Operation Finale: la storia vera della cattura di Adolf Eichmann che ha ispirato il film

Autore: Alessandro Zoppo ,

"All'occorrenza salterò nella fossa ridendo perché la consapevolezza di avere cinque milioni di ebrei sulla coscienza mi dà un senso di grande soddisfazione. Mi dà molta soddisfazione e molto piacere". È una delle frasi più famose di Adolph Eichmann, l'ufficiale nazista responsabile di aver pianificato lo sterminio di milioni di ebrei. 

La cattura di quel signore spaventosamente normale, goffo e quasi impacciato, scappato in Sud America dopo aver strutturato fin nei minimi dettagli la "soluzione finale", è al centro di Operation Finale, il dramma storico diretto da Chris Weitz (il regista di, tra gli altri, #About a Boy - Un ragazzo e #La bussola d'oro) e scritto da Matthew Orton.

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La storia vera di quella caccia all'uomo, e di quella banalità che nasconde il male assoluto, arriva sullo schermo in un'accurata ricostruzione cronologica dalla suspense quasi insostenibile. #Operation Finale si interroga sul problema sempre tragicamente attuale della responsabilità individuale e rivela i retroscena di ciò che è accaduto prima del processo del 1961 a Gerusalemme, il primo a un criminale nazista in Israele.

Operation Finale Operation Finale La vera storia dell'agente del Mossad Peter Malkin, il quale si infiltrò in Argentina negli anni '60 per catturare l'ex ufficiale nazista Adolf Eichmann, la mente organizzatrice degli orribili trasporti ... Apri scheda

Interpretato da Ben Kingsley, Adolf Eichmann è conosciuto come "il capostazione dello sterminio". È lui il capo dell'apparato burocratico che organizza i treni stipati di esseri umani e le deportazioni in tutta l'Europa occidentale, è lui l'architetto che convince i rabbini a caricare i vagoni.

Eichmann è nato in una famiglia borghese: il padre, devoto protestante e reduce della Grande Guerra, ha un'azienda petrolifera in Austria, la Vacuum. Il giovane Adolf lavora come rappresentante per la compagnia petrolifera del papà, ma ben presto è affascinato dalle manifestazioni e i raduni ai quali partecipa il suo vecchio amico Ernst Kaltenbrunner.

La lettura folgorante del saggio Lo stato ebraico di Theodor Herzl, il teorico del sionismo, un viaggio in Palestina e gli incontri con Adolf Hitler e il generale Reinhard Heydrich lo trasformano in uno zelante funzionario a capo dell'IV-B-4 dell'RSHA, l'Ufficio centrale per la sicurezza del Reich.

Chi era Adolph Eichmann

Maniaco della puntualità e della precisione, Eichmann organizza il trasferimento coatto degli ebrei tedeschi e cecoslovacchi nell'isola-ghetto del Madagascar e la deportazione verso le camere a gas di quasi 500mila ebrei ungheresi.

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Dopo lo sbarco in Normandia e la fine della guerra, lo "specialista" è catturato dagli Alleati senza però che se ne conosca l'identità. Eichmann si camuffa tra i prigionieri di guerra ammassati nei campi di prigionia e si dà alla macchia: fugge in una zona di campagna dove lavora in una fabbrica di legname. 

Vive indisturbato in Germania prima di rifugiarsi in Italia e come Mengele, il "dottor morte", ottenere un passaporto falso (da un francescano altoatesino tramite la Croce Rossa Internazionale sulla base di una falsa documentazione fornita dal Vaticano) che nel 1950 gli consente di fuggire in Argentina.

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L'ex colonnello SS cambia nome e identità: ora si fa chiamare Riccardo Klement. È uomo grigio e stempiato, abita con la sua famiglia in una misera casa di via Garibaldi, alla periferia di Buenos Aires, senza elettricità né acqua corrente. La vicenda politica e privata di Adolf Eichmann scorre parallela a quella di Peter Malkin.

Peter Malkin, l'agente di Operation Finale

Il 23 maggio 1960, durante un dibattito sul bilancio alla Knesset, il Primo ministro David Ben Gurion prende la parola e annuncia che Adolf Eichmann, "uno dei più grandi criminali di guerra nazisti", è stato finalmente catturato. Chi è il responsabile di questa clamorosa operazione? 

Il "cacciatore di nazisti" Simon Wiesenthal, l'uomo che ha ispirato le vicende della serie di Amazon Hunters, rivendica una parte decisiva nella cattura di Eichmann. Ma non è così: Wiesenthal ha un ruolo marginale nel piano. Buona parte del merito va ad un agente segreto di origini polacche che si chiama Peter Zvi Malkin

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La famiglia Malkin è fuggita in Palestina nel 1936 per scappare all'antisemitismo nazista. La sorella Fruma e i suoi tre figli sono stati uccisi nell'Olocausto. Peter si appassiona fin da bambino agli esplosivi e alle arti marziali ed entra a far parte prima del servizio di sicurezza del nascente stato ebraico e poi del Mossad.

Valeria Florini/Metro-Goldwyn-Mayer Pictures
Mélanie Laurent, Oscar Isaac, Nick Kroll, Michael Aronov e Greg Hill in una scena del film Operation Finale
Oscar Isaac è Peter Malkin, a capo della squadra del Mossad

La cattura di Eichmann, all'epoca 54enne, avviene quasi per caso. Tuvia Friedman, un altro "cacciatore di nazisti", sostiene che l'anziano burocrate si trovi in Kuwait. Un ebreo tedesco che vive in Argentina dal 1939, Lothar Hermann, afferma però il contrario. La figlia Sylvia frequenta da qualche tempo un ragazzo che dice di chiamarsi Klaus Eichmann: si scopre che è proprio il figlio di Adolf e che continua ad usare il vero cognome del padre.

