Tutto il mio folle amore: la spiegazione del finale (e le differenze col libro)

Autore: Alice Grisa ,

Tutto il mio folle amore è un road movie di Gabriele Salvatores uscito nelle sale nel 2019, con Valeria Golino, Claudio Santamaria e Diego Abatantuono.

Il film è tratto dal libro (ispirato a una storia vera, quella di Franco e Andrea Antonello) di Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non avere paura, edito da Marcos y Marcos.

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La storia parla di un ricongiungimento padre-figlio. Il ragazzo, Vincent, ha 16 anni e soffre di autismo, cosa che rende la sua esistenza complicata, costellata di momenti problematici. Il padre, Willy, è un cantante che guadagna i suoi pochi soldi esibendosi nei Balcani sulla musica melodica italiana, tanto che è chiamato il Modugno della Dalmazia.

Alla vigilia di un tour a est, ubriaco e scosso dai dilemmi esistenziali, Willy, spinto dalla curiosità, va a casa della sua ex fidanzata Elena, che non vede da 16 anni e che vive a Trieste insieme al figlio Vincent.

Non si aspetta di trovare un ragazzo affetto da autismo ed Elena risposata con un editore facoltoso, Mario Topoli. Cacciato dalla coppia, Willy parte per i Balcani ma non si rende conto che Vincent lo ha seguito, infilandosi di soppiatto nel suo pick-up. Scoperta la presenza del ragazzo, inizierà un travolgente viaggio (non senza momenti rocamboleschi) che trasformerà profondamente padre e figlio.

Il finale del film

Il film si può idealmente dividere in tre parti. Nella prima, prima che Willy e Vincent “rompano il ghiaccio”, acquistiamo familiarità con la dura realtà del ragazzo, che convive con i problemi quotidiani causati dal suo autismo, mentre i genitori si affannano per assisterlo senza riuscire a nascondere la loro frustrazione.

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Scopriamo anche un Willy allo sbando, perso ed egoista, incapace di mettere radici nei posti come con le persone. Nella parte centrale assistiamo alla trasformazione di Willy che, a contatto con Vincent, nella condizione (per la prima volta in vita di sua) di doversi prendere necessariamente cura di qualcuno, rinasce a nuova vita e trova un senso al proprio percorso.

Anche Vincent, vicino al padre, scopre cose nuove, posti nuovi, e anche la libertà di interagire con un individuo senza le sovrastrutture sociali a cui è abituato con la sua famiglia.

Sulle tracce di Willy e Vincent, anche Elena e Mario arriveranno in Croazia, dopo un lungo viaggio ricco di incontri e di imprevisti. Li rintracceranno solo alla fine, in una villa con piscina (e delfini) dove Willy si è esibito. Dopo lo spettacolo, padre e figlio si lasceranno andare sui gonfiabili fino all’arrivo della coppia. Un incidente imprevisto fa quasi affogare Vincent, ma sua madre Elena si tuffa prontamente e, dopo avergli praticato la respirazione bocca a bocca, lo salva e rinasce insieme a lui, inaugurando una nuova vita. 

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Una scena de Tutto il mio folle amore
La riscoperta di padre e figlio

Nell’ultima scena, ambientata al porto, vediamo un addio (o meglio, arrivederci) tra Willy e Vincent. Willy non ha smesso di vagabondare con la sua musica e allude all’idea di voler andare in Albania. Mario va a comprare acqua e cibo per il viaggio, prima di rientrare a Trieste. A questo punto, inaspettatamente, Elena prende il figlio e sale su una nave che sta per partire, ancorata al porto. Willy, titubante, fa per tornare indietro ma, dopo un attimo di esitazione, sale sul ponte con lei mentre l’imbarcazione prende il largo.

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Sia Willy che Mario si accorgono della “fuga” di madre e figlio. Mario indossa un buffo naso finto per salutare il figlio adottivo.

