Tolo Tolo, la recensione: non c'è più niente da ridere e Checco Zalone lo sa

Autore: Elisa Giudici ,

Consentitemi una breve digressione iniziale, vi prometto che arriveremo al punto. Qualche giorno fa una nota personalità della rete italiana che si occupa di cinema e spettacoli ha lanciato un sondaggio su Instagram per fare il punto sui peggiori e migliori film del 2019, pregando il suo pubblico di rispondere solo con film pertinenti, usciti negli ultimi 12 mesi nelle sale italiane. Poco dopo è stata costretta a postare una storia sottolineando come Tolo Tolo sia un film del 2020 e che sia perciò impossibile ai non addetti ai lavori averlo visto. 

Addetti ai lavori, giornalisti e media che parlano incessantemente da giorni di una pellicola rimasta avvolta nel mistero, preceduta da una clip canora che in realtà - sorpresa - non è nemmeno compresa nel film. Questo breve aneddoto ve l'ho raccontato per darvi una cifra di quanto sia polarizzato il discorso su Tolo Tolo, ancor prima che il film faccia il suo esordio nelle sale. Questo avviene in un paese in cui il pubblico pagante si ostina a ignorare sistematicamente i consigli e le indicazioni della critica, premiando film discutibili e snobbando autentici capolavori. Legittimo: la stampa ha perso autorevolezza, spesso dando per prima il cattivo esempio.

Medusa
Checco Zalone in Tolo Tolo
L'italiano medio in Tolo Tolo è incurante, ignorante e distruttivo

Eppure, guarda caso, proprio sul nuovo film di Zalone orde di persone sono pronte a metterci la mano sul fuoco sul fatto che Tolo Tolo sia un pessimo film, addirittura il peggiore del 2019. Pur essendo il primo film italiano in uscita nel 2020 e pur essendo atteso con enormi speranze dagli esercenti e dal comparto tutto, a cui i precedenti incassi di Zalone hanno sbrogliato annate complicate. Il che racconta poco del film di Zalone, ma tantissimo del suo pubblico. Di noi, sui social e in sala

Non c'è niente da ridere

Tolo Tolo è lungi dall'essere un film riuscito in ogni sua parte. Anzi, è una creatura bizzarra, frammentaria, in continua metamorfosi. Sin dalla sua genesi. Il film porta la chiara firma di Paolo Virzì, che ne ha scritto non si sa quanta parte della sceneggiatura, cofirmata con Zalone stesso. Si doveva intitolare L'amico di scorta, doveva dirigerlo lo storico regista dei film di Zalone e grande amico del comico Gennaro Nunziante. Cosa sia successo di preciso non si sa, ma non è certo il primo film italiano del 2019 dalla genesi confusa, vedi alla voce Pinocchio di Matteo Garrone. 

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Alla fine Zalone decide di esordire alla regia, forte della produzione di Pietro Valsecchi, firmando il film come Luca Medici, il suo vero nome. In breve: la mancanza di Nunziante è il vero tallone d'Achille di un film che incappa in molti dei problemi di un regista ai suoi esordi. Tuttavia mi preme sottolineare come Zalone sia bel lontano dal perdere il controllo del suo lavoro: in un minutaggio contenutissimo per gli standard moderni (siamo ampiamente sotto i 100 minuti) fa succedere di tutto e porta a casa una pellicola poco omogenea ma di certo non annacquata. Anzi, a ben vedere un bel taglio di 10 minuti del lunghissimo cappello introduttivo iniziale avrebbero molto giovato al film, a riprova di quanto possa essere incisivo con un pugno di scene. Tolo Tolo infatti è una pellicola che sfuma da un'introduzione infinita al vivo dell'azione senza soluzione di continuità, con scatti improvvisi e cadute (volute) nella farsa, senza mai una vera e propria esplosione, negando ogni catarsi. 

