6 Underground: la recensione del film Netflix con Ryan Reynolds

Autore: Emanuele Zambon ,

L'incipit è da spottone Red Bull: avvitamenti in un velivolo monoposto nel bel mezzo di una location a dir poco suggestiva. Poi lo schianto, con la voice over a svelare il racconto in flashback. I successivi 20 minuti regalano in sequenza: un'Alfa Romeo Giulia verde fluo che sfreccia per le stradine di Firenze, Bmw dai vetri oscurati ad inseguirla, ciclomotori spazzati via, raffiche di armi automatiche, gag in slow-motion con protagoniste volgari suore, cuccioli e neonati, teste decapitate, bulbi oculari maneggiati ad alta velocità, operazioni chirurgiche eseguite senza osservare uno straccio di protocollo igienico-sanitario. A dettare il ritmo, un montaggio da conati di vomito che alterna primi piani strettissimi, ralenti ed esplosioni in serie. E siamo solo alla prima missione.

6 Underground è l'ultima fatica del dinamitardo Michael Bay. Un blockbuster esagerato che quando si prende poco sul serio diverte parecchio, salvo inciampare in voragini narrative e cliché da film action anni '80. La pellicola, che annovera nel cast la star Ryan Reynolds (attorno a lui un team di attori in cui svettano Mélanie Laurent e Manuel Garcia-Rulfo), è soprattutto un giocattolone a metà strada tra la saga di Fast & Furious e i film di spionaggio che offre allo spettatore Netflix oltre due ore di pura evasione, tra vetture che piroettano, corpi trapassati e sequenze di parkour filmate in GoPro davvero sbalorditive.

A 6 Underground importa poco o nulla del realismo, meno ancora della coerenza. È una storia di uomini che fingono la propria morte per giocare a fare i giustizieri del mondo, senza indossare tute attillate o maschere. Sono costretti a chiamarsi tra loro per numero, questo il volere del capo, il N. 1 di Reynolds, un tizio che si atteggia a Bruce Wayne della situazione e che ogni tanto rigurgita il Deadpool che è in lui.

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Non uno straccio di spiegazione utile, solo brevi e didascalici flashback in cui scopriamo che il personaggio di Reynolds è un miliardario che ha fatto fortuna con le nano-tecnologie e che, in seguito all'essere stato testimone di una strage in un campo profughi, ha pensato bene di abbandonare compagna e figlio, fingere il proprio decesso e fondare un team di professionisti fantasma con l'obiettivo di perseguitare i vivi, specie se crudeli, meglio ancora se dittatori. Come base operativa per un manipolo di ufficialmente morti cosa se non un cimitero di aerei nel mezzo del deserto americano?

Il team di giustizieri vanta una spia della CIA (Mélanie Laurent), un killer prezzolato (Manuel Garcia-Rulfo), un ladro acrobatico (Ben Hardy), un medico troppo sexy per essere vero (Adria Arjona) e un autista in gamba che adora l'Italia (Dave Franco, come dargli torto). A loro si aggiungerà (AAA allerta cliché) un ex soldato divorato dai sensi di colpa, vale a dire Corey Hawkins.

Seguendo fedelmente il mantra di Michael Bay, le missioni del team si traducono sostanzialmente nel far esplodere tutto (all'occorrenza anche devastare 1/3 di storia dell'arte), cercando di giustificare le proprie azioni con il paravento della democrazia da ripristinare in uno stato che ha abbracciato controvoglia la dittatura e che, come nella più classica delle tragedie greche - si lega alle personalità di due fratelli in lotta (bravi sia Payman Maadi che Lior Raz).

6 Underground, la recensione del film

Netflix
Una scena di 6 Underground

6 Underground chiede uno sforzo iniziale agli spettatori: superare lo scoglio di una sceneggiatura ridicola (sul serio, come fa un gruppo di "fantasmi" a bypassare controlli del traffico aereo, verifiche fiscali e altro?) per abbandonarsi al piacere di un intrattenimento senza pause. Se si accetta tale compromesso, il film risulta davvero spassoso, condito da momenti emozionanti ad alta quota o a tutta velocità.

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La pellicola ruota attorno al concetto di famiglia (seppure sui generis) sulla scia di Fast & Furious e Mission: Impossible, da cui eredita anche tutta una serie di dinamiche narrative. La sensazione è che ci si trovi dinanzi ad un ibrido capace, in una sola volta, di prendersi gioco dei film di 007 (Il Negroni al posto del vodka Martini agitato non mescolato), evocare i Mercenari di Stallone, infilarci dentro Batman e Deadpool (Reynolds è un mix tra i due personaggi), guardando in modo autoreferenziale ai Transformers (l'Alfa Giulia verde fluo non è proprio il massimo della discrezione per chi intenda passare inosservato).

È tutto esageratamente kitsch in 6 Underground, in cui scopriamo un Michael Bay insolitamente interessato al gore e che delizia con un lungo inseguimento iniziale in quel di Firenze che ricorda da vicino sia Frankenheimer (Ronin) che Jason Bourne per piglio adrenalinico. Quando il film dà il meglio di sé è però nella complessa parentesi da heist movie a Hong Kong, capace di "rinfrescare" dopo qualche passaggio a vuoto teso a professare una retorica che non si addice alla tipologia di prodotto.

La sceneggiatura di Rhett Reese e Paul Wernick non brilla certo per originalità, ma la pellicola trae forza dalla perfezione tecnica del suo regista ricercata in inquadrature vorticose esaltate da un montaggio al cardiopalma. Bay sembra certificare il concetto - al diavolo l'autorialità, dentro gli effetti speciali - quando non si fa scrupoli nel demolire gli Uffizi e abbattere la statua del David di Michelangelo ("La qualità c'ha rotto er ca*%o", diceva qualcuno).

In definitiva, il blockbuster targato Netflix è un perfetto entertainment movie che abbina effetti visivi, attori cool e perfezione stilistica con un montaggio davvero esasperato. Meglio quando la macchina da presa si muove freneticamente che quando rallenta per costringere lo spettatore ad empatizzare con personaggi a dir poco bidimensionali.

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Commento

cpop.it

65

6 Underground è l'esasperazione del concetto di blockbuster, tra inseguimenti mozzafiato esaltati dal montaggio serrato ed esplosioni a raffica. Oltre due ore di pura evasione, parodia e Batman.

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