Hausen: la spiegazione della serie prodotta da Sky

Autore: Chiara Poli ,

Le prime immagini dell’episodio pilota di Hausen richiamano mille suggestioni. Da The Kingdom a L’ascensore, da Blob al perdibilissimo b-movie con Mischa Barton: Walled In - Murata viva, da Candyman a Dark Water.

L’atmosfera cupa, la nebbia, lo squallore di un’area abitativa ormai apparentemente deserta e decadente: tutto questo accompagna l’uomo che affigge la propria immagine vicino alle cassette della posta di un condominio con la scritta “il vostro nuovo custode e manutentore”. 

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Perché mai qualcuno dovrebbe voler lavorare in un luogo simile? E perché il ragazzo che lo accompagna, suo figlio, e che doveva aspettare in auto, offre del cibo a un uomo che rovista nella spazzatura ottenendo in cambio domande che lo mettono a disagio? Non c’è niente di convenzionale nell’arrivo di Jaschek (Charly Hübner) e Juri (Tristan Göbel) al nuovo palazzo, al centro di Hausen. Incluso il dono di benvenuto che Kater (Alexander Scheer), l’uomo che fruga nella spazzatura, consegna a Juri.

Perché?

Una foto di famiglia rovinata, nessun accenno - a lungo - al destino della madre di Juri, l’acqua del rubinetto che ha un sapore strano. La decadenza e lo squallore dell’edificio al centro di Hausen avvolgono anche i nuovi arrivati, fin dal loro ingresso nell’appartamento che dividono.

Juri ha gli incubi, la strana pietra che ha ricevuto al suo arrivo si illumina sotto al suo letto, l’amministratore del condominio non risponde più al telefono e non funziona nulla. Perché qualcuno dovrebbe voler vivere in un posto simile?

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L’unica domanda che rimbomba nelle nostre menti mentre seguiamo la storia, episodio dopo episodio, ha una sola risposta: perché non ha altra scelta.

Il vero, grande orrore

Qualcosa ha cercato di uccidermi.

Qualcosa?

Qualcosa di malvagio.

La chiave di Hausen sta tutta qui, nelle parole che Juri rivolge al padre dopo essere miracolosamente sopravvissuto alla caduta nella tromba dell’ascensore. La caduta provocata da Ninja (Béla Gabor Lenz), il capo spacciatore del palazzo, nel quale Juri credeva di aver trovato qualcuno di speciale.

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Hausen ruota attorno a un edificio il cui degrado rappresenta la disperazione dei suoi abitanti. Giovani genitori con un figlio neonato e niente da dargli da mangiare. Piccoli delinquenti abituali che vedono nell’arrivo del nuovo custode l’occasione di procurarsi le sue chiavi e rubare qualcosa… A chi non ha molto più di loro. 

Il vero, grande orrore raccontato da Hausen è la miseria. L’infelicità. La disperazione di chi non ha avuto niente dalla vita ed è costretto ad arrabattarsi, giorno dopo giorno, per andare avanti. Magari a suon di droga nel disperato tentativo di evadere dalla propria terrificante quotidianità.

Il mostro è dentro di noi

Da sempre il genere horror usa la paura, i “mostri”, il soprannaturale come metafora dell’orrore della vita. Hausen non fa eccezione: quel liquido nero e vischioso che ha intasato le tubature, lasciando ogni appartamento senza riscaldamento, rappresenta la disperazione che, giorno dopo giorno, striscia nelle menti e nei cuori di chi non trova una via d’uscita da una vita d’inferno.

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La colletta per il figlio di Sherbe e Cleo, la pericolosissima stufa abusiva, il sistema di smaltimento dei rifiuti usato per scambiare droga e denaro e quella sorta di entità vivente. Quella che pervade l’intero impianto condominiale, infestandolo, insieme ai suoi suoni simili a voci che sussurrano parole terrificanti e alle sue visioni.

Hausen ci racconta cosa nutre l’orrore di quell’edificio, che ha una vita propria. Si nutre di paura, disperazione, disagio, inadeguatezza.

