Il Silenzio degli Innocenti: 9 segreti svelati da Anthony Hopkins e Jodie Foster per i 30 anni del film

Autore: Simone Rausi ,

Ci sono 30 candeline da soffiare per Hannibal Lecter e ci piace immaginarle sopra un piatto di fave e un buon Chianti. La citazione è d’obbligo ed è indimenticabile, così come molti dei dialoghi e delle scene, divenute iconiche, de Il Silenzio degli Innocenti che il prossimo febbraio compie 30 anni.

Un film invecchiato benissimo, così come i due protagonisti, Anthony Hopkins e Jodie Foster, che si sono riuniti per uno degli appuntamenti di Variety, Actors on Actors @ Home. 30 minuti abbondanti di chiacchiere dove sono emersi alcuni retroscena piuttosto succulenti. Questo è il video integrale, ma se non avete dimestichezza con l'inglese, ve li sveliamo noi.

Un horror per bambini?

Il titolo originale del film, traducibile come “Il silenzio degli agnelli” ha tratto in equivoco Hopkins che dopo aver ricevuto la sceneggiatura ha pensato che fosse quella di un film per bambini. Gli sono bastate dieci pagine per chiamare il suo agente e dirgli che era la cosa migliore che avesse mai letto. Era il 1989, Hopkins era a Londra per recitare nella commedia “M. Butterfly” e poco dopo era a cena con Jonathan Demme per definire il suo ruolo.

Paura di Jodie Foster

Ma a far paura ad Hopkins, più di alcune scene, fu sicuramente il coinvolgimento di Jodie Foster. Nonostante Hopkins avesse già un'importante carriera alle spalle, l’attore ha dichiarato di aver avuto timore a lavorare con la Foster che era già un premio Oscar (nel 1989 per il film The Accused).

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Una voce diventata leggenda

Hopkins ha lavorato a lungo sul suo personaggio, partendo proprio dall’aspetto e chiedendo un completo fatto su misura, rispetto alla classica tuta da prigione. Aveva chiaramente in testa l’aspetto che Lecter doveva avere, così come la sua voce: fredda, metallica, venuta fuori automaticamente già alla prima lettura. Un gran lavoro a cui parte del merito va anche al tecnico del missaggio Chris Newman che ha accentuato la freddezza del tono.

Ispirato a un computer e a un professore

Hopkins dice di essersi ispirato ad HAL 9000, il supercomputer di #2001: Odissea nello spazio. Voleva una voce quasi artificiale, che entrasse in scena “come uno squalo silenzioso”. Ma a dargli ispirazione è stato anche Christopher Fettes, un suo insegnante della Royal Academy of Dramatic Art che “aveva una voce tagliente e ti avrebbe fatto a pezzi”.

Il terrore della cella

Grande entusiasmo, da parte dei due attori, nel ricordare la cella dove Lecter si trova in alcune delle scene più memorabili. Una scenografia davvero terrificante, per stessa ammissione degli attori, accentuata dall’illuminazione fluorescente che la rendeva bidimensionale. La Foster non ha dubbi: “Era un set così inquietante”.

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Dentro il personaggio

Hopkins confessa inoltre di essere rimasto dentro il personaggio per tutto il tempo delle riprese destando una sensazione di paura nei colleghi e nella troupe che, comunque, lo guardavano con un misto di ammirazione e inquietudine. Quando l’attore sorprese il direttore fotografia a fare un sopralluogo sul set e gli disse, alle spalle, “Che ci fai nella mia cella?”, lui si spaventò parecchio.

Scene separate

Non sono tante le scene che i due attori protagonisti hanno diviso. Hopkins ha iniziato a girare per primo. Più avanti, per dargli un’idea del mood della co-protagonista, il regista mostrò la scena dell’ascensore a Hopkins separatamente.

Entrare nel personaggio di Clarice

La Foster ricorda di aver fatto un lungo lavoro per entrare nel suo ruolo. “Volevo che apparisse molto più colta e istruita di Lecter”. La madre dell’attrice, dubbiosa, le chiese se fosse sicura di voler interpretare un personaggio così silenzioso.

La scelta di stare in piedi

Hopkins ricorda di quando il regista gli chiese come voleva che la Foster lo vedesse in cella “se mentre leggevo un libro, o disteso sul letto e io risposi che avrei voluto stare in piedi”. Quando il regista gli chiese perché lui rispose "Così posso sentire il suo odore mentre arriva". 

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