18 regali, la recensione: conoscerete il cancro della nostra mediocrità

Autore: Elisa Giudici ,

Lancio una moneta, testa o croce. Parlo bene o parlo male di 18 regali, il nuovo film di Francesco Amato che di davvero travolgente ha solo la capacità di essere così quieto e composto da risultare quasi impercettibile? È come il lancio di una moneta: i piccoli difetti nella rotazione si trasformano in tenui pregi e viceversa, in un tutto confuso dalla rotazione e dalla caduta verso terra. Saranno solo il caso, la gravità e l'aerodinamica a stabilire se sia testa o croce, se sia un brutto film o no.

Basta cambiare un paio di formule grammaticali e un film così tenacemente dilatato sulla soglia della sufficienza si stiracchia o di qui o di lì da quel sospiratissimo sei che il cinema italiano fatica spesso a strappare. Un temperamento diverso dal mio, o magari solo qualcuno non provato dalle infinite e talvolta immotivate polemiche sul nuovo film di Checco Zalone (suo diretto avversario al botteghino) direbbe che manca il coraggio, l'audacia, anche solo l'ardire, forse persino il talento. 

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Se invece c'è qualcosa che io apprezzo è la capacità di intuire i propri limiti e agire di conseguenza. Guardando 18 regali io lo sento che Francesco Amato, regista di una fiction Rai di successo e qualità come Imma Tataranni, sa di non avere il potenziale necessario per trascinare un progetto così privo di verve e con così tanti limiti interni in una dimensione di freschezza e novità. Sa di aver per le mani una storia importante ma scelta per i motivi cinematograficamente meno interessanti possibili, sa che essendo una storia vera avrà ancor di più le mani legate. Sa che sotto sotto gli si chiede l'equivalente di una fiction Rai di stampo classico, di quelle sui santi e gli eroi clericali, borghesi e laici. Quindi è esattamente quello che realizza, tentando laddove possibile di metterci qualcosa in più. 

La condanna di una storia vera

18 regali porta al cinema la drammatica vicenda di una madre che vive la gravidanza con la terribile consapevolezza di non poter vedere crescere la propria figlia. Il film è stato scritto insieme al di lei marito, approvato dalla famiglia nelle sue parti fittizie, che tentano di far avvenire un incontro e un confronto nella realtà impossibile. È come girare un film su Freddie Mercury con i rimanenti Queen che ti alitano sul collo e con la major che vuole un film che parli di omosessualità, d'accordo, ma in maniera consona: è così che da una storia rock tiri fuori un Bohemian Rhapsody. Hai le mani legate. 

Qua e là Amato lo vedi anche scodare, fare segnali in codice allo spettatore. L'aspetto più frustrante del film è proprio come abbia a portata di mano una marea di tematiche e possibilità di diventare spiazzante e incisivo e non riesca (o non possa) sfuggire all'ortodossia tipica della pellicola su una persona che combatte con il cancro. Faccio un esempio: in apertura la protagonista Elisa viene descritta come una persona che vive in una routine piccolo borghese così standardizzata che siamo lì lì da una critica. C'è una ripresa dall'alto con queste casette tutte uguali con il loro bel giardino, lei che da brava aiuta i casi più disperati a trovare lavoro, sopporta di buon grado la mania calcistica del marito; è il ritratto della moglie perfetta. In potenza c'è tutto questo, c'è la possibilità di trasformare la malattia in un agente del cambiamento. In un certo senso lo è, ma nel ristabilire ancor di più l'ordine prestabilito.

Lucky Red
Vittoria Puccini è Elisa Girotto
Vittoria Puccini viene ancora una volta costretta a interpretare un ideale femminile

Il film si dimostra particolarmente pavido nel non dire quale sia il punto della storia, glissando sul momento cruciale della narrazione. Elisa è incinta, ha un cancro aggressivo che andrebbe curato subito e anche così le lascia pochissime possibilità di scamparla. Che fare? Il film lo pone come un non problema, dando implicitamente risposta sul perché sia stata scelta proprio questa storia. Un altro regista - forse uno che nemmeno abbiamo in Italia - avrebbe trasformato i 18 regali pianificati dalla madre nella mano lunga capitalista che supera la morte, passando di generazione in generazione come un tratto genetico, ma qui palesemente sto vaneggiando io.

La consapevolezza del limite

Eppure Amato appena può un pizzico di ribellione lo inserisce. Benedetta Porcaroli interpreta una neodiciottenne che per pura casualità non finisce a letto con un ex allievo del padre che potrebbe essere a sua volta un suo genitore. È ribelle, è scostante, è stronza. Laddove il film ha più mano libera, non si nasconde nemmeno troppo: il personaggio migliore è quello dell'amica un po' scollacciata di Elisa, interpretata dall'ottima Sara Lazzaro, aiutata anche dal fatto di essere l'unico personaggio non metaforico della situazione. 

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Amato i suoi limiti li ha. Per esempio quando tenta di girare scene simboliche, il risultato che in mano ad altri sarebbe stato potente qui diventa imbarazzante, vedi per esempio lo spezzone della vernice rossa che cola nella bianca o la scena premonitrice del tunnel. Non è Gaspar Noé, ma ne è estremamente consapevole, così come percepisce i limiti di un film che appioppa a Vittoria Puccini e Edoardo Leo dei ruoli ingessatissimi, condannandoli alla mediocrità. Si potrebbe dire che 18 regali è un film sul cancro di quelli che puntano alla lacrima facile, al pubblico che al cinema chiede le emozioni sì, ma propositive ed educate. D'altronde in questo filone anche in campo internazionale il trend è quello, con risultati appena migliori dovuti a grandi interpreti e scritture un po' meno bacchettone. 

Lucky Red
Benedetta Porcaroli è Anna
Benedetta Porcaroli interpreta Anna, il personaggio con cui il film tenta di sfuggire i suoi stessi limiti

18 regali è un film privo di ambizione, rispettoso fino alla noia, anche poco sincero rispetto al vero messaggio che vuole portare avanti. Fa esattamente quello che gli viene chiesto e a chi cerca proprio questo da un film in sala risulterà riuscito, gradevole, toccante. Per quanti invece sono curiosi di vedere in che direzione andrà il cinema italiano non c'è nulla da segnalare, perché non sposta di un millimetro la questione. Insomma, è strano a dirsi ma si è dimostrata molto più coraggiosa e irriverente la fiction Rai diretta da Amato rispetto al suo nuovo film. 

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18 regali è nelle sale italiane a partire dal 2 gennaio 2019

Commento

cpop.it

60

Non so se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto: se un film si pone dei traguardi ridottissimi come giudicare il lavoro di un regista e di un cast che fanno esattamente come viene loro chiesto?

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