Gianni Amelio e Pierfrancesco Favino su Hammamet: raccontiamo il Craxi uomo ed esule

Autore: Elisa Giudici ,

Non mancano nemmeno le polemiche e gli scambi di battute vivaci durante la conferenza stampa di presentazione di Hammamet. D'altronde il nuovo film di Gianni Amelio tocca un tema delicatissimo, un fuoco politico mai sopito: quello della figura di Bettino Craxi, leader del PSI e centro dello scandalo Mani pulite. 

A interpretarlo nel film è un Pierfrancesco Favino così mimetico da essere irriconoscibile, nel ruolo di un Presidente senza nome, molto più umano che politico. Una scelta precisa, forte, non esente da critiche e contraddizioni, che Amelio e Favino hanno voluto presentare in prima persona. 

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Come è nato il film?

Gianni Amelio - Ero a cena con i produttori di La Tenerezza. Agostino Saccà è da anni che vuole fare un film su Cavour, dà il tormento a chiunque lo stia a sentire. A un certo punto mi viene offerto questo film su Cavour incentrato sul rapporto con la figlia. Al che io gli rispondo “ma allora parliamo di Craxi e della figlia”, giusto per cambiare argomento. Loro invece mi hanno preso sul serio. Io l'avevo detto per liberarmi di Craxi! (ride)

PierFrancesco Favino - Anche con tutto il trucco prostetico del mondo, io la figlia di Cavour proprio non posso farla. (ride) 

Lei ha raccontato Craxi. È il primo a avvicinare una sorta di superstar anni '80 della politica italiana.

GA - Considero Craxi un politico su cui da decenni è calato un silenzio assordante. Secondo me si può criticare una leader, ma si deve parlare innanzitutto e evitare di farlo in modo fazioso. Inoltre Hammamet non è un film sul Craxi capo di governo, è un titolo sulla sua lenta agonia umana. Una lunga agonia di un uomo senza più potere che va verso la morte. Il passato ovviamente ritorna qua e là. Ad Hammamet lui continua a coltivare la sua rabbia, i suoi rancori, amplificando la sua autodistruzione.

Claudio Iannone/01 Distribution
Craxi vestito da tunisino
Hammamet racconta l'agonia umana di Craxi

Sembra quasi muovere una critica a come si è comportata l'Italia nei suoi confronti. Interpreto male?

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GA - Nel film viene riportato un aneddoto noto: i chirurghi dell'ospedale San Raffaele erano volati in Tunisia per operarlo ma, vedendo i vecchi e malfunzionanti macchinari tunisini, hanno avuto orrore e sono rimpatriati subito. Chissà, se si fosse operato in Italia, cosa sarebbe successo. Hammamet pone questa domanda. 

Insomma, è un film fatto più col cuore che con il cervello?

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GA - Una volta Charlie Chaplin disse: il cuore, il cervello…che enigma. Penso che questo sia un film fatto col cuore, ma senza dimenticare il cervello.

Lei come definirebbe una così controversa come quella di Craxi?

GA - Non fu né un latitante né un esule. Forse è un contumace. Il processo sarebbe stato inutile in Tunisia, dato che il paese non ammette l’estradizione. Ci si aspettava che lui andasse a presentarsi davanti ai giudici, cosa che gli consiglia il navigatissimo democristiano nel film. Hammamet non dà delle risposte perché non deve, è un film che fa domande, l’unica cosa che da regista sono obbligato a fare.

PF - Il Presidente lo vediamo mentre va in crisi interiore sulla sua presunzione d’innocenza, anche se ha sempre voluto venire giudicato dal Parlamento e non dalla giustizia.

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Parlando dell'anonimo personaggio della DC che citava. Mentre si prepara a lasciare Hammamet si trova a rispondere alla domanda di Craxi, che chiede se poi alla fine Dio ci sarà. Il democristiano risponde che lui sarà l’ultimo a saperlo. Voleva criticare la fede di facciata di una certa politica italiana? 

GA - Solo una persona che va a messa tutti i giorni si chiede se andrà in Paradiso, mentre un democristiano ultra navigato sa di non conoscere la risposta, anzi, la sente come una domanda intima.

Ci dica di Favino e della sua impressionante prova.

GA - Che Dio benedica Favino, senza di lui non l’avrei mai fatto. Sfido chiunque a trovare un altro attore - in Italia o all'estero - che potesse fare il mio Presidente così bene. Insieme abbiamo combattuto il trucco, perché è una trappola se non alimentato dall’interno.

