Belluscone - Una storia siciliana: cosa devi sapere del film (polemiche incluse)

Autore: Alessandro Zoppo ,

Franco Maresco sa bene che "l'arte è una menzogna che ci fa capire la verità", come diceva Orson Welles (citando Pablo Picasso) in F for Fake. #Belluscone - Una storia siciliana è il suo film incompiuto e per questo ancora più irrinunciabile.

Presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia del 2014, dove è stato accolto da un'ovazione al termine della proiezione (dieci minuti d'applausi in Sala Darsena ed elogi da critica e pubblico, in particolare da David Chase, il creatore della serie cult #I Soprano e giurato di Orizzonti) e ha vinto il Premio Speciale della Giuria, l'opera di Maresco dal suo "estremo esilio" (il regista palermitano ha disertato la conferenza stampa di presentazione della Biennale) è una satira dissacrante a metà tra mockumentary e documentario antropologico. Ovviamente a cura del Comitato "A Silvio dalla Sicilia con amore".

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Al centro di Belluscone c'è infatti il legame profondo tra il leader di Forza Italia, la Sicilia, la mafia e... i cantanti neomelodici. Il cuore dell'indagine è chiaramente altrove: un ritratto spietato e disilluso dell'imbarbarimento culturale dell'Italia post-berlusconiana e di un mondo finito, destinato al collasso, "in cui prevalgono ormai i matematici e la scienza".

La trama

Belluscone - Una storia siciliana è un film nel film. Maresco è impegnato da tempo in un'inchiesta sul rapporto tra Berlusconi e la Sicilia. La sua "guida" è l'impresario e organizzatore di feste di piazza Ciccio Mira, nostalgico della mafia che fu (ripreso rigorosamente in bianco e nero) e agente di una scuderia di cantanti neomelodici come Vittorio Ricciardi ed Erik. Artisti che nelle sagre di rione cantano brani diventati autentici cult, come Vorrei conoscere Berlusconi.

L'"eroica vitalità" di Mira conquista Maresco, regista invisibile di un film che all'improvviso si interrompe. Franco scompare quando diventa lampante l'inutilità dell'ennesima battaglia persa. Nessuno ha più sue notizie. A quel punto, sulle sue tracce si mette l'amico, critico e storico del cinema Tatti Sanguineti, che parte alla ricerca della verità sul fallimento di questa produzione e poco a poco ne ricostruisce le vicissitudini. Ma dov'è la realtà? E soprattutto dov'è e cos'è la finzione?

Il trailer

Prodotto da Rean Mazzone e fotografato da Luca Bigazzi, Belluscone - Una storia siciliana ha avviato la produzione nella tarda primavera del 2011, quando Berlusconi era ancora al governo prima del "golpe" che portò Mario Monti alla Presidenza del Consiglio. Maresco ha immaginato il film come la conclusione di una trilogia, iniziata con Il ritorno di Cagliostro e proseguita con l'invisibile Io sono Tony Scott, disponibile in streaming gratuito sul sito della Rai.

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Nel film, come si vede nel trailer (all'epoca dell'uscita in sala è stato lanciato un canale YouTube dedicato), si intrecciano materiali d'archivio, interviste e testimonianze (compresa quella al collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo) sulle origini della fortuna economica di Silvio Berlusconi. Si parte da Stefano Bontade, il boss mafioso vicino alla massoneria, "protettore" di famiglia e "finanziatore" delle televisioni Fininvest, per passare a Mani Pulite, la fine della Democrazia Cristiana e della Prima Repubblica ed arrivare alla celebre "discesa in campo" del 1994.

Le polemiche

Il pezzo forte di Belluscone, vincitore ai David di Donatello come miglior documentario, è l'intervista che Franco Maresco è riuscito a strappare a Marcello Dell'Utri. Parlandone a Malcom Pagani sul Fatto Quotidiano, il regista palermitano racconta che la storia dell'audio interrotto è vera: nel film, l'ex senatore di Forza Italia, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, rivela che se un giorno Berlusconi decidesse di svelare i suoi segreti si conoscerebbe "anche qualche mistero sulla morte di Enrico Mattei". Ma a quel punto, il microfonista combina qualcosa e le dichiarazioni si stoppano. Eppure, Dell'Utri ha insegnato parecchie cose a Maresco.

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La prima è sui rapporti ancestrali che legano le anime della mia città. Non avevamo un soldo e volevamo girare in teatro. Dopo aver girato per le famose sette chiese, chiediamo aiuto proprio ai salesiani. Fanno un prezzo, poi vengono a sapere della presenza di Dell'Utri e come per magia il prezzo cambia e diventa quasi inesistente.

L'uscita nelle sale del film, distribuito da Parthenos, suscitò diverse polemiche. Lucio Malan, senatore di Forza Italia, ha inizialmente chiesto alla magistratura il sequestro del film. Ospite del programma web KlausCondicio, nel quale Klaus Davi intervista i protagonisti della scena politica italiana, Malan si è scagliato contro il film e la sua esasperata e divertente disperazione.