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Isser Harel, il capo dei servizi segreti, affida ad una squadra capitanata da Peter Malkin il compito di verificare l'informazione e mettersi sulle tracce dell'Obersturmbannführer del Reich. La notizia è corretta: quel vecchio che abita a via Garibaldi è Eichmann. Per poterlo consegnare alle autorità, Malkin organizza un audace rapimento: l'obiettivo è sottrarlo alla giurisdizione argentina e portarlo vivo al di là dell'Atlantico, a Gerusalemme, davanti al tribunale del popolo ebraico.

La cattura avviene la sera dell'11 maggio 1961, per strada. Gli uomini di Malkin si piazzano davanti all'abitazione del "señor Klement", lo vedono scendere dall'autobus e lo braccano poco prima che possa aprire la porta di casa. Eichmann nega di essere il discepolo del Führer ma, poco dopo, messo con le spalle al muro, ammette la sua vera identità. Gli agenti del Mossad prelevano il criminale, lo drogano, lo travestono da meccanico e lo piazzano su un volo "diplomatico".

La sceneggiatura di Operation Finale si basa sul memoir dello stesso Malkin, Nelle mie mani (Eichmann in My Hands), scritto dall'agente – scomparso nel marzo del 2005 a 78 anni – con Harry Stein e pubblicato in Italia (ma ora fuori catalogo) da Sperling&Kupfer.

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L'edizione originale del memoir di Peter Z. Malkin

Nel suo libro, Malkin scrive che la sera dell'arresto Eichmann si lasciò sfuggire "il grido primitivo di un animale intrappolato". Quel rapimento fa esplodere uno scontro diplomatico tra il presidente argentino Arturo Frondizi, che denuncia la palese violazione di sovranità di Israele, e la ministra degli Esteri, Golda Meir. 

Il caso Eichmann – un uomo che è riuscito per anni a zittire la sua coscienza "soprattutto per la semplicissima ragione che non vedeva nessuno, proprio nessuno che fosse contrario alla soluzione finale", scrive Hannah Arendt – divide pure gli ebrei antisionisti israeliani e quelli statunitensi, che accusano il governo Ben Gurion di aver infranto le norme internazionali.

Il processo comincia nell'affollato teatro di Beit Ha'am l'11 aprile 1961, a quindici anni da quello di Norimberga, davanti alle televisioni di tutto il mondo. Il pm è Gideon Hausner. Eichmann compare per la prima volta sul banco degli imputati il 20 giugno, dieci settimane dopo l'inizio del processo. Appare così mite e loquace che per i reporter del New York Times "non vale la pena di odiarlo". I cronisti notano la sua somiglianza con il cardinale Montini, che poco dopo sarebbe diventato papa Paolo VI.

La difesa, affidata all'esperto avvocato Robert Servatius, è semplice: il tenente colonnello delle SS ribadisce di aver obbedito agli ordini "nel rispetto della disciplina, dei doveri militari in tempo di guerra, e del giuramento di fedeltà". Tuttavia Eichmann si tradisce quando rivela che ha consentito la fuga a una coppia di ebrei viennesi perché "in ogni legge esiste qualche scappatoia".

Dopo 121 udienze, uno dei principali responsabili del massacro antisemita in Europa viene condannato alla pena capitale per genocidio e crimini contro l'umanità. A pronunciare la sentenza sono i giudici Benjamin Halevy, Moshe Landau e Yitzhak Raveh, tre ebrei tedeschi costretti dal Nazismo ad emigrare in Palestina.

Un resoconto drammatico di quanto accaduto quei giorni, insieme agli ormai celebri reportage di Hanna Arendt usciti sul New Yorker e poi raccolti nel libro La banalità del male, è fornito da Deborah E. Lipstadt nel suo Il processo Eichmann, edito da Einaudi. 

Lipstadt è la storica statunitense che ha accusato David Irving di negazionismo dell'Olocausto e dalla cui vicenda processuale, ricostruita in History on Trial, è stato tratto il film #La verità negata con Rachel Weisz e Timothy Spall.

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Il libro di Deborah E. Lipstadt

Il diplomatico Sergio Minerbi, un passato da giornalista, ambasciatore d'Israele e docente universitario, ha fornito ulteriori dettagli del processo nel suo La belva in gabbia

All'epoca Minerbi, scomparso nel 2019 all'età di 89 anni, segue gli avvenimenti come corrispondente della Rai e riporta quotidianamente gli interrogatori, le deposizioni, le testimonianze. Quel materiale è raccolto in questo libro edito da Lindau.

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Il libro di Sergio Minerbi

Anche l'agente Isser Harel, interpretato nel film da Lior Raz, ha fornito la propria testimonianza sull'operazione che ha portato all'arresto di Eichmann.

La sua autobiografia, La casa di via Garibaldi. Come ho catturato Adolf Eichmann, è edito in Italia da Castelvecchi nella collana Le Navi.

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Il memoir di Isser Harel

Il ricorso in appello e la domanda di grazia di Eichmann, recluso da mesi nel carcere di Yagur, sono respinti. L'"angelo sterminatore" viene giustiziato a mezzanotte del 31 maggio 1962 in una prigione a Ramla. La sua impiccagione è la prima sentenza di morte eseguita in Israele.

Le ultime parole di Eichmann, a quanto pare, sono queste, fredde e imperterrite: "Lunga vita alla Germania. Lunga vita all'Austria. Lunga vita all'Argentina. Questi sono i Paesi con i quali sono stato associato e io non li dimenticherò mai. Io dovevo rispettare le regole della guerra e la mia bandiera. Sono pronto".

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