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PF - Spesso però è il trucco che ti permette di entrare nel personaggio. E’ la chiave attraverso cui ci si può scordare degli artifizi. Ci abbiamo lavorato per mesi, è un processo difficile e dispendioso. 5 ore e mezza quotidiane di sessione per diventare il personaggio, ancor prima di cominciare a recitare. A un certo punto ho deciso che "il momento delle sopracciglia" (quando mi applicavano e disegnavano le sopracciglia nere e molto arcuate) era il momento che, come nel teatro No, “si attraversa il ponte e si perde contatto con sé”.

GA -  Mi ricordi Orson Wells. Lui si faceva sempre ritoccare il naso dal trucco, anche se non c’era bisogno per il personaggio che interpretava, perché gli serviva per staccarsi da sé.

Claudio Iannone/01 Distribution
Primo piano di Craxi
Quello di Gianni Amelio è un Craxi più umano che mai, non esente da contraddizioni

In un film su Craxi il protagonista non viene mai chiamato per nome, così come gli altri protagonisti. Alcuni nomi, come quello della figlia Stefania, vengono cambiati. Ci spieghi il perché di questa scelta. 

GA - I nomi non ci sono perché mi pare che si conoscano sin troppo bene, che siano ovvi. Il personaggio della DC non è nemmeno una persona specifica, è un insieme di 3, 4 personaggi storici. La mia non è la cronaca, ho sollevato lo sguardo poco poco più in alto. 

Penso di avere un diritto di chiamare un personaggio come mi pare. Stefania diventa Anita come la compagna di Garibaldi, una figura che Craxi venerava. Mi è sembrato di dare al personaggio qualcosa di più del suo semplice nome di battesimo.

Per farlo ha incontrato la famiglia Craxi?

GA - Sì, ho conosciuto la vedova Craxi. Per citare la Magnani, "fine io, fine lei, ci siamo intesi subito". Essendo una strepitosa cinefila, abbiamo parlato tantissimo non di politica ma di cinema. Ho parlato anche con Stefania, che vorrebbe che il nome di suo padre non venga bruciato e sepolto. Il figlio Bobo lo conosco meno, ma attraverso le sue interviste e i suoi libri è quello di famiglia che comprendo di più.

Per interpretare Craxi come ti sei preparato?

PF - Conoscevo Craxi politico, ma non come uomo, nel suo privato. Ho cercato di comprendere il suo punto di vista. Non ho talento come politico o magistrato, quindi ho provato a capirlo dall’unico campo in cui ho competenza: quello recitativo. Ho ricercato più materiale video possibile, concentrandomi sull’ultima fase della sua vita, per intercettare il tono e il respiro giusto, le ripercussioni dell’appesantimento fisico. Il suo livello di leadership precedente è dato un po’ per scontato, ho cercato di non sottovalutarlo. Questi politici avevano una grande capacità di conquistare il potere e poi mantenerlo, a livelli oggi impensabili.

Cosa l'ha colpita di più del ruolo?

PF - Una delle cose che ho amato più del film è il rapporto tra padre figlio. Noi abbiamo toccato con mano la fine di una generazione di uomini, di maschi che avevano un rapporto complesso con la propria intimità. Gli era stato insegnato che mostrarla con i figli era una debolezza.  Questa leadership famigliare però ti lascia ancora più da solo. Lui si sentiva padre anche dell’Italia e quindi questa paternità gli sia stata molto dolorosa.

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Che ricordi ha di Craxi politico? 

Quella generazione era quella del noi, anche se fittizio: oggi è stata sostituita dalla politica dell’io. Me la ricordo la puzza di quella politica che imperniava ogni ideale, quella voglia a 18 anni di essere parti di quel noi, con i piccoli gruppi politici. Quello sprone è scomparso, a vantaggio di un disinteresse diffuso. Ho deciso di parlare della mia opinione sul mondo attraverso il mio mestiere, quello che faccio: il resto di quello che dico è chiacchiera da bar, non la preparazione di poter dire di più.

Una nota testata ha descritto il film come contrario a Mani pulite.

GA - Non è mai un film contro Mani Pulite, in nessuna sua immagine. Tanto che quando parla il vero Craxi il formato dell'immagine è 4:3, è come se virgolettassi le sue parole rispetto al resto in 16:9. Mi sembra di aver raccontato l’agonia di Craxi in tutte le sue contraddizioni. Io rappresento, io racconto il personaggio, ma non sono lui.    

Hammamet esce in 430 copie oggi 9 gennaio 2020 nei cinema italiani.

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