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Una scena di Tutto il mio folle amore
Persi nei Balcani

L'interpretazione del finale

Il finale di Tutto il mio folle amore è aperto e apparentemente inspiegabile.

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Il gesto di Elena, che abbandona il premuroso Mario, marito fedele e padre affettuoso per Vincent, che non è sangue del suo sangue, lascia perplessi. 

Perché scappare da una famiglia unita, che cerca da sempre di convivere con il problema di Vincent nel modo migliore? Per raggiungere l’ex fiamma, l’uomo per cui Elena aveva perso la testa anni prima? No, perché il rapporto tra Elena e Willy non ha significative evoluzioni nel corso della storia e la donna sembra più rimpiangere la propria inadeguatezza come madre di un ragazzo autistico che una relazione terminata poco dopo essere iniziata, quando lui - venuto a conoscenza della gravidanza - aveva preferito sparire.

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Chiaro che i due uomini di Elena (la stabilità rassicurante di Mario e il fuoco inaffidabile di Willy) si contrappongono, ma la donna non è mai chiamata a scegliere tra uno dei due.

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Una scena de Tutto il mio folle amore
Mario ed Elena alla ricerca di Vincent

E poi, quando Elena s’imbarca, Willy si trova ancora a terra, e vede la donna e il figlio solo in lontananza. Lei non è diretta da lui.

Probabilmente il gesto della donna è la conseguenza dello sblocco emotivo avvenuto nel momento in cui Vincent stava affogando e lei lo ha salvato in extremis. Se fino ad allora Elena è stata attanagliata da dubbi e ansie (come dice al marito, “Cerco mio figlio, e poi? Lo riporto a casa. E poi? Ricomincio: l’istituto, le terapie, il maneggio. Non è la vita che mi ero immaginata”, e lui le risponde: “Devi accettare quello che hai e quello che non hai. La felicità è un colpo di c***”), ora è pronta a qualcosa di nuovo.

La nuotatrice indolente è il romanzo che Elena ha scritto e forse vedere Vincent in pericolo la spinge a scrollarsi di dosso quell’aggettivo, a riprendere a vivere. 

Per questo la spiegazione più probabile del finale non è, da parte di Elena, un guizzo femminista e girl power che la allontana dai due uomini (uno instabile ma affettuoso e l’altro onnipresente e degno di fiducia), ma semplicemente il desiderio di ributtarsi nel mare, forse di ricominciare tutto da capo, di prendere suo figlio e fare la stessa cosa che ha fatto il padre, ri-conoscerlo, gettare nuove basi.

Anche il gesto simpatico di Mario verso il traghetto che si allontana sembra avvallare questa tranquillità dell’equilibrio familiare: Elena si è “willyzzata”, ha fatto una piccola follia per Vincent, per ritrovare quel folle amore di madre e provare in modo esclusivo il folle amore di cui la ama il figlio.

Differenze tra libro e film

Il romanzo di Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non avere paura, è solo uno spunto per il film di Salvatores, la cui sceneggiatura ha apportato alcune modifiche per rendere la storia il più possibile adatta al grande schermo.

Nel libro il ragazzo si chiama Andrea e ha 18 anni. Non è friulano ma veneto.

Suo padre ha sempre vissuto con lui, ha tentato tutte le possibili terapie per farlo stare meglio. Non è uno sconosciuto, se non da un certo punto di vista. Ed è proprio per scardinare questo lato ignoto che Franco decide di partire per un lungo viaggio in moto con Andrea, in giro per le Americhe, attraversando confini, scoprendo strade deserte e foreste pluviali.

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Se ti abbraccio non aver paura

Rispetto al film, cambia l’ambientazione, cambia l’età del protagonista e soprattutto il padre non riappare dal nulla dopo tanti anni. Ma il viaggio, centrale in entrambe le storie, è metafora di cambiamento, di scoperta e di vita, uno strumento eccezionale di comunicazione e conoscenza, per far scoprire a entrambi lati di sé (e dell’altro) completamente inediti.

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