I migliori colpi di scena dei film di M. Night Shyamalan

Autore: Max Borg ,

Quando si pensa a M. Night Shyamalan, viene subito in mente la nozione del colpo di scena, vero e proprio marchio di fabbrica del regista dal 1999, al punto che in alcuni casi, come ad esempio quando è uscito E venne il giorno, parte delle reazioni negative era legata all’assenza di un ribaltamento.

Questi ribaltamenti hanno trasformato Shyamalan in un marchio riconoscibile, anche e soprattutto ai fini del marketing, a volte con applicazioni curiose: nel 2004, uno dei primi trailer di The Village non si limitò a menzionare i film precedenti del cineasta, ma iniziò proprio con delle clip degli stessi, scandendo la cronologia della carriera del regista in seno alla Disney in quegli anni. 

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Col passare del tempo questo elemento è diventato anche fonte di derisione, con commenti ironici su alcuni titoli della filmografia di Shyamalan che erano sostanzialmente variazioni di “Il colpo di scena sarebbe stato che alla fine diventava un bel film”. Ma quando il meccanismo funziona, il regista rimane uno dei più abili adepti di questa tecnica, e continua a impiegarla con successo.

Ma quali sono i migliori colpi di scena del suo cinema? Scopriamoli insieme. Ovviamente seguiranno spoiler, e se per caso non aveste visto qualcuno dei film elencati potete accedere direttamente a quelli che conoscete cliccando sull’apposita scheda nell’indice qui sotto. 

The Sixth Sense - Il sesto senso 

Potevamo non iniziare da qui? Il primo, il prototipo, il colpo di scena che ha definito la carriera di Shyamalan e lo ha trasformato in uno dei nomi di punta del thriller/horror contemporaneo. Una svolta entrata nell’immaginario popolare, tant’è che quando il protagonista Bruce Willis è stato oggetto di un roast di Comedy Central (dove comici e altri personaggi del mondo dello spettacolo prendono in giro la vittima di turno, con il suo consenso) l’ex-moglie Demi Moore ha ironizzato sul loro matrimonio paragonandolo al film: “Eri morto tutto il tempo.” Ancora oggi, pur conoscendo il colpo di scena (così è stato per chi scrive, che ha visto il film in televisione anni dopo l’uscita in sala), la rivelazione su Malcolm Crowe e il suo rapporto con il piccolo Cole Sear rimane un momento catartico potente, rafforzato dalla performance misurata di Willis. Nota curiosa: il produttore Frank Marshall era sicuro che il pubblico delle proiezioni test avrebbe intuito il finale con largo anticipo nel momento in cui la battuta “Vedo la gente morta” è accompagnata da un primo piano del volto di Willis. Così non fu. 

Unbreakable – Il predestinato 

Un anno dopo essere stato Malcom Crowe, Bruce Willis era David Dunn, in quello che in teoria è solo un classico racconto di supereroi ambientato in un mondo molto verosimile. Poi, alla fine, la sorpresa: Elijah Price, il collezionista di fumetti che ha aiutato David a capire la sua vera essenza, è in realtà uno psicopatico, ed è stato lui a causare l’incidente da cui solo Dunn è uscito illeso, insieme a molti altri provocati al fine di identificare eventuali individui con superpoteri. Una rivelazione agghiacciante, e col senno di poi l’indizio perfetto su dove Shyamalan sarebbe andato a parare con gli altri due episodi della trilogia, con un inquietante Samuel L. Jackson che si erge a grande cattivo: “Mi chiamavano Mr. Glass!”.

Split 

Qui è il caso di dire che la sorpresa, ben accetta in entrambi i casi, è stata duplice: in teoria, il colpo di scena è quello legato alla ventiquattresima personalità di Kevin Crumb, la Bestia, un’identità che dà al film un’aura più esplicitamente soprannaturale, quasi horror, rispetto alle più classiche atmosfere da thriller psicologico che hanno preceduto quella inattesa trasformazione. Ma poi c’è la seconda svolta, del tutto imprevista anche per una questione pratica (il lungometraggio era prodotto e distribuito dalla Universal e non dalla Disney): il ritorno in scena di David Dunn, pronto a scendere in campo per sconfiggere Kevin quando sarà necessario. Pochi secondi calibrati alla perfezione e protetti con tantissimo zelo da Shyamalan durante la lavorazione: la scena finale non era presente nel copione dato al cast principale, ed era assente anche durante le proiezioni test. Viene però da chiedersi, a questo punto, con quale logica il film sia uscito in periodi diversi nei vari mercati internazionali…

Old 

Un finale che ha diviso, soprattutto se paragonato alla fonte letteraria (il fumetto francese Castello di sabbia) che non spiega il motivo per cui la spiaggia apparentemente paradisiaca dove i protagonisti sono in vacanza li fa invecchiare rapidamente. Ma c’è una carica satirica non indifferente, soprattutto sapendo che Shyamalan viene da una famiglia di medici, nello scoprire che è un complotto ordito da aziende farmaceutiche che, avendo scoperto le proprietà peculiari della spiaggia, organizzano appositamente vacanze per persone affette da patologie specifiche per testare su di loro, nell’arco di appena ventiquattro ore, gli eventuali effetti collaterali dei medicinali. Forse un po’ straniante, ma beffardo al punto giusto. 

Glass 

Che la trilogia supereroistica di Shyamalan fosse diversa dal solito si era capito già nel primo film, volutamente calato in un contesto talmente verosimile che fino alla fine era legittimo dubitare della natura sovrumana di David Dunn. E per il gran finale, dove lui e la Bestia si scontrano in seguito alle manipolazioni di Mr. Glass, il regista se ne esce con quello che, col senno di poi, era l’unico finale sensato: partendo dal presupposto che antiche leggende su esseri con poteri straordinari potessero basarsi su figure reali, come mai nessuna di queste è mai uscita allo scoperto? Risposta: perché una misteriosa organizzazione attiva da più di mille anni, di cui fa parte la psichiatra incaricata di osservare Dunn, Crumb e Price all’interno del manicomio, ha il compito preciso di occultare l’esistenza dei supereroi, con ogni mezzo necessario. La soluzione ideale per smontare il mito degli eroi, uccidendo il terzetto senza particolari fronzoli, e anche – al netto del secondo colpo di scena su Mr. Glass che aveva un piano di riserva per svelare tutto al mondo – il modo perfetto per dire che non ci sarà un altro universo espanso in stile Marvel a partire dalle vicende di David e soci. 

The Village 

Qui, dopo tre film consecutivi (e già con Signs si cominciavano a notare segni di stanchezza), ci furono le prime reazioni apertamente ostili, principalmente perché molti affermavano di aver indovinato il finale praticamente subito. Un effetto collaterale inevitabile della reputazione del regista, forse, ma ciò non toglie che la vera natura del villaggio abbia un suo perché, soprattutto sul piano emotivo. Da considerare anche il contesto storico in cui Shyamalan ha girato la pellicola: alla fine del 2003, due anni dopo la tragedia del World Trade Center, l’idea di una comunità isolata appositamente creata da americani traumatizzati per proteggere le loro famiglie dal mondo esterno era dotata di un certo fascino. Come sottolineato successivamente, c’è anche un secondo, involontario colpo di scena, legato al marketing: il film era venduto come un horror paranormale, e non lo è affatto.

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