Earth Day 2019: 6 documentari da vedere per salvare il pianeta

Autore: Chiara Poli ,

Dieci anni dopo il documentario con cui aveva lanciato un allarme al mondo - rimasto pressoché inascoltato nonostante un Premio Oscar - Al Gore torna a battersi per il pianeta con Una scomoda verità 2.

Il negazionismo folle ed estremo continua a schierarsi contro l’uomo premiato con il Nobel per la Pace nel 2007.

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In Italia abbiamo la fortuna di non vivere la stessa situazione ma, vedendo tutti i documentari sul riscaldamento globale e i cambiamenti climatici made in USA che ho visto io, lo stato delle cose è inequivocabile: i cittadini vengono bersagliati ogni giorno da discorsi deliranti che negano i cambiamenti climatici, o che li attribuiscono a fattori assolutamente slegati dalle azioni dell’uomo. Su tutti i principali network nazionali.

Dal 2007, nonostante le prove incontrovertibili portate da Al Gore, non si è fatto quasi nulla. Certamente, non abbastanza. Anzi: si è avviato il processo di costruzione della teoria negazionista, avvalorandola esclusivamente per questioni economiche.

Plastic Oceans International 2019
A Plastic Ocean: una drammatica immagine dal documentario
A Plastic Ocean: una drammatica immagine dal documentario

Per celebrare l’Earth Day, la giornata mondiale della Terra proclamata per il 22 aprile, ecco uno speciale alla scoperta dei documentari essenziali sul tema del riscaldamento globale.

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In India le strade si sciolgono per i nuovi record di caldo raggiunti, in Pakistan il caldo ha ucciso oltre 200mila persone, e ovunque causa l'alterazione dell’equilibrio fra microbi ed esseri umani. Il virus Zika, per esempio, viene rafforzato, reso più rapido e diffuso maggiormente dal riscaldamento globale.

L’alluvione a Ground Zero, gli eventi climatici eccezionali e distruttivi dalla Spagna al Cile, dalla Louisiana al Vietnam, dalla Cina alla Thailandia: fra alluvioni e siccità, incendi e uragani, si è dovuto coniare il termine di rifugiati climatici.

In un’ora il Sole produce più energia di quanta l’intera economia globale ne consumi in un anno. La diffusione dell’energia solare è una delle vie da intraprendere, sebbene Gore trascuri puntualmente nelle sue conferenze un altro aspetto fondamentale della questione. Così fondamentale da essere ancora più impattante delle emissioni dei veicoli: le abitudini alimentari.

Presenti invece nei 6 documentari-must per essere informati sul riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Quasi tutti disponibili gratuitamente sul web, o sulle piattaforme on demand.

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  • 6. Terra
  • 5. Punto di non ritorno - Before The Flood
  • 4. Chasing Ice
  • 3. Home - La nostra Terra
  • 2. A Plastic Ocean
  • 1. Cowspiracy

6. Terra

Invasione di territorio. Cattura. Sfruttamento. Prigionia. Estinzione. La “civilizzazione”, la nostra “opera” per il progresso, ha fatto questo a tutte le specie animali.

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Terra, documentario francese del 2015 narrato in lingua originale da Vanessa Paradis, ce lo racconta, ci dice come in soli diecimila anni abbiamo cambiato il mondo intero. Dopo quattro miliardi di anni di evoluzione, siamo arrivati noi. La storia è sempre la stessa… Perché è l’unica che possiamo raccontare: la storia vera.

Con il progresso della civiltà la natura è arretrata, la sua presenza è appena tollerata.

Ci sono dati ulteriori, integrativi rispetto a quelli forniti da alcuni degli altri documentari presenti in questa selezione. Soprattutto, però, ci sono immagini diverse. Spettacolari, coinvolgenti, ma anche terrificanti. Ci ricordano le origini della vita, la magnificenza del nostro pianeta e dell’evoluzione e poi l’esplosione della vita… Ridimensionata, in tempi brevissimi, dalla nostra arroganza.

Il tutto raccontato dal punto di vista dell’evoluzione, come un documentario sulla natura che ci racconta le particolarità di ogni specie fino ad arrivare a quella più temibile e distruttiva, l’essere umano.