Medusa
Zalone e i suoi amici al mercato
L'Africa di Tolo Tolo è poco più di un pretesto per parlare del presente italiano

La prima, enorme sorpresa del film è che si potrebbe descriverlo con un aggettivo che non appartiene al mito di Zalone: è sofisticato. Chi sostiene che faccia meno ridere dei precedenti ha ragione, ma non coglie il punto di Tolo Tolo. Dopo un lento allontanarsi dal suo nucleo televisivo e dalla sua comicità da tormentone, Zalone dà un taglio netto, quasi uno strappo, con il suo passato. Tira fuori dal cappello un film politico, ricolmo d'ironia strisciante, talvolta vessatoria verso un pubblico che non ha più voglia di assecondare e prendere per mano. 

Fascismi striscianti

È stata molto contestata la scelta di inserire degli spezzoni di discorsi del Duce, che arrivano come uno schiaffo in faccia nel bel mezzo di una leggerezza apparente, che spesso inacidisce. Non è che la chiave di lettura sia poi così raffinata: Medici porta su grande schermo i rigurgiti del fascismo come malattia dai sintomi improvvisi. Il caldo, il sudore, lo stress tirano fuori una condizione non spiegata, così come sembra inspiegabile una certa recrudescenza che si respira nelle strade e in TV. Quasi un riflesso innato, dalle radici antichissime, insito nell'animo (italiano) del protagonista. Chi rimprovera a Zalone di non spiegare e di non condannare forse non ha fatto attenzione. 

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Quello di Zalone è il tentativo più coraggioso e più vicino al successo di fotografare l'Italia del qui e dell'ora, preda della polarizzazione tra sardine e squali, ammaliata dalla facile retorica dell'uomo forte, il cui concetto di Africa (ma anche di economie, tasse, famiglia e amore) è evanescente, inconsistente, urlato. Somiglia allo sfondo africano su cui sfila l'unico personaggio a cui il film faccia davvero attenzione. Zalone, l'italiano medio che dal suo primo film è caduto nel baratro del suo stesso egoismo. Sulla questione Zalone non spende discorsetti e retorica vuota, ma piazza un verso di un motivetto che è un j'accuse potentissimo e raggelante. L'intera questione è racchiusa in una scena in cui, in mezzo alle nere onde del mare, un manipolo di migranti che sta per morire annegato si mette a cantare, a ballare. Al centro c'è Zalone, che rassicurano cantando di come lo stronzo rimane sempre a galla. L'Italia galleggia, dimentica della sua fortuna, incurante dei pericoli incombenti. Tolo Tolo è tutto lì. Semplice e potente. 

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Checco e Dudu si riposano
Checco Zalone è pronto a tornare ad essere Luca Medici

Il limite di Tolo Tolo è che la voglia di Zalone di smarcarsi da sé stesso fa tante illustri vittime: mancano comprimari di vero spessore, l'ambientazione africana è poco più di un fondale, la regia (che non è comunque nemmeno lontanamente la peggiore vista nei film italiani del 2019) è poco incisiva. Dentro c'è tanto, tantissimo, troppo: molto Virzì gestito male, poco Zalone classico gestito oculatamente, una comicità sporca e cattiva che va sempre a segno, Nicola di Bari, Nichi Vendola e citazioni irriverenti di Steven Spielberg. 

Se va male, allora va bene

Chi pensa che un eventuale tracollo al botteghino affosserebbe Zalone si sbaglia: forse è persino il suo desiderio inconscio. Privato dall'ansia di prestazione e dal suo vecchio personaggio, potrebbe tornare senza filtri, senza mediazione. Per il momento Luca Medici ha tirato fuori il film che registi impegnati politicamente e comici irriverenti non solo non hanno saputo fare, ma hanno avuto proprio paura di affrontare. Antonio Albanese si è rifugiato nella monarchia, mentre tra i tanti narratori dell'era di Silvio Berlusconi nessuno ci ha nemmeno provato a tornare in campo, per tentare di fare lo stesso con Salvini. 

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Questa è l'Italia del 2019. Quella che per guardarsi dentro deve attendere Checco Zalone. Se nel suo nuovo film non c'è niente da ridere, beh, forse è arrivato il momento di chiedersi perché. 

Tolo Tolo arriverà nelle sale italiane il 1 gennaio 2020.

Commento

cpop.it

70

Checco Zalone fa meno ridere del passato, perché la situazione è maledettamente seria. Anche se riuscito solo a tratti, Tolo Tolo è forse il film più coraggiosamente politico di questa stagione.

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