Munich, la strage dei Giochi Olimpici del '72: la storia vera del film di Spielberg

Autore: Emanuele Zambon ,

Il 4 settembre del '72 Pietro Mennea conquistava la medaglia di bronzo nella finale dei 200 metri piani dei Giochi Olimpici di Monaco. La notte seguente, la più importante delle manifestazioni sportive veniva squassata dalla prima azione terroristica dell'era mediatica.

Un commando dell'organizzazione terroristica palestinese nota come Settembre Nero fece irruzione negli alloggi destinati agli atleti israeliani del villaggio olimpico, uccidendone due e prendendo in ostaggio altri nove membri della formazione olimpica di Israele. Alle prime ore del mattino del 5 settembre ebbe inizio un tira e molla fra i terroristi e le autorità tedesche che, tra ultimatum e tentativi di mediazione, andò avanti per venti drammatiche ore fino al tragico epilogo all'aeroporto di Fürstenfeldbruck. Fu una carneficina: sull'asfalto della pista e tra le lamiere carbonizzate degli elicotteri rimasero a terra nove atleti, cinque fedayyin e un poliziotto tedesco.

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Una vicenda spinosa, raccontata già qualche anno dopo la strage nel film TV 21 ore a Monaco (Franco Nero nella parte di uno dei terroristi), alimentata negli anni da rivelazioni shock e dossier, e che nel 2005 ha ispirato Munich, uno dei lungometraggi più crudi di Steven Spielberg, l'uomo dei sogni di Hollywood.

 

Con Munich Spielberg si confronta con un tema caldo come il Medio Oriente, entrando in un territorio scivoloso, viste le origini ebraiche del filmaker statunitense. Sorprendentemente, il regista di Jurassic Park evita di schierarsi dalla più prevedibile delle parti, preferendo raccontare una storia di uomini comuni, le loro indecisioni e i loro dubbi morali. Meno interessato a giudicare, tenta invece di comprendere le motivazioni di Settembre Nero e dell'OLP, mettendo allo stesso tempo in risalto il peso delle responsabilità scaricato sugli uomini del Mossad ingaggiati per l'operazione Ira di Dio voluta fortemente dal primo ministro israeliano Golda Meir. Spielberg cerca insomma il lato umano in entrambe le parti in conflitto, facendo di Munich il contesto storico-politico da cui nascono le tensioni di oggi, che sfociano in attentati catastrofici come l'11 settembre.

Il film con un cast all-star - da Eric Bana a Daniel Craig, da Mathieu Kassovitz a Geoffrey Rush - abbraccia il registro del revenge movie ibridandolo col thriller politico e la ricostruzione storica. Tratto dal libro "Vendetta" dello scrittore-giornalista ungherese-canadese George Jonas, Munich racconta la più immediata conseguenza della strage di Monaco di Baviera del '72. Il coinvolgente incipit del film ricostruisce proprio gli eventi che insanguinarono le XX Olimpiadi.

Il massacro di Monaco '72

5 settembre 1972: nel bel mezzo dei Giochi Olimpici di Monaco, un commando di terroristi legati all'organizzazione palestinese nota come Settembre Nero fa irruzione nel villaggio olimpico, penetrando negli alloggi della squadra israeliana. Sono le 4:00 del mattino. I fedayyin sono otto: indossano tute sportive e nei borsoni che tengono in mano sono nascosti Kalashnikov e bombe a mano. 

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Gli uomini tentano di sfondare le porte degli alloggi. Penetrano e, nei concitati minuti che seguono all'irruzione, assassinano prima Moshe Weinberg - allenatore di lotta greco-romana - e poi il pesista Jossef Romano, sulla cui sorte la verità è rimasta taciuta per circa un ventennio (solo nel '92 alcuni documenti inediti mostrati alla vedova di Romano hanno fatto luce sul tremendo destino dell'uomo: violentato, evirato e lasciato morire dinanzi ai compagni in ostaggio).

Alle prime luci del mattino viene finalmente dato l'allarme. La richiesta è alta: la liberazione di 234 detenuti nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion Andreas Baader e Ulrike Meinhof, rinchiusi in Germania. La premier israeliana Golda Meir non intende cedere al ricatto e gli ultimatum si susseguono fino alle 21, quando la situazione sembra sbloccarsi e ai terroristi viene concesso il trasferimento in aeroporto: assieme agli ostaggi raggiungono un piazzale del villaggio olimpico e da lì salgono a bordo di due elicotteri diretti all'aeroporto di Fürstenfeldbruck. Ad attenderli c'è un Boeing 727 della Lufthansa che dovrebbe condurli a Il Cairo. 

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Si tratta di una trappola, ideata in maniera grossolana dalle autorità tedesche e messa a punto con esiti disastrosi (a corto di uomini e con armi inadeguate). Sulla pista si scatena il caos: i fedayyin vengono falciati solo dopo un'ora di scontri a fuoco, riuscendo ad assassinare tutti e nove gli ostaggi, scaricandogli addosso raffiche di mitra e lanciando nella carlinga degli elicotteri dove sono rinchiusi gli atleti le bombe a mano, che esplodono incendiando i mezzi.

È una strage che miete anche una vittima tra le forze di polizia tedesche mentre tre dei terroristi vengono catturati vivi (in seguito saranno clamorosamente rilasciati tra le polemiche durante i negoziati tra Germania e un commando di dirottatori di un volo della Lufthansa partito da Damasco e diretto a Francoforte, costretto a modificare la rotta verso Zagabria).

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