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Ciò che la foresta c’insegna è che in fin dei conti la cooperazione fra le diverse specie è fondamentale per la vita.

Dopo le prime cooperazioni dell’uomo con il lupo grigio, per la caccia, la situazione si è evoluta - o meglio involuta - in un assoggettamento sempre più crudele da parte dell’uomo nei confronti di tutti gli altri animali. Nel momento in cui si arriva a mostrare il processo di automazione degli allevamenti intensivi, con tutta la loro crudeltà e i loro orrori, francamente ho fatto fatica a continuare a guardare. E anche madre Terra, narratrice della propria storia, nel raccontarci come ogni anno l’uomo faccia a pezzi 60 miliardi di vite, ha avuto difficoltà. Si tratta d’immagini intollerabili, che non vogliono scioccare ma solo mostrare la realtà dei fatti.

Perciò, Terra fa parte dei documentari che vanno assolutamente visti, per guardare cos’abbiamo fatto e cosa stiamo facendo al mondo, a questa povera nostra Terra e ai suoi abitanti. Distruggendo l’ambiente per un solo, unico e antico scopo: il profitto.

5. Punto di non ritorno - Before the Flood

Ambasciatore di pace delle Nazioni Unite contro i cambiamenti climatici: Leonardo DiCaprio ha realizzato insieme al regista Fisher Stevens e allo sceneggiatore Mark Monroe il film Before the Flood per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.

Girato durante le riprese di Revenant - che gli avrebbe finalmente regalato il suo primo Oscar - Before the Flood - distribuito da National Geographic - racconta, mostrandola in modo inequivocabile, la deforestazione, la desertificazione, lo sfruttamento delle risorse naturali per trasformarle in combustibili.

Estrazione e raffinazione del petrolio, tecniche di produzione alimentare e di carburante di ogni genere: ogni modo in cui l’uomo sfrutta le risorse del pianeta - naturali o animali - causa danni irreversibili. Raccontando il suo avvicinamento alle tematiche ambientali, dal primo incontro con Al Gore molti anni fa, ai viaggi nel mondo per documentarsi, Leonardo DiCaprio ci racconta lo scioglimento dei ghiacciai, con il cambiamento delle correnti e dei cicli climatici responsabili dei danni ambientali più gravi mai visti nella storia dell’uomo. Centinaia di chilometri cubi di ghiaccio sciolti e riversati in mare solo negli ultimi 5 anni (al momento della realizzazione di Before the Flood: oggi sono molti di più).

I politici USA negano, mentre scienziati e climatologi si battono contro la disinformazione, e in cambio vengono screditati e arrivano addirittura a subire minacce di morte, per evitare che il pubblico creda agli studi sui cambiamenti climatici. Sono state create delle società falsamente “certificatrici” di protezione dell’ambiente finanziate dalle grande corporazioni. Il tutto per continuare a sostenere l’illusione che non stia cambiando nulla.

L’olio di palma ha portato alla distruzione di oltre l’80% delle foreste di tutta l’Indonesia, anche attraverso incendi causati da corruzione e malaffare. Molte specie animali sono sull’orlo dell’estinzione.

L’unico modo per fermare tutto questo è smettere di acquistare prodotti contenenti olio di palma e cambiare subito alimentazione, per fermare il metano prodotto dai bovini, potentissimo gas serra, e soprattutto la deforestazione causata dalle coltivazioni che servono per produrre mangimi per gli animali d’allevamento.

In Danimarca il 100% dell’energia per il fabbisogno energetico del Paese proviene da energie rinnovabili. La Svezia sarà la prima nazione al mondo a non usare più combustibili fossili, a dimostrazione di come sia possibile fare qualcosa. Perché, va ricordato sempre, i cambiamenti climatici non comportano solamente l’innalzamento delle temperature con le relative conseguenze, ma anche lo spostamento e la modifica delle precipitazioni. Portando ad alluvioni, da una parte, e a una gravissime siccità, dall’altra.