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Io credo che sia doveroso un atto di questo genere nel momento in cui si va al di là della critica, della satira. Qui non c'è proprio nessuna satira: c'è purtroppo ben poco da ridere. C'è piuttosto un attacco a una persona, a un'intera parte del Paese, a un movimento politico, per cui credo che sia doveroso agire a difesa della dignità del nostro Paese, dei nostri elettori, oltre che della persona di Silvio Berlusconi.

Il senatore piemontese riteneva che il papà di Cinico TV avrebbe dovuto parlare di "quello che c'è di bello in Italia".

Il cinema può essere un veicolo eccezionale di promozione, non solo turistica, ma anche economica in generale, ma purtroppo c'è un eccessivo indulgere sulla mafia, sulla mafiosità, come se tutta l'Italia fosse fatta di mafiosi o di realtà delinquenziali. L'Italia è invece un Paese straordinario, il primo per tanti parametri, e purtroppo si insiste molto più di quanto facciano gli stranieri su questo cliché della mafia, della gentaglia, e così via.

L'allora eurodeputata Lara Comi, arrestata nel 2019 (le sono poi stati revocati i domiciliari) nell'ambito dell'inchiesta "Mensa dei Poveri" (il soprannome dato al ristorante vicino alla Regione Lombardia dove politici e faccendieri si ritrovavano per concordare mazzette e nomine) e ancora sotto indagine per truffa all'Unione Europea e finanziamento illecito, non è stata da meno. Pure lei si è unita al coro di proteste e richieste di sequestro.

È fondamentale concentrarsi su tematiche molto più concrete, come il lavoro: che girassero un film su come trovare il lavoro, o su come limitare la disoccupazione, oppure su come limitare la burocrazia. Allora, secondo me, l'audience e i guadagni sarebbero sicuramente più alti. Cercano di fare business infangando il presidente, e il regista ha anche dimostrato poco coraggio non presentandosi alla prima. Io posso dare un piccolo consiglio: che il regista si esponga e dica perché ha fatto questo film, se in una situazione di grande crisi gli sembrava questa una priorità, piuttosto che raccontare la realtà italiana.

Dopo aver sentito l'ex Cavaliere, Malan ha poi fatto dietrofront.

L'annuncio di un'azione giudiziaria nei confronti del film su Silvio Berlusconi è un'idea personale, di cui ho parlato con dei colleghi. Ho sentito solo poco fa il presidente, che, con la sua consueta amabilità e tolleranza, non ritiene di assumere iniziative in merito. A questo punto valuterò il da farsi. Certo, credo che, passata qualche settimana, ben pochi ricorderanno il film, mentre le pagine scritte da Berlusconi resteranno nella storia.

Maresco, intervistato da Andrea Inzerillo per Rapporto confidenziale, ha spiegato come la sua visione del mondo e della politica sia lontana anni luce dal lavoro di indignazione e "denuncia" fatto da Sabina Guzzanti – che "fa parte di un'élite salottiera romana più o meno illuminata" – in lavori come Le ragioni dell'aragosta e Draquila - L'Italia che trema.

A me non interessano le tesi, a me di Berlusconi complice, connivente o che ha l'amico siciliano non interessa. Quello che a me interessava fare era da un lato questo gioco della verità e della finzione, in fondo è come un romanzo di Dumas: quasi tutti i personaggi dei Tre moschettieri erano veri, realmente esistiti, e il contesto storico era quello che più storico non poteva essere. Però poi c'era questa capacità di mischiare. Mi interessava nascondere tra le pieghe di un'indignazione, di un film politico, i temi che mi sono più cari: la natura umana, il perdere sempre e comunque le partite con la vita. La mia riflessione, l'unico tema che continua a essermi caro è quello degli sconfitti, dei perdenti, mi interessa il senso del grottesco, l'ironia del destino.

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Belluscone ha una sorta di sequel nell'altrettanto imperdibile La mafia non è più quella di una volta, presentato in Concorso a Venezia 76 e vincitore nuovamente del Premio Speciale della Giuria. Un altro film che frulla materiale d'archivio, interviste, pedinamenti e persino un'animazione (che riguarda il passato di Sergio Mattarella e Ciccio Mira) "in un territorio – ha spiegato Maresco – in cui la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerata e tutto, ormai, è precipitato in uno spettacolo senza fine e senza alcun senso".

Proprio come nel finale durissimo e spietato di Belluscone, che riprende l'ospitata dell'allora sindaco di Firenze Matteo Renzi, in chiodo nero alla Fonzie e jeans, ad Amici di Maria De Filippi. La fotografia dell'abisso morale e civile nel quale siamo sprofondati. Tutto tra il grottesco e il ridicolo, nella cifra di un genio come Franco Maresco.

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