#IoStoConIlDoppiaggioIntelligente: il mondo del doppiaggio italiano contro l'app che clona la voce

Autore: Alessandro Zoppo ,

È un dibattito vecchio come il mondo: meglio i film e le serie in lingua originale o le versioni doppiate? Può esistere una sana via di mezzo? No, purtroppo non i sottotitoli. La questione pare arrivata ad un punto di svolta: la startup israeliana DeepDub sta infatti sviluppando un software che promette di sostituirsi al doppiaggio tradizionale. Come? Con un'app che "clona" la voce degli attori tramite un algoritmo capace di mescolare intelligenza artificiale e traduzioni automatiche.

Fondata a Tel Aviv nel 2019 e con la presenza illustre di Kevin Reilly di WarnerMedia nel suo advisory board, DeepDub promette di cambiare il mondo del cinema, della televisione e dei videogame. La missione dell'azienda è "colmare la barriera linguistica e il divario culturale delle esperienze di intrattenimento per il pubblico internazionale attraverso la localizzazione di alta qualità senza soluzione di continuità con il clic di un pulsante e a una frazione del costo di altre soluzioni".

L'obiettivo del software di DeepDub è preservare le performance degli attori "localizzando" i contenuti, adattandoli ai diversi territori di destinazione e abbattendo i tempi di distribuzione.

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Oz Krakowski, il direttore generale marketing dell'azienda che ad oggi conta dieci dipendenti, spiega in un'intervista a IndieWire che "la tecnologia si basa sul deep learning e sull'intelligenza artificiale su reti neurali".

Fondamentalmente, si dà al programma una traccia audio di un video, un film o una serie. In teoria, la voce nella traccia è isolata. Se non lo è, la si isola. A quel punto, il deep learning apprende i tratti caratteriali della voce come il tono, la profondità, la velocità, la spaziatura e l'intonazione delle parole. Li elabora, li registra e può quindi applicarli a una lingua diversa.

Krakowski aggiunge che il programma potrà "prendere una voce e aggiungere o togliere un accento o alterarla per darle emozioni o farla sembrare più giovane o più vecchia".

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L'efficacia di DeepDub è tutta da dimostrare, ma contribuirebbe ad un netto taglio dei costi e ad una accelerazione dei processi di adattamento (una serie TV composta da otto episodi potrà essere doppiata in 6 settimane, a differenza delle 14-16 attualmente necessarie con attori in carne e ossa) utile soprattutto per piattaforme streaming globali come Netflix, Disney+ e Apple TV+.

Un esempio di ciò che saranno app di questo tipo è stato postato sui social da Doppiaggi italioti, il blog informativo e umoristico di "apprezzamenti e rimproveri" al doppiaggio nostrano che si domanda, non a caso, "chissà perché manca l'italiano" nei primi video promozionali circolati sul web.

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Soltanto in Italia il comparto del doppiaggio conta più di duemila lavoratori. Doppiaggi italioti sottolinea che nelle clip apparse finora è stato preso ad esempio il doppiaggio americano. "Cioè non hanno neanche uno standard di riferimento. È come se una persona che non sa disegnare cercasse di rivoluzionare il mondo dell'arte", si legge sul profilo del blog.

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Proprio dall'Italia, patria del doppiaggio "fatto bene", è partita una campagna per il "doppiaggio intelligente" accompagnata dall'hashtag #IoStoConIlDoppiaggioIntelligente. La community Vix Vocal ha coinvolto tanti nomi di primi piano del mondo del doppiaggio e del cinema – da Christian De Sica, Claudio Amendola, Francesco Pannofino e Stefano Fresi a Domitilla D'Amico, Antonella Giannini, Tiziana Avarista e Giulia Santilli – per dire di no al doppiaggio con IA.

La campagna si chiama "L'emozione non si clona" perché nulla di "freddo e tecnologico" potrà mai sostituire l'arte del doppiaggio, quello fatto da un attore "con il cuore". Chissà cosa ne pensa in merito Vincent Cassel: quando uscì in sala #Un momento di follia di Jean-François Richet, l'attore disse all'Adnkronos che "in Italia è complicato vedere un film in lingua originale, perché i doppiatori qui sono una mafia".

Il doppiaggio c'è anche in Francia, ma i doppiatori non hanno il potere come se fossero loro che fanno il cinema, ci sono i creatori e i doppiatori, i doppiatori fanno il doppiaggio. Quando c'è uno sciopero dei doppiatori il cinema non si ferma.

Non contento, quando fu ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa per presentare #Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, Cassel non prese bene l'estratto in cui il suo re di Roccaforte parlava con la voce di Pierfrancesco Favino.

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"La cosa strana in Italia – disse all'epoca – è che non c'è la possibilità di vedere un film senza doppiaggio, più che un'abitudine questo è un problema. Ha a che fare con l'educazione, bisognerebbe imparare. Non è la stessa cosa con un'altra voce, si può doppiare, ma sono certo che così si perde qualcosa".

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