Noi, traditi da Montalbano e da mamma Rai, non vediamo l'enorme passo avanti compiuto dalla serie

Autore: Elisa Giudici ,

Da spoiler a caso nazionale: il finale dell'episodio Il metodo Catalanotti di Il commissario Montalbano monopolizza da giorni il dibattito sui giornali e sui social. I fatti: nell'episodio il poliziotto (interpretato da un'inossidabile Luca Zingaretti) rimane irretito da una giovane collega della scientifica di nome Antonia, appena arrivata in Sicilia dopo un trasferimento. Montalbano inteccia con lei una relazione sessuale, tradendo la storica fidanzata Livia. Non è la prima né la seconda volta: le scappatelle di Montalbano sono invero abbastanza frequenti (seppur lontanissime per numero da quelle del collega e amico Mimì).

Stavolta però qualcosa è diverso. La passione per Antonia risveglia Salvo da una sorta di torpore dei sensi e dei sentimenti, da una quieta rassegnazione alla vecchiaia ormai dietro l'angolo. Il commisario è confuso, rapito, distante. Non riesce a pensare a nient'altro che alla giovane e determinata collega, che ora è disponibile e ora si nega, accendendo il suo desiderio. Il risultato è che Montalbano appare a tutti strano, distante. Se ne accorgono Fazio e Mimi e se ne accorge Livia, in quel di Genova. Montalbano non si fa tanti problemi a dirle di "non scendere" a Vigata, a mentirle, perché la sua attenzione è tutta per Antonia, anche se poi lei gli fa capire senza mezzi termini che non è interessata a una relazione sentimentale, menchemeno a una lunga e tradizionale come quella che il commissario desidera da lei.

Il Commissario Montalbano Il Commissario Montalbano Il commissario Montalbano è una serie televisiva italiana, prodotta dalla RAI dal 1999, liberamente tratta dai romanzi di Andrea Camilleri. Salvo Montalbano è un commissario di polizia dal carattere burbero ... Apri scheda

Come si lasciano Montalbano e Livia

Il risultato è un'epocale rottura tra una delle coppie più inossidabili della fiction italiana: Montalbano e Livia. Quando lei capisce che qualcosa non va gli telefona per chiarirsi e, fatalità, lo interrompe durante un momento condiviso con Antonia. Salvo risponde alla chiamata ma nemmeno la ascolta, tale è la fretta di tornare dall'altra, l'amante. Nella telefonata che poi si rivelerà un addio Livia racconta tutta la sua stanchezza per un rapporto a distanza, per una trascuratezza accentuata con cui il fidanzato si dedica a lei. Livia esiste solo a Genova, a distanza, a fasi alterne, da sempre.

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Ora però alla donna non sta più bene. Livia arriva a minacciare la rottura, sapendo di toccare un tasto dolente. Montalbano però è distante mille miglia con la mente, non ha nulla da dire e non dice nulla. Interrompe la chiamata, di fatto chiudendo la relazione nel modo più freddo, sgarbato e doloroso per la donna con cui ha condiviso buona parte della vita. Più tardi confesserà ad Antonia di percepire da qualche tempo una distanza, una freddezza verso Livia. Rimarrà sempre una donna importante per lui, ma la passione, il desiderio e la voglia di stare insieme non ci sono più, almeno per lui.

Le reazioni alla rottura di Montalbano e Livia

Apri cielo: da ormai tre giorni l'Italia, ancora impegnata a smaltire i postumi sanremesi, non parla d'altro. Garantisti, vittimisti e giustizialisti si sono scatenati per assolvere o condannare il commissario non più così amato dagli italiani, mentre fiumi di inchiostro e byte venivano spesi per commentare la valenza sociologica, morale e umana del tradimento nel 2021 in Italia, il galateo della rottura, il ruolo ancillare della donna tradita.

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La scena finale di Il metodo Catalanotti
Montalbano sembra essersi già lasciato alle spalle Livia

La mia riflessione è invece squisitamente seriale. Non sono così convinta che i vertici di Rai Fiction abbiano volutamente ideato questo episodio per essere così di rottura come poi si è rivelato, ma spero vivamente che qualcuno tra sé e sé stia commentando: ma come, vi abbiamo dato esattamente quel che volevate e vi lamentate?

