American Crime Story, il coming out di Gianni Versace nel quinto episodio

Autore: Chiara Poli ,

Milano, Italia. Giugno 1995. Riflettiamo bene su queste indicazioni: stavolta non si tratta della solita traccia grafica in un film o una serie TV che ci indica dove e quando si svolge l'azione. Stavolta, siamo di fronte alle coordinate geografiche e temporali di un preciso contesto storico-sociale.

Siamo nel Paese più cattolico del mondo. A metà degli anni '90. Quando l'argomento omosessualità è ancora un tabù. Una vergogna. O, semplicemente - come gli autori ci indicano attraverso le parole attribuite al personaggio di Donatella Versace - un grosso rischio. Il rischio di compromettere l'immagine di un'azienda. Di una famiglia. Di un personaggio pubblico che tutti amano... Ma sarà ancora così, dopo che avrà detto al mondo intero: "Sono gay"?

Le immagini del quinto episodio di l'assassinio di Gianni Versace

Le perplessità di Donatella Versace in questa clip di #American Crime Story ruotano attorno a questo. Al fatto che l'idea potrebbe essere stata di Antonio d'Amico, il compagno di Gianni, in cerca di popolarità o semplicemente con nulla da perdere. Gli sceneggiatori dell'Assassinio di Gianni Versace, ispirandosi al libro Piaceri volgari di Maureen Orth, attribuiscono ai personaggi le riflessioni a cui assistiamo in questa sequenza del quinto episodio.

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Ma c'è anche molto, molto di più.

Donatella e Gianni: due punti di vista corretti

Istintivamente, con la sensibilità di oggi, schierarsi dalla parte di #Gianni Versace - che vuole fare coming out in un'intervista - è immediato. Appare la cosa più normale, e anche quella più giusta. Riflettendo sul contesto dell'epoca, però, e soprattutto sui possibili risvolti economici di una simile dichiarazione, anche le ragioni di Donatella appaiono sensate.

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Stiamo aprendo in Paesi in cui essere gay è illegale, è un reato.

Cosa che, inutile dirlo, potrebbe compromettere l'intera azienda Versace. Se il marchio venisse osteggiato a seguito del coming out del suo fondatore, cosa ne sarebbe dei numerosi impiegati? In che modo le reazioni della stampa, dell'opinione pubblica e soprattutto della clientela potrebbero segnare il destino della maison Versace?

Donatella se lo chiede, e fa bene.

Nella Milano della metà degli anni '90, quando i malati di AIDS venivano ancora considerati come degli appestati da tenere alla larga (il film Premio Oscar Philadelphia con Tom Hanks è del 1993), le sue ragioni sono sincere. Il nocciolo della questione, e se avete seguito i primi quattro episodi di questa stagione lo sapete già, in questa serie TV è sempre e soltanto uno: l'omofobia.

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Un mondo crudele

Gianni Versace viveva circondato dalla bellezza e dalla gentilezza, come ricordano ancora le parole pronunciate dal personaggio di sua sorella. Ma il mondo, là fuori, era crudele. Spietato. Pronto a giudicare, a distruggere, a odiare e discriminare. L'intera vicenda narrata da L'assassinio di Gianni Versace - che è la storia di un omicidio e di un assassino, non della vita di Gianni, ricordiamolo ancora - ruota attorno alla discriminazione, al pregiudizio e all'odio.

Sono stati questi orrendi sentimenti a trasformare #Andrew Cunanan in un serial killer. Sono stati l'isolamento, la derisione e l'obbligo di nascondersi a fare di lui un uomo dilaniato. Andrew Cunanan era omosessuale, ma al tempo stesso odiava gli omosessuali. Quindi, odiava se stesso. Perché la società glielo imponeva, in qualche modo. Gli imponeva di seguire la corrente.

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Gianni Versace, al contrario, non si vergognava di sé, né dei propri sentimenti. 

Il video qui sopra, anticipazione di un episodio fondamentale per la nostra storia, raggiunge facilmente il proprio obiettivo: mettere in contrasto l'odio e l'amore. La paura e la dignità. Sullo sfondo di un mondo crudele, pronto a fagocitare qualsiasi voce fuori dal coro. Persino una voce molto amata.

Il quinto episodio di #L'Assassinio di Gianni Versace vi aspetta venerdì solo su FoxCrime.

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