Don Camillo, tutto sull'iconico parroco di Brescello nato dalla penna di Guareschi

Autore: Emanuele Zambon ,

Rossi e neri, rivali in un dualismo politico che visto oggi non può che far - proprio come allora - sorridere: protagonisti delle esilaranti scaramucce ideate da Giovannino Guareschi nel dopoguerra sono l'impulsivo parroco Don Camillo e il suo acerrimo rivale (amico) Giuseppe Bottazzi, per tutti Peppone, capo della sezione locale del Partito Comunista Italiano.

Dai racconti - quelli del Mondo Piccolo pubblicati tra il '46 e il '47 sulla celebre rivista Il Candido - al cinema, il passo è breve. I duellanti di un piccolo borgo rurale della bassa padana (che al cinema verrà universalmente riconosciuto in Brescello) assumeranno a partire dal 1952 le fattezze di Fernandel - l'arciprete impulsivo inviso ai "rossi" - e Gino Cervi, fervente sostenitore della politica sovietica.

Rivali sì, nemici mai

Il primo film diretto da Julien Duvivier darà vita ad una fortunata saga tutta giocata su contrasti politici, rivendicazioni, dispetti e "scherzi da prete". Si ride di gusto nei film di Don Camillo, affezionandosi a personaggi che sono poli opposti solo all'apparenza, in realtà leali l'uno con l'altro perché legati da una profonda amicizia che faticano a esternare per via dei ruoli pubblici che rivestono. La stima che nutrono l'uno per l'altro li condurrà però a riconciliarsi nei momenti del bisogno o del pericolo, dando vita a tregue temporanee figlie di una visione romantica della vita, oggi perduta per sempre in nome di un cinismo che spopola sui social e nella vita quotidiana.

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L'arciprete di Ponteratto - i racconti di Guareschi, diversamente dal cinema, erano ambientati in un comune immaginario del Nord d'Italia - è un uomo di fede che non porge mai l'altra guancia (può usufruire di un pugno "diretto al mento capace di abbattere un bue, ammesso che un bue abbia un mento"). Energico, rancoroso, incarna la tempra di una generazione cresciuta all'ombra delle due guerre mondiali. 

Dall'altra parte della barricata, quella della "casa del popolo", staziona un non meno vulcanico antagonista: Peppone, baffuto comunista che tra il serio e il faceto cerca di perseguire gli ideali staliniani.

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I loro antagonismi richiamano alla memoria quelli di un'altra celebre coppia del cinema che di lì a qualche anno irromperà sulla scena italiana e mondiale: il duo Bud Spencer e Terence Hill (non a caso quest'ultimo sarà protagonista nel 1983 nel remake Don Camillo diretto da lui stesso).

Gino Cervi e Fernandel in una scena del film

Il celebre parroco di Guareschi è liberamente ispirato allo storico prete cattolico don Camillo Valota, partigiano della seconda guerra mondiale e in seguito detenuto nei campi di concentramento di Dachau e Mauthausen. Inoltre è modellato sulle figure di don Ottorino Davighi, parroco di Polesine Parmense - conosciuto personalmente da Guareschi - e di don Giovanni Bernini, parroco di Mezzano Inferiore.

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Sia nei racconti che sul grande schermo, la trovata umoristica più azzeccata consiste, oltre che nel farlo dialogare con un Gesù crocifisso, nel tratteggiarlo come uno che spesso ricorre alla forza fisica per risolvere questioni (ne sanno qualcosa i comunisti caduti nell'errore di sbeffeggiarlo pubblicamente mentre è in bici per il centro del paesello). Al cinema la scelta di Fernandel non entusiasmò inizialmente i fan di Guareschi: diversamente dal Don Camillo letterario, il celebre attore francese non aveva una stazza impressionante.

L'escamotage utilizzato dalla produzione si risolse in alcune inquadrature studiate ad hoc dal regista Duvivier e nella scelta di farlo doppiare non dal solito Lauro Gazzolo bensì da Carlo Romano, storica voce di Jerry Lewis. Romano, celebre per aver prestato la voce anche a numerosi personaggi Disney e ad un numero esorbitante di attori (tra cui l'Eli Wallach degli spaghetti western), fu in grado di far recuperare col doppiaggio i centimetri mancanti a Fernandel.

Dopo cinque film girati nell'arco di 14 anni, l'attore francese prenderà parte nel '70 anche a Don Camillo e i giovani d'oggi, non riuscendo però a portare a termine le riprese per via di un tumore che lo condurrà in breve tempo alla morte. Il film, incompiuto, verrà poi rigirato con protagonisti completamente nuovi: Gastone Moschin e Lionel Stander.

Don Camillo, parroco "fenomeno"

L'atmosfera bonaria, l'umorismo mai greve e le battute al fulmicotone (Peppone: "Vada pure reverendo, ci rivedremo a Filippo!"; e Don Camillo: ""A Filippi, signor sindaco! Non confondiamo la storia con la geografia!") hanno conquistato negli anni svariate generazioni, raggiunte dai numerosi passaggi televisivi dei diversi capitoli della saga.

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All'estero - soprattutto Brasile e Inghilterra - il personaggio è stato sviluppato persino attraverso telenovela e serie TV. Il film con Gastone Moschin e il remake con Terence Hill, tuttavia, non hanno mai eguagliato il successo del duo Fernandel/Cervi.

Dal 1989 il comune di Brescello, dove furono girate molte delle scene, ospita il Museo Peppone e Don Camillo. Nella piazza principale del paese si stagliano due statue bronzee dei protagonisti, immortalati nell'atto di salutarsi. Le sculture sono opera dell'artista Andrea Zangani, realizzate nel 2001 in occasione del 50esimo anniversario del primo film.

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