La satira del cinema italiano firmata da Paolo Virzì: la vera storia (autobiografica) di Notti Magiche

Autore: Elisa Giudici ,

Il maestro Fellini...è un po' bollito. Più in là di così non si spinge Paolo Virzì in Notti Magiche e già questo debole affronto al mito del grande Federico sembra costare un certo sforzo al regista di Caterina va in città e Il capitale umano. A Paolo Virzì e alla sua storica squadra di collaboratori la nostalgia gioca un brutto scherzo: quello di sparigliare le carte del mazzo e tingere di un tono inaspettatamente dolce (talvolta quasi melenso) un film che dovrebbe avere le tinte violente della satira, almeno sulla carta.

Oltre al classico Indovina chi? che questo genere di satire parodistiche finiscono per innescare, Notti magiche è forse il film più autobiografico di un autore che ha sempre lasciato la porta aperta tra il suo cinema e la sua vita. Così Caterina provava l'esperienza della città come fece lui da 20enne, così i tre protagonisti del film - il siciliano Antonino, il toscano Luciano e la romana Eugenia - si ritrovano nell'effervescenza diluita di una Roma che vive di ricordi ed è assediata da cariatidi. Seppur mai nominata apertamente, è evidente l'influenza degli anni in cui Virzì ha frequentato il Centro sperimentale di cinematografia a Roma, dove si diplomò nel 1987. Cosa c'è di vero e cosa di autobiografico in Notti magiche di Virzì? Quali personalità si nascondono dietro le maschere grottesche del film? 

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Antonino nello studio del produttore Saponaro
Il rapporto tra Antonino e il produttore Saponaro ha molti elementi autobiografici della carriera di Virzì

Il cinema italiano degli anni '90 e il giovane Virzì

Notti magiche si apre con i rigori fatali per l'Italia di Schillaci nei mondiali di Italia 90. In un baretto sul lungo Tevere la gente segue rapita il finale della partita tra Italia e Argentina ed è talmente sconsolata dalla sconfitta da non notare una macchina che vola giù dal vicino ponte e affonda nel fiume. Dentro c'è il noto produttore cinematografico Leandro Saponaro (Giancarlo Giannini), una vita spesa a produrre film erotici e commerciali, più qualche sedicente titolo autoriale di spicco finanziato con grosse perdite e relativa gloria.

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Quando i carabinieri cominciano le loro indagini, s'imbattono in una foto che ritrae l'uomo con la sua giovanile amante e tre sceneggiatori appena arrivati sulla scena romana. Sono i finalisti del premio Solinas (realmente esistente). Il terzo classificato è Luciano (Giovanni Toscano), figlio di un operaio morto nelle acciaierie di Piombino e grande latin lover. La seconda è Eugenia (Irene Vetere), figlia del potentissimo politicante e faccendiere Malaspina. A vincere però è stato Antonino (Mauro Lamantia), eruditissimo e logorroico cinefilo immerso nel clima e nella forma mentis della lontana Sicilia da cui proviene. 

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I finalisti del premio Solinas seduti in attesa della proclamazione del vincitore
Luciano, Antonino e Eugenia si conoscono alla finale del premio Solinas

I tre vengono convocati in commissariato e cominciano a raccontare come si sia arrivati alla notte fatale per Saponaro. La storia che segue è il cuore satirico di Notti Magiche. Virzì dipinge il cinema (e l'Italia) degli anni '90 come la peggiore baronia universitaria: un manipolo di maestri, produttori e avvocati tra il vetusto e il moribondo tiene salde le redini del morente cinema italiano. Il film racconta di come queste figure, prive d'ispirazione ma ben decise a non cedere il testimone, tengano in scacco le giovani energie creative nella capitale romana, sfruttandone il talento per il proprio tornaconto. 

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Nel film viene per esempio mostrata la pratica del "negro", quello che oggi chiameremmo ghost writer. Uno stuolo di sceneggiatori più o meno giovani lavora a ritmi e in modalità industriali alla produzione di copioni che poi verranno firmati da altri e portati su piccolo o grande schermo. Lo stesso Luciano scriverà in una sola notte una sceneggiatura adattata da un romanzo di cui ha letto in poche ore (e con l'aiuto degli stupefacenti per tenerlo sveglio) i punti salienti, per poi consegnarlo all'avvocata dei maestri e farsi assoldare per scrivere copioni altrui o mettere una pezza a quelli già esistenti. 

