla saga principale, che mette completamente a nudo il personaggio dello Strigo, con tutte le sue paure e i suoi desideri, dando ufficialmente inizio alla storia cupa e medievale che sarà narrata nei romanzi successivi.

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Gli ultimi due racconti, La spada del destino e Qualcosa di più, introducono Ciri, un personaggio molto importante che fino ad ora avevamo osservato muoversi tra i racconti senza però avere una forma precisa. Ciri (abbreviazione di Cirilla) è una principessa di appena 6 anni che sconvolgerà irrimediabilmente il mondo di Geralt. Questo personaggio, infatti, risulta molto importante non solo per Geralt, ma per tutti gli eventi che cominceranno a concatenarsi nei successivi libri della saga. Un ingranaggio essenziale che dona a Sapkowski la possibilità di fornire una continuity più serrata al suo mondo, evitando di dover saltare, quasi senza meta, da un luogo all'altro.

La strana accoppiata, Strigo e bambina, risulta vincente sin dalle prime battute e dà la scossa definitiva alla narrazione dando credito a quella spada di Damocle, fatta di parole, che sembra pendere per tutto il volume sulla testa dei personaggi: per quanto ci si ostini, non si può sfuggire al proprio destino.

Commento

cpop.it

80

La spada del destino mostra la definitiva maturazione dello Strigo Geralt e del suo autore. Una raccolta di racconti duri e potenti che apre la strada verso i romanzi principali di The Witcher.

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