Watchmen, la recensione del finale di stagione della serie HBO

Autore: Marcello Paolillo ,

#Watchmen, la serie HBO creata da Damon Lindelof e impostata come un vero e proprio sequel ideale del leggendario graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons, è arrivata alla fine. Uno show, quello HBO, che è riuscito in breve tempo a entrare nel cuore e nello spirito degli appassionati, grazie a una narrazione sopraffina e mai scontata, in grado sia di omaggiare l'opera originale che di portarla avanti dal punto di vista narrativo con tematiche che non sconfinano mai nel cliché supereroistico.

La fine è solo l'inizio: la storia di Watchmen

Nel corso delle nove puntate che hanno composto questa miniserie autoconclusiva abbiamo infatti scoperto una realtà parallela alla nostra, in cui la razza umana ha pagato le conseguenze dell’attacco terroristico inscenato da Adrian “Ozymandias” Veidt (Jeremy Irons) il quale ha portato alla morte un numero impressionante di vite umane. Nel 2019 immaginato da Lindelof le armi sono bandite dalla società e l’America di Nixon ha lasciato spazio a quella del presidente Robert Redford. A Tulsa, Ohklaoma, è ricominciata una guerra fra la polizia (che indossa maschere per tutelare la propria identità e famiglia) e un gruppo di terroristi suprematisti bianchi chiamato la Settima Cavalleria, i quali indossano copie della maschera di Rorschach, il loro leader spirituale. 

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Il nono e ultimo episodio chiamato "See how they fly" (ripreso da un verso della canzone dei Beatles I Am the Walrus, a sua volta ispirata alla poesia di Lewis Carroll The Walrus and the Carpenter) chiude in maniera perfetta lo show, proponendo di fatto la stessa (perfetta) scrittura che ha reso la serie di Lindelof una delle più importanti dell'anno. Il finale di stagione scorre attraverso una linea temporale che parte dal 1950 fino ai giorni nostri. Lady Trieu (Hong Chau) è la ricca figlia di Ozymandias (nata per inseminazione artificiale), una martire senza paura dei nostri tempi ("Voglio cavalcare i venti impetuosi e infrangere le alte onde", dice la donna). Lady Trieu desidera impossessarsi dei poteri del Dottor Manhattan grazie alla Millenium Tower, in maniera del tutto simile ai piani del senatore Keene e della Settima Cavalleria.

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Un'immagine di Jeremy Irons nei panni di Adrian Veidt

A rompere le uova nel paniere di entrambi ci pensa per l'appunto Ozymandias/Adrian Veidt, scappato dalla luna di Giove chiamata Europa (in una sequenza in grado di omaggiare in un colpo solo 2001: Odissea nello Spazio e The Rocky Horror Picture Show). Lo scopo dell'evaso è quello di sconfiggere Manhattan una volta per tutte, entrando così in possesso dei suoi poteri straordinari. Il semidio non resta con le mani in mano e con l’aiuto di Specchio e di Laurie Blake si affida ai ben noti calamari per fronteggiare il pericolo imminente.

Nel fumetto il sacrificio di milioni di persone per scongiurare una guerra nucleare e salvare così l’umanità è stato l'atto finale da cui tutto è cominciato, mentre stavolta il Dr. Manhattan/Jon Osterman ha deciso che la cosa giusta da fare è sacrificare sé stesso. Il concetto di "maschera" tocca quindi la sua massima espressione, tanto che anche il personaggio di Angela Abar/Sister Night (Regina King) arriverà a comprenderlo una volta per tutte quando, sopravvissuta ai calamari e ricongiuntasi con il nonno e le figlie, trova un uovo sul pavimento di casa sua. Non ci è dato sapere se dopo averlo mangiato la donna sia riuscita ad acquisire i poteri del suo amato Jon (camminerà davvero sulla superficie della piscina?). Sarà lei, quindi, la nuova "Dottoressa Manhattan"?

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Un primo piano del piede di Angela Abar

Unico, vero rammarico di questa prima serie TV dedicata a Watchmen? Robert Redford: il (fittizio) presidente degli Stati Uniti e noto attore di successo non è mai apparso sulle scene, neppure nel tanto atteso finale di stagione. Per quale motivo? Forse, gli autori hanno sperato in una sua partecipazione sino all'ultimo (la quale, purtroppo, non è mai stata concessa dall'attore).

Watchmen, il finale: verdetto

Insomma, il finale di Watchmen può essere considerato un lieto fine "a metà". Nonostante la sconfitta delle maschere, il razzismo - a conti fatti uno dei più grandi mali dell'umanità - non può essere sradicato dalla cultura del nostro popolo, neppure quello immaginato da Lindelof in questo presente alternativo. Non bastano superuomini e dèi: servono persone dotate di spirito puro e amore verso una società unita, che non manchi di rispetto neppure verso coloro che si sono sacrificati pur di renderla un luogo migliore. Staremo a vedere se tutto ciò sfocerà un giorno in un'eventuale seconda stagione dello show, di cui al momento - con molta probabilità - non se ne sente affatto il bisogno.

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