Tra i volti noti che si prestano a questa versione caricaturale c'è un Ornella Muti nei panni della madrina maliziosa del premio Solinas. Le altre identità sono nasconde dietro nomi fittizi e interpretate da grandi del cinema italiano come Giancarlo Giannini e Andrea Roncato. Con qualche eccezione. In un angolo c'è un presunto Mastroianni che si strugge piangendo per Catherine Deneuve che l'ha lasciato, in lontananza c'è il maestro Fellini che dirige una scena che sembra presa di sana pianta da 8½ . Nella linea temporale reale, Federico Fellini sarebbe morto tre anni dopo, Marcello Mastroianni dopo 6.

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Il carabiniere mostra la foto ai tre sospettati
Il film è diviso tra satira e indagine investigativa sulla morte del produttore Saponaro

Il film cattura quindi il punto più basso della parabola discendente del sogno romano della Dolce Vita e di Cinecittà. Il film fotografa anche la raccomandazione come trasversale ad ogni livello (e in ogni partito): se Eugenia deve al suo cognome il probabile arrivo in finale al Solinas, Luciano è preceduto da un'accorata lettera di presentazione dei compagni delle acciaierie di Piombino. Solo Antonino sembra essere arrivato a Roma con le sue sole forze. 

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C'è anche posto per i produttori di quell'epoca d'oro e di quella successiva: dietro alle traversie amorose e finanziarie di Saponaro non è difficile scorgere personaggi come De Laurentiis  (di cui si vede il quartier generale nel finale) o Cecchi Gori. Insomma, l'epitome stessa del produttore nostrano con le mani in pasta (e i debiti) un po' ovunque, diviso tra manie di grandezza e contentini da distribuire ad amici e amanti. Dall'altro lato della barricata c'è invece Fulvio Zappellini (Roberto Herlitzka), l'anziano maestro ricolmo di rigore morale e cinismo, seguito da un codazzo di aspiranti successori a cui insegna soprattutto a non contraddirlo mai. Difficile non tracciare un parallelo tra la sguaiata e procace Giusy (Marina Rocco), l'amante di Saponaro, e la giovane sceneggiatrice che Fulvio controlla ossessivamente, in preda a una gelosia furiosa. In una battuta sin troppo didascalica Eugenia addosserà le colpe del cinema italiano a questo maschilismo dilagante e soffocante: 

non siete solo dei maschilisti, siete dei maschi: la rovina del cinema italiano e dell'umanità intera!

Ad essere soffocata è in generale la novità e l'innovazione; il cinema italiano degli anni '90 continua stancamente a riproporre schemi vecchi di 30 anni. Alla TV si fa capire che si riserva poco più che spazzatura, giusto per cavarne il denaro necessario a inseguire un sogno di cinema che pensa di essere migliore di quello statunitense, ma strozza i suoi giovani talenti sul nascere, schiavizzandoli in un sistema clientelare e senza possibilità di rinnovo.  

Notti magiche: autobiografia di Virzì? 

Scorrendo un po' la filmografia di Virzì è evidente come Notti magiche non si allontani troppo dal primo decennio di carriera del regista, riscrivendo in chiave parodistica il suo sodalizio artistico con gli sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo. Il primo film del regista, La bella vita (1994), è un dramma sulla crisi d'identità della classe operaia ambientato in quella stessa Piombino da cui proviene Luciano. Il film che il ragazzo toscano ha scritto sembra somigliare molto da vicino all'esordio di successo di Virzì

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Dopo qualche film che ne rafforzò il nome e la carriera, a inizio degli anni 2000 iniziò per il regista il calvario di My name is Tanino. Il film, bloccato a causa dei guai finanziari del produttore Vittorio Cecchi Gori, venne più volte riscritto in itinere per riuscire a far fronte alla drastica carenza di fondi, concludendo alla meno peggio la lavorazione. Da questa esperienza deriva probabilmente il rapporto ambiguo tra Antonino e Saponaro, oltre che alla questione dell'assegno. 

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Altro particolare rivelatore: My name is Tanino racconta il tentativo di fuga dalla Sicilia di un giovane alla ricerca del sogno americano. Tanino in qualche modo riecheggia nel personaggi di Antonino, e non solo per assonanza dei nomi. La scoperta da parte dei provinciali Luciano e Antonino di Roma, città tanto ricca di stimoli quanto di delusioni, ricorda quella della giovane protagonista di Caterina va in città.

Notti magiche racconta una storia vera?

Il racconto di Notti magiche è fittizio, ma è basato su molti elementi autobiografici dei primi anni di carriera di Paolo Virzì a Roma, dagli studi al Centro Sperimentale al complicato rapporto finanziario e lavorativo con il produttore Vittorio Cecchi Gori.

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