Vita breve per Quibi: il servizio di streaming chiude dopo solo sei mesi

Autore: Pasquale Oliva ,

Volge già al termine il viaggio di Quibi nel mercato dello streaming. La piattaforma, sotto la lente d'ingrandimento in questo articolo, ha puntato su una formula di distribuzione dei contenuti insolita e - potremmo dire - coraggiosa. Parliamo infatti di serie TV e documentari con episodi di breve durata e da guardare principalmente su dispositivi mobili (smartphone su tutti). Bocconi da gustare al volo, dunque.

Eppure qualcosa è andato storto. Quibi, come riportato nell'articolo del The Wall Street Journal, chiude ufficialmente i battenti a distanza di sei mesi dal lancio. La conferma è arrivata anche dai dirigenti Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman, che hanno ringraziato dipendenti, investitori e partner che hanno dato fiducia alla loro idea.

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Riteniamo di aver esaurito ogni opzione. Per questo motivo, siamo giunti alla difficile decisione di chiudere l'attività, restituire il denaro ai nostri azionisti e salutare, ringraziandoli, tutti i nostri colleghi.

Cosa c'è dietro il fallimento di Quibi? In Italia - così come in altri paesi dove l'inglese non è una lingua masticata da tutti - avrà convinto poche persone a sottoscrivere un abbonamento a pagamento. Ma c'è dell'altro, ovviamente.

Nel lungo articolo di congedo, Katzenberg e Whitman riconoscono l'evidente debolezza dell'idea alla base di Quibi, un servizio partito in salita e con pochissime possibilità (per non dire nulle) di rubare utenti a piattaforme rivali com Netflix e Disney+. Una missione impossibile nonostante il coinvolgimento di stelle dell'intrattenimento come Kevin Hart, Jennifer Lopez, LeBron James, Christoph Waltz e via dicendo.

A peggiorare poi una già avversa situazione ci ha pensato la pandemia di COVID-19 che, imponendo un blocco delle produzioni durato diversi mesi, ha rallentato gli aggiornamenti del catalogo del servizio.

Ora c'è da capire ora cosa succederà agli show dopo la chiusura di Quibi. Secondo recenti indiscrezioni, Katzenberg avrebbe cercato acquirenti bussando alle porte di Apple, WarnerMedia, Facebook e NBCUniversal, senza però avere successo.

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