La Fase 4 dell'MCU: 5 cose da ricordare, 5 da dimenticare

Autore: Max Borg ,

Il 15 febbraio - come da calendario delle uscite Marvel 2023 - comincerà ufficialmente, con l’uscita di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, la Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU): un progetto multimediale che si fa sempre più ambizioso.

Prima di arrivare, però, al film con Paul Rudd protagonista e all’introduzione ufficiale di Kang il Conquistatore, villain principale della Multiverse Saga, è giusto ritornare indietro e tirare le somme della Fase 4, che è forse la più complicata che i Marvel Studios abbiano dovuto gestire e non solo per via del Covid, che ha colpito proprio mentre il primo film della Fase doveva uscire al cinema.

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Ecco, quindi, cinque cose da ricordare degli ultimi due anni targati MCU, e cinque da dimenticare di questa complessa Fase 4.

5 cosa da ricordare della Fase 4

1. La varietà 

Disney
Wanda nella puntata di Halloween di WandaVision

Dopo una Fase 3 molto unitaria, per la necessità di chiudere la Infinity Saga (al netto di singoli film meno legati a quella storyline, Black Panther in primis), la Fase 4 è stata una sorta di riproposizione dei primi anni dell’MCU, meno interessati alla trama orizzontale e più all’espansione dell’universo narrativo con l’introduzione di personaggi che mai ci saremmo aspettati di vedere insieme. Complice il fattore Disney+, la Fase 4 ha fatto questo tramite viaggi multiversali, sitcom, storie in ottica teen e molto altro, con una miscela efficace di volti noti e nuove promesse a partire dalle quali costruire il futuro del franchise. C’è chi si è lamentato dell’apparente assenza di un piano capace di legare questi progetti, ma dopo i sei anni passati a porre le basi per l’arrivo di Thanos un approccio più libero e – sulla carta – autoconclusivo è stato una bella boccata d’aria fresca. 

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2. L’espansione seriale 

Marvel Studios/Disney
Loki e Mobius nel primo episodio della serie con Tom Hiddleston
Loki guarda il mondo al di fuori della sede della TVA

Al netto dell’esito dei singoli progetti, la decisione di sfruttare la piattaforma streaming della Disney per raccontare storie Marvel è stata piuttosto felice, dando al reparto cinematografico la possibilità di avere quella sinergia tra grande e piccolo schermo che in teoria esisteva già negli anni precedenti ma era un po’ a senso unico soprattutto per motivi logistici (ma anche per il cattivo sangue tra Kevin Feige, responsabile dei Marvel Studios, e il suo ex-superiore Isaac Perlmutter, che aveva voce in capitolo per le attività di Marvel Television). E se non sempre si è notata una particolare ambizione, aspetto su cui torneremo altrove in questo articolo, la decisione di iniziare con WandaVision (qui tutto quello che sappiamo sullo spin-off Agatha: Coven of Chaos) ha comunque sottolineato una certa volontà di fare uso di elementi che la serialità poteva fornire laddove il cinema non era in grado di farlo. 

3. Lo spazio ai registi 

Il più noto luogo comune legato alla Marvel è che Feige sarebbe il “vero” regista di tutti i film, con i vari cineasti a fare da prestanome per prodotti realizzati con lo stampino. Una nozione che non ha mai avuto senso (basta guardare i film di Thor per capire che c’è palesemente una firma diversa per ciascuno dei primi tre lungometraggi), e che la Fase 4 ha sfidato più del solito, in particolare con il colpaccio di Sam Raimi per Doctor Strange nel Multiverso della Follia (ma anche Chloé Zhao che ha reso Eternals molto più “terra terra”, limitando l’uso della CGI, e ovviamente Taika Waititi che con Thor: Love and Thunder ha dato sfogo ai suoi istinti più simpaticamente beceri). Al punto che in questo caso sono stati i sedicenti fan del franchise, abituati a un certo stile, a cominciare a ribellarsi perché questi film non andavano per forza nella direzione sperata. Significativo, da quel punto di vista, che il maggiore successo in sala durante questa Fase sia stato Spider-Man: No Way Home, un monumento al fan service allo stato puro. 

4. L’addio a Chadwick Boseman

Uno dei principali ostacoli durante la Fase, a livello produttivo, è stato l’inatteso decesso di Chadwick Boseman (qui l'omaggio dei Golden Globe 2023 all'attore), stroncato da un tumore proprio nel periodo in cui Ryan Coogler gli aveva mandato la prima stesura del copione di Black Panther: Wakanda Forever. E sebbene sul lungo termine la scelta di non fare un recasting (ora possibile solo tramite il Multiverso, qualora decidessero di andare in quella direzione) possa lasciare a desiderare, il modo in cui il film ha gestito la dipartita del suo protagonista, omaggiandolo con fare sincero per consentire al cast e al pubblico di salutarlo e ricordare la sua performance, non abbastanza duratura, nei panni di T’Challa. 

5. Gli speciali per Disney+

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Oltre alle serie, con l’avvento di Disney+ è nata anche l’idea di quelli che sono noti come “Marvel Studios Special Presentation”: brevi speciali di circa cinquanta minuti ciascuno, con la possibilità di raccontare storie contenute e autoconclusive in piena libertà, senza preoccuparsi (troppo) delle eventuali ripercussioni per il resto del franchise. Un formato che ha consentito al compositore Michael Giacchino di esordire come regista entrando in zona horror con Licantropus, e a James Gunn di omaggiare le trasmissioni natalizie con cui è cresciuto ideando un’avventura festiva per i Guardiani della galassia prima di salutarli per sempre tra qualche mese. 

5 cosa da dimenticare della Fase 4

1. I villain 

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Certo, dopo Thanos sarebbe stata una bella sfida a prescindere, ma nel complesso la Fase 4 conferma qualità altalenante degli antagonisti nei progetti dell’MCU, con l’aggravante ulteriore che a questo giro uno dei cattivi più apprezzati – Loki – è tecnicamente passato dalla parte dei buoni. Apprezzabile Namor, carismatico Kingpin, ma per il resto il solito calderone di volti che vanno dal passabile al dimenticabile (anche se per alcuni non è esclusa una seconda chance più avanti). La dice lunga il fatto che il più apprezzato dal pubblico, in questo biennio, non è neanche un personaggio MCU in senso stretto: il Norman Osborn di Willem Dafoe, tornato dalla tomba per provocare danni in un altro universo. 

2. La bulimia distributiva 

Marvel Studios
 Scarlett Johansson in Black Widow
Secondo Scarlett Johansson, i piani alti di Disney spingerebbero lo streaming per proprio tornaconto economico

Qui ha senz’altro influito la pandemia, che ha di fatto ridotto gli slot a disposizione e costretto la Marvel a compensare un anno di “buchi” con un vero e proprio rigurgito di materiale, quasi senza un