4. Chasing Ice

Alluvioni, incendi, cicloni. Miliardi di dollari di danni, solo in alcune zone degli Stati Uniti. E disastri ovunque, dalla Russia al Nepal. Diretto nel 2012 dal regista Jeff Orlowski (Dark Universe) per volere del fotografo James Balog, Chasing Ice - prodotto da National Geographic e candidato agli Oscar come miglior documentario - racconta la storia di come una specializzazione in geomorfologia si sia trasformata in una missione: fotografare le specie animali a rischio estinzione al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica.

I più illustri esponenti del mondo della fotografia e dell’osservazione di ambienti e animali riconoscevano già da tempo l’incredibile talento di Balog, ma non fu la copertina di National Geographic a cambiare la vita di James. Fu la passione per il ghiaccio e la volontà di raccontare al mondo intero il dramma della sua scomparsa.

A partire dal ghiacciaio islandese che gli apparve come un uomo anziano e malato, morente, mentre si ritirava anno dopo anno, James Balog si è trovato di fronte a una realtà sconvolgente. Ha visto con i propri occhi, attraverso le proprie fotografie, un mutamento epocale.

Così ha realizzato diverse postazioni fotografiche che ha ripreso 6 mesi dopo: il cambiamento era stato così drastico da non riuscire più nemmeno a trovare le proprie tracce. Fu allora che James Balog capì davvero la portata della sua scoperta: solo mostrare ciò che aveva visto in prima persona al resto del mondo avrebbe potuto fare la differenza.

Dal 2007, con il progetto EIS (Extreme Ice Survey) ha iniziato a monitorare la situazione in Islanda, Groenlandia, Alaska e Montana. Il calving, il fenomeno che trasforma pezzi di ghiacciai in enormi iceberg che fluttuano nell’oceano, riversandovi grandi quantità d’acqua, restituisce il senso di fragilità dei massicci, potenti ghiacciai che si stanno sbriciolando giorno dopo giorno. Assistervi e riprendere il calving è una grande emozione, ma anche l’inequivocabile segnale di come il clima sia destinato a disastrosi cambiamenti.

Studiando il ghiaccio, la sua storia e il trascorrere del tempo gli scienziati hanno valutato che l’intervento dell’uomo sull’atmosfera, con la produzione di anidride carbonica, ha accelerato di centinaia di volte i cambianti naturali dei ghiacciai.

L’aria che respiriamo sta cambiando. Stanno cambiando la sua chimica e la sua fisica, influenzando tutto: agricoltura, animali, piante. E ogni attività umana. Stiamo perdendo sempre più specie, entro un paio di secoli potremmo perdere fino a tre quarti delle specie che popolano il pianeta. Assisteremo a un evento di estinzione globale. Le stagioni degli incendi sono sempre più lunghe e più difficili da affrontare. Il nostro ambiente sta subendo cambiamenti fuori dall’ordinario, mettendo a serio rischio la nostra stessa sopravvivenza.

3. Home - La nostra Terra

Ascoltami, per favore

Inizia così il documentario di National Geographic fa appello alla nostra coscienza, ma soprattutto alla necessità di capire che il riscaldamento globale è una minaccia per tutti noi.

In soli 200mila anni, l’uomo è riuscito a devastare un mondo che era sopravvissuto per milioni di anni.

Il miracolo della vita - così lo definisce la narratrice Glenn Close nella versione originale - è legato, come ci viene insegnato fin da piccoli, all’acqua. La Terra è strutturata in modo che l’acqua venga mantenuta alla giusta temperatura… salvo cambiamenti determinati dal riscaldamento globale. Causato indiscutibilmente, e con evidenze scientifiche, dalle azioni dell’uomo.

Dalla prima scintilla che diede origine alla vita, Home ricostruisce la storia della vita umana e del pianeta che la ospita. Acqua e aria sono inseparabili, unite per la vita e per la nostra vita sulla Terra: Home non è un titolo casuale. Tutto è interconnesso, e tutto riconduce a ciò che abbiamo di più caro, la nostra casa.

In un perfetto processo di adattamento evolutivo, il mondo si adeguava alle necessità naturali di chi lo popolava, ma noi abbiamo fatto esattamente il contrario: abbiamo iniziato ad adattare il mondo alle nostre esigenze. Nessuna specie è inutile o dannosa: tutte contribuiscono all’equilibrio… ed è allora che noi, homo sapiens, entriamo in scena. E tutto cambia: dopo 4 miliardi di anni di vita equilibrata, in 200mila anni abbiamo trasformato la faccia del mondo. Abbiamo preso possesso di ogni habitat e conquistato territori che nessun’altra specie si era mai sognata di conquistare.

La cosa che colpisce maggiormente, nell’ora e mezza di Home, è come la sola esistenza dell’uomo, al giorno d’oggi, comprometta il futuro della Terra. E come sia così da molto, molto tempo.

La storia dell’umanità è accompagnata da immagini ricche di fascino, ma anche terrificanti: le infinite distese di automobili, la desertificazione, l’impatto delle nostre comodità su un mondo che non è più in grado di supportarle. Dagli animali che abbiamo cancellato a quelli che oggi sfruttiamo, dalle piante che ci hanno curati - e continuano a farlo - a quelle che abbiamo fatto sparire, riducendo del 20% la più grande foresta pluviale del mondo in meno di 40 anni.

Abbiamo trasformato una foresta in carne, con enormi coltivazioni di soia che per il 95% servono a nutrire le mandrie degli allevamenti. Di animali che poi finiscono sui nostri piatti.

Dall’alimentazione all’industria, dal riscaldamento all’inquinamento: tutto ciò che abbiamo creato sta distruggendo ciò che la natura aveva creato. Questo non può non far riflettere, e Home contiene elementi derivati da studi scientifici inoppugnabili, che sottolineano anche come la grave disparità fra i cosiddetti Paesi ricchi e quelli poveri sia derivata da scelte esclusivamente nostre. Tutto ciò che Home ci mostra è il riflesso del comportamento umano. Eppure, continuiamo a chiedere alla Terra di supportarci. Di nutrirci, di riscaldarci, di mantenerci.

Non possiamo più farlo: il 20% della popolazione mondiale sfrutta l’80% delle risorse.

I dati sono sconvolgenti, impietosi. Un miliardo di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Mentre noi la buttiamo via, e mentre produrre un chilo di carne ci costa migliaia di litri di acqua.

Un miliardo di persone muore di fame, quando oltre il 50% dei cereali commercializzati nel mondo serve a sfamare gli animali da allevamento: con ciò che usiamo per nutrirli, risolveremmo il problema della fame nel mondo

2. A Plastic Ocean

A Plastic Ocean nasce nel 2011, quando il giornalista Craig Leeson inizia la realizzazione di un documentario sulla balenottera azzurra.

Emozionato per gli avvistamenti delle balene e dei delfini durante le prime riprese, affascinato da queste maestose creature, presto Craig si trova di fronte a uno spettacolo inaspettato: un’invasione di rifiuti di plastica che galleggiano nelle acque in cui stanno filmando le balene. Provengono da un fiume, e vengono rinvenuti in un’area che era considerata relativamente incontaminata. Doug Allan, uno degli operatori, rimane scioccato dai detriti, dai residui di petrolio e dai resti delle reti da pesca che rinviene durante le riprese. La definisce una delle più spiacevoli immersioni della sua carriera.

Ed è così che un documentario sulle balenottere azzurre si trasforma in A Plastic Ocean.

Tanya Streeter, subacquea apnea molto esperta e prima donna a battere un record mondiale di profondità prima maschile, ha imparato che negli ultimi 10 anni abbiamo prodotto più plastica che nell’intero secolo scorso.

Le immagini che seguono sono impressionanti. Durante il corso del documentario vedremo decine di animali uccisi, mutilati o gravemente feriti dai nostri scarti, dai rifiuti con cui contaminiamo il loro ambiente. Li vedremo morire in diretta, senza che nessuno possa fare nulla per aiutarli.

Ciascuna persona in un anno getta via oltre 136 chili di plastica monouso. L’industria petrolifera lavora a pieno ritmo per la produzione di plastica, molto più che per qualsiasi altro fabbisogno.

Nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nell’oceano - ammesso che dei pesci rimangano. Senza contare tutta quella che finirà riversata sulla terra. La popolazione mondiale avrà raggiunto i 10 miliardi e la produzione della plastica triplicherà.

A Plastic Ocean è uno spettacolo duro, impietoso, sconvolgente. Se non vi viene voglia di smettere di utilizzare plastica usa e getta dopo averlo visto, non avete speranza di riuscirci in altro modo.

Oltre l’80% della plastica presente negli oceani proviene dalla terra. Dai nostri rifiuti, anche se non viviamo vicino al mare. Il Mar Mediterraneo è uno dei bacini idrici più inquinati al mondo. E non è solo la superficie a impressionare: i fondali sono ricoperti di rifiuti di plastica, gomma e altri materiali.

Ma per la maggior parte, è la plastica a soffocare i mari, a uccidere le creature che vi vivono, e a inquinare.

La microplastica è superiore rispetto al plancton, e diventa il nutrimento degli animali. Inevitabilmente finisce anche sulle tavole, nei muscoli e nel grasso dei pesci.

Sì: mangiamo plastica. E ce ne derivano moltissime malattie, come i disturbi dell’apparato endocrino e la sterilità. L’Università di Siena - il nostro Mar Mediterraneo è fra i più inquinati - ci spiega in che modo le tossine della plastica ingerita dai pesci vengono assimilate dal sangue, ma anche dagli organi e da tutte le altre parti che consumiamo come cibo. Discariche enormi a cielo aperto che inquinano le coltivazioni, falde acquifere inquinate che finiscono in ciò che mangiamo, per non parlare dei detriti ingeriti dagli animali.

Ed è a questo punto che arriva la parte più sconvolgente di questo scioccante documentario: lo sapevamo. Da decenni si sapeva che sarebbe finita così. Non solo nessuno ha fatto nulla per fermare il fenomeno: ne abbiamo aumentato esponenzialmente il ritmo. Anno dopo anno.

Guardate A Plastic Ocean. Più di una volta. Guardate. Ascoltate. Riflettete. E poi, fate tutto ciò che è in vostro potere - tutto - per fermare questo suicidio di massa. 

1. Cowspiracy

Questo è un altro di quei casi in cui vedere, leggere o ascoltare qualcosa ti cambia la vita.

Perché il punto di partenza di Cowspiracy - realizzato nel 2014 e uscito in Italia nell’ottobre del 2015 - non è l’industria della carne come una delle principali fonti d’inquinamento responsabili del cambiamento climatico: quello è solo il punto d’arrivo.

Il punto di partenza sono le cosiddette organizzazioni ambientaliste, le “grandi” che, per un motivo o per l’altro, non si sono mai occupate della questione.

Una scomoda verità e il suo sequel parlano esclusivamente di combustibili fossili e altri fattori: l’allevamento degli animali non viene mai menzionato. La stessa cosa, hanno scoperto Kip Andersen e Keegan Kuhn, i due co-autori di Cowspiracy, accade per alcune fra le principali e più famose organizzazioni per la salvaguardia del pianeta: perché? La domanda principale attorno alla quale ruota Cowspiracy è questa.

Secondo gli autori, anche la difficoltà nel trovare un finanziamento per ultimare il loro documentario era legata alle implicazioni scomode sull’industria alimentare, che è di fatto il più grande business del pianeta. Più grande di qualsiasi altro business. Per non parlare degli altri infiniti ostacoli incontrati da Cowspiracy sulla sua strada.

Il provvidenziale intervento di Leonardo DiCaprio, che ha permesso l’ultimazione del film, ci porta alla scoperta del modo in cui tutti, perfino chi dovrebbe occuparsi di deforestazione, spreco delle risorse idriche e cambiamenti climatici, evitino di trattare il problema della sostenibilità del consumo di derivati animali.

Cowspiracy è da vedere e rivedere, da studiare e da seguire (sui profili social) per restare  costantemente aggiornati.

Perché racconta una verità davvero scomoda e, a differenza di altre, completa.

Una verità che, insieme a quelle di tutti gli altri documentari qui sopra, potrebbe salvarci la vita.

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