Il bambino senza nome

Fra le mura del palazzo riecheggia il suo pianto. Senza sosta. Il figlio di Sherbe e Cleo, così piccolo da non avere ancora un nome, è scomparso. Noi sappiamo che è stato il condominio stesso a inghiottirlo, con quella sostanza nera e vischiosa che rappresenta il male stesso. La malvagità che alberga nel cuore di ogni essere umano, e che si nutre delle sue paure, dei suoi desideri, delle sue dipendenze.

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Ci sono appartamenti orribili ma anche ristrutturati e curati nel dettaglio. Eppure, la differenza non esiste: tutto è corroso, minacciato, drogato - sì, perché la sostanza nera è la droga spacciata da Ninja e dal suo gruppo, l’entità vivente e vischiosa adorata da Kater come se si trattasse di una entità religiosa.

Il piccolo senza nome non è il primo bambino scomparso nel condominio: c’è anche Dennis (Ilja Bultmann), il ragazzino che aiuta Juri, il primo bambino del condominio scomparso da molti anni… E che in realtà é Kater, cosa che ci viene raccontata ancora prima della metà della serie. Come può una persona esistere al tempo stesso in due differenti età della sua vita?

In Hausen questo può accadere per il più semplice del motivo: l’entità malvagia che domina il condominio ha poteri straordinari, intrappola il tempo, cela alla vista ciò che decide di tenere segreto e mostra ciò che vuole. E perché anche le persone lasciano un’eco. Hausen è una serie cupa, le cui ambientazioni sono sempre scure, in penombra, con colori freddi e ricchi di sfumature spaventose, tristi, disperate. Proprio come gli inquilini del palazzo.

Fra naturale e innaturale

Gli straordinari poteri della sostanza sono certamente soprannaturali, ma la sua origine è naturale. Il male l’ha generata, nel momento in cui il condominio di Hausen è stato costruito e subito lasciato cadere nel degrado. Rifugio di chi non ha intenzione di andarsene per mancanza di mezzi o mancanza di volontà, diventa assuefazione all’infelicità.

Assuefazione all’infelicità

Creata da Dennis, bambino infelice abbandonato a se stesso dalla madre che non c’era mai, la sostanza diventa la sua madre putativa. Dopo che Juri spinge Kater/Dennis giù dal tetto, tutto cambia. Bisogna ripulire il condominio, eliminare l’infelicità, la droga che per tanti anni ha bloccato gli inquilini, cancellando persino il ricordo di Dennis.

Juri è come lui: è speciale. Ha perso la madre. E ha lo stesso intenso potere di Dennis. Lui è l’unico che può distruggere la sostanza… O continuare ad alimentarla.

Per questo, tramite Jaschek - di cui ha preso il controllo - l’entità cerca di tenere nel condominio tutti gli inquilini, che erano pronti ad andarsene dopo essere stati come risvegliati dal torpore della droga nera. Contro Jaschek c’è solo suo figlio, Juri: l’unica speranza di fuga, di vita, di felicità per ogni abitante di Hausen.

Lui: liberarsi del passato

Una volta fuori gloco colui che la chiamava madre, l’entità cambia forma. Jaschek la chiama “Lui” e inganna tutti dicendo che saranno al sicuro una volta che quel veleno sarà espulso dal condominio. In realtà, vuole che tutti finiscano dritti nelle fauci del mostro.

Il mostro reagisce ai sentimenti degli inquilini. E quando Jaschek, con l’aiuto del figlio, si libera del senso di colpa per il suicidio della moglie, finalmente torna in sé e capisce cosa deve fare: aiutare tutti, mentre Juri va a offrire la propria vita in cambio di quello di tutti i condomini.

In qualche modo, Juri ha il potere di mettere a tacere l’entità. Di tornare a casa, come si sente dire. Forse provengono dallo stesso posto: un cuore spezzato per la perdita della mamma, lo stesso cuore spezzato che aveva alimentato l’entità come madre di Dennis.

E finalmente, dopo anni di nebbia e oscurità, Juri si allontana nel sole. Liberando Hausen dal mostro che lo infestava.

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