Ai confini della realtà: l'anniversario. 59 anni fa debuttava il pilot

Autore: Chiara Poli ,

Il titolo The Twilight Zone - letteralmente la zona del crepuscolo - fa riferimento a un termine aeronautico che indica quella fase dell’atterraggio in cui il pilota perde di vista la linea dell’orizzonte.

Rod Serling scelse questo titolo per il suo significato intrinseco: la perdita di un punto di riferimento

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C'è una quinta dimensione, oltre a quelle che l'uomo già conosce: è senza limiti come l'infinito, è senza tempo come l'eternità; è la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere; è la regione dell'immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà.

Arrivata in Italia (nel 1962, sulla Rai) con il titolo Ai confini della realtà, una delle più significative serie TV di tutti i tempi celebra oggi il suo cinquantanovesimo anniversario: l’episodio pilota debuttò sul piccolo schermo il 2 ottobre del 1959.

Prodotta per 5 stagioni, premiata con un Golden Globe e 2 Emmy Awards, vedeva lo stesso Rod Serling nel ruolo del narratore e vantava una parata di star per raccontare le storie più angoscianti, futuristiche, spaventose e affascinanti viste in TV fino a quel momento.

Il pubblico seguiva, rapito, storie che descrivevano realtà alternative, scenari apocalittici, presenze aliene e catastrofi di ogni genere.

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Costruita per precisa volontà del suo creatore come una serie antologica - cioè priva di personaggi fissi, con l’esclusione dello stesso Serling come narratore, o di un’ambientazione ricorrente - Ai confini della realtà mescolava coscienza e destino, sogno e incubo, realtà e futuri distopici.

Lo stesso punto di partenza, per ciascun personaggio, poteva rappresentare un’infinità di variabili: siamo noi gli artefici del nostro destino, o è il destino a determinare il corso delle nostre vite?

Serling spingeva i telespettatori a chiederselo insistentemente raccontando attraverso storie cariche di mistero, grottesco e orrore, le vite di personaggi costretti a muoversi sullo sfondo di situazioni prive di certezze o punti di riferimento. Immersi, insomma, nella zona del crepuscolo.

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Personaggi interpretati da star del calibro di William Shatner, Martin Landau, Jack Klugman, John Carradine, Roddy McDowell, Buster Keaton, Vera Miles... Tanto per citare i primi nomi che mi vengono in mente.

Il futuro creatore de Il pianeta delle scimmie aveva scelto una durata breve - di circa mezz’ora, pause pubblicitarie incluse - per mettere in mostra la natura umana sotto tutti i punti di vista possibili, con uno sguardo sarcastico e un atteggiamento immancabilmente pessimistico, teso a scuotere le coscienze degli spettatori.

Ed è per questo che, a quasi sessant’anni dal suo debutto, Ai confini della realtà resta incredibilmente attuale: il suo fascino è rimasto intatto, incurante dei cambiamenti nel ritmo della narrazione, negli effetti speciali e nella tecnologia, perché affronta un tema universale e sempreverde.

La paura di uomini e donne consci che, nella realtà così come ai suoi confini, il lieto fine non è necessariamente previsto…

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