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Per anni infatti ci siamo lamentati dal provincialismo delle fiction Rai "così italiane", direbbero in Boris. Quante lamentele più o meno coerenti e informate alle produzioni RAI (il che per sineddoche significa l'intera serialità italiana), talvolta mosse da chi chiaramente non lascia da tempo i confini del catalogo Netflix. È indiscutibilmente vero però che il larga parte le serie made in Rai dipingono un'Italia popolata di bravi poliziotti per vocazione o investigatori per caso, o suore per vocazione e investigatrici per caso. Una serialità dal familismo asfissiante, in cui non manca mai il medico, il poliziotto o il santo in famiglia. Di polizia o biografia si vive e si muore, sempre rispettosamente divisi in buoni molto buoni e cattivi irrimediabilmente cattivi.

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Qualche tempo fa qualcuno aveva fatto notare un'allarmante susseguirsi di "falsi stupri" occorsi a distanza di qualche settimana nelle prime visioni delle fiction Rai. Una ricorrenza da non prendere alla leggera, che non ha avuto nemmeno lontanamente la stessa eco mediatica di una rottura tra un commissario in crisi di mezz'età e la compagna di una vita. Che la rottura tra Salvo e Livia sia epocale è fuor di dubbio: impossibile non rimanere spiazzati, sorpresi, scioccati da quanto improvviso sia l'addio, da quanto sia colpevolmente pavido e trascurato il modo in cui Montalbano mette da parte Livia senza nemmeno una parola o un ammissione di colpa, una spiegazione. Figuriamoci un ripensamento.

Noi, traditi da Montalbano

Umanamente è lacerante. Televisivamente è straordinario. Una rottura narrativa si trasforma in una picconata alla struttura stessa della fiction Rai, solitamente rassicurante fino all'esasperazione. L'addio di Salvo a Livia fa male perché é una scheggia di realtà non filtrata e non accomodante che si conficca in una narrazione con rete di sicurezza, in un personaggio rassicurante. Chissà quanto consapevolmente la Rai ha consentito al suo commissario di essere umano, ma non come previsto nel dizionario della fiction italiana. Quando Montalbano eccede in umanità è per la sua compassione, il suo carattere burbero, i piccoli peccatucci di gola, le inteperanze e la vanità.

Qui l'essere umano di Montalbano è quello di essere crudele per trascuratezza, banale nella propria crisi di mezz'età, spregevole come uomo. A essere traditi siamo noi, da un sistema televisivo che non rompe mai il patto secondo cui l'eroe è positivo e lo rimarrà, redimendo i suoi errori. In quest'ottica l'addio telefonico di Montalbano fa apparire l'anticoformista Rocco Schiavone uno scolaretto, con le sue scopate occasionali punteggiate da ardenti monologhi con la moglie morta che gli appare e gli parla, riflesso del suo animo ancora innamorato e dolente. Rocco Schiavone si atteggia e si comporta - perdonate il francesismo - da stronzo, ma persino lui sotto sotto è un custode della giustizia; quantomeno del suo modo di vedere la giustizia. Ha una morale tutta sua, ma non la tradisce mai. Questa fa di lui un notevole vicequestore e, in ultima istanza, un brav'uomo. Un assunto così forte che sopravvive anche un omicidio.

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Montalbano alla sua scrivania
Rai ha saputo evolvere la propria relazione con Montalbano: il pubblico italiano ne sarà in grado?

L'essere stronzo di Montalbano invece non conosce redenzione, almeno non nel novero della puntata. Ce ne stiamo lì ad aspettare che rinsavisca, che torni da Livia e che lei magari gli dica pure di andarsene a quel paese, che si redima come ha sempre fatto. Invece no, la tangente della vita affettiva del commissario prende un'altra direzione e il suo punto di partenza è un comportamento non redimibile e non redento, a cui mai si potrà riparare.

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Sì, Moltabano è stato uno stronzo. Questo fa del male a Livia e agli spettatori, ma è la conferma di quanto Montalbano sia una serie che consente al suo personaggio di evolvere, involvere, invecchiare, illudersi ed uscirne più cinico e disilluso. Il merito, non bisogna dimenticarlo, va in buona parte all'acuta visione che di lui ha avuto il suo creatore Andrea Camilleri, unita all'approccio rispettoso e attento adottato da Rai nel trasporre i suoi romanzi.

Con la fine presunta della serie e l'impossibilità di tornare indietro, spiegare e riparare, si presenta giocoforza un'occasione grandiosa per non ritornare sui propri passi e continuare da lì, da quella rottura. Se Moltabano dovessere involvere come persona e personaggio si rivelerebbe ancora una volta la serie cardine che è stata e che è a tutt'oggi. Una delle pochissime al riparo dalle involuzioni contemporanee (i product placement, per dirne una), forse la sola in grado di conficcare schegge fastidiose nella struttura rassicurante della nostra serialità e della nostra mentalità.

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