Il cast di Watchmen riflette sul massacro di Tulsa, più attuale che mai

Autore: Alessandro Zoppo ,

La morte di George Floyd a Minneapolis, le proteste di Black Lives Matter e le manifestazioni in tante città degli Stati Uniti sono state "anticipate" da Watchmen, la serie di Damon Lindelof che ha adattato il romanzo a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons.

Il cast dello show è intervenuto per parlare del razzismo sistemico negli Usa, delle brutalità della polizia e delle insurrezioni guidate dagli Antifa. L'occasione è la tavola rotonda organizzata in streaming da Variety, che ha riunito attrici e attori, registi e produttori esecutivi.

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La discussione sull'attualità della serie si concentra su un evento preciso: il massacro di Tulsa del 1921, ricostruito nel primo episodio, È estate e stiamo finendo il ghiaccio. Quei disordini razziali segnano l'infanzia di Will Reeves (Danny Boyd Jr.), il nonno della protagonista Angela Abar (Regina King).

Cos'è il massacro di Tulsa

Nella notte tra il 31 maggio e l'1 giugno del 1921, la "Wall Street nera", ovvero il quartiere ricco e benestante di Greenwood, venne preso d'assalto dai suprematisti bianchi della Contea.

L'occasione fu scatenata da un episodio accaduto il giorno precedente, mai chiarito del tutto e ingigantito dalle cronache dell'epoca: l'incontro nell'ascensore dell'edificio Drexel al 319 di South Main Street tra il giovane sciuscià nero Dick Rowland e un ragazza bianca, Sarah Page.

Non si è mai saputo cosa successe davvero in quell'ascensore: uno stupro, un tentativo di aggressione, un semplice e casuale incidente. I testimoni sentirono solo Sarah urlare e videro Dick scappare via di corsa.

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I linciaggi nelle 48 ore successive furono orrendi (circa 300 persone uccise e altre 800 persone ricoverate negli ospedali locali), i danni economici ingenti (1,5 milioni di dollari in immobili andati in fumo) e il silenzio della stampa e delle istituzioni assordante: soltanto nel 2001, a ottant'anni dai fatti, una Commissione d'inchiesta ha riconosciuto pubblicamente l'accaduto.

Ad ispirare Lindelof è stato il saggio The Case for Reparations, scritto da Ta-Nehisi Coates e apparso nel 2014 su The Atlantic.

A differenza dell'autore e di Jean Smart (l'agente dell'FBI Laurie Blake), King rivela a Variety che lei era già a conoscenza di quanto successo nella cittadina dell'Oklahoma, "ma molte persone, anche nere, non ne sapevano nulla".

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Quello che speravo accadesse, è successo davvero. Quando ha esordito la serie, la gente è andata online per vedere se Tulsa esisteva davvero, e ha scoperto che non era l'unico massacro. C'erano Rosewood, l'Arkansas. Ogni volta che hai l'opportunità di esprimere la tua arte e di farlo in uno spazio dove il commento sociale è davvero presente in quel momento, io ci sono.

#Watchmen ha contribuito ad alimentare la discussione: il Presidente Donald Trump ha organizzato (tra le proteste e i sabotaggi) il primo comizio post-Covid a Tulsa nei giorni successivi al Juneteenth (la festa che commemora l'anniversario della fine della schiavitù) e sono in produzione tre documentari sul massacro del '21. Quella pagina vergognosa di storia verrà inoltre inserita nei programmi di insegnamento delle scuole dell'Oklahoma.

Tim Blake Nelson, il taciturno e misterioso Looking Glass, è nato proprio a Tulsa e ammette che ha cominciato a sentir parlare del massacro soltanto quando aveva una ventina d'anni.

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Alla fine degli anni '70, primi '80, nessuno voleva pubblicizzare questa storia. E così si diceva semplicemente: 'Sì, c'è stata una rivolta'. Non si parlava di massacro, si chiamava sommossa razziale.

Ironia della sorte, il primo ad affrontarla apertamente in una grossa produzione è stato un bianco, Lindelof, che sottolinea ancora una volta la "marginalizzazione dei narratori neri".

La regista Nicole Kassell rivela che il massacro di Tulsa è stato girato il primo giorno di riprese, in concomitanza con l'anniversario dell'evento.

È stato un modo straordinario e davvero potente per lanciare la serie.

La nascita di Hooded Justice

I fatti di Tulsa tornano nel sesto episodio di Watchmen, Rabbia nera dal passato, pieno di Easter Egg e di alcuni riferimenti diretti al villain razzista interpretato da Glenn Fleshler, che potrebbe essere il padre di Donald Trump.

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Nella New York degli anni '30, Reeves (Jovan Adepo) si trasforma da sopravvissuto in eroe mascherato. Il bianco e nero, racconta Lindelof, riporta gli spettatori direttamente a Tulsa.

L'idea è che ci fosse una vividezza nei ricordi di Tulsa a rompere la storia delle origini che Will voleva raccontare ad Angela.

Adepo si è preparato alla parte grazie ad alcuni famigliari e amici d'infanzia che sono agenti di polizia e dell'FBI.

Ci siamo avventurati in questo discorso sulle origini delle forze dell'ordine: inizialmente, l'intero sistema aveva uno scopo di lucro, era un settore privato che avrebbe dovuto avvantaggiare i benestanti per proteggerne i beni e i loro interessi commerciali. Ancor più specificamente, nel Sud, la polizia era usata per preservare la tratta degli schiavi. Prima che fossero definiti sistemi di polizia, venivano chiamati 'night watches'.

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I ricchi delle comunità assumevano persone dalla fedina penale non proprio cristallina per le ronde notturne: i primi poliziotti "finivano per essere dei criminali, o persone che avevano una reputazione negativa".

Cord Jefferson, lo sceneggiatore del sesto episodio della serie, ha ammesso a Rolling Stone che "la storia è preveggente, specie quando si tratta di razzismo e del modo in cui i neri sono trattati in questo paese".

Il fatto che abbiamo realizzato una serie sulla violenza della polizia e del suprematismo bianco, e, diversi mesi dopo, abbiamo a che fare con la violenza della polizia e del suprematismo bianco, avviene semplicemente perché abbiamo fatto uno show sulla nostra storia.

Jefferson rivela che la writers' room si è avvalsa dei contributi significativi di Jeff Jensen, figlio del detective che ha arrestato Gary Ridgway (il serial killer di Green River), e di Christal Henry, sceneggiatrice con un passato da agente nera della polizia di Chicago.

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La risonanza di Watchmen con il presente è stata sottolineata anche da Trent Reznor e Atticus Ross, gli autori della colonna sonora della serie.

Il leader dei Nine Inch Nails, intervistato da Deadline, è certo che "nessuno può negare che la narrazione di Watchmen sia probabilmente, nella mia esperienza, la più profonda, stratificata e spirituale ragnatela della storia americana e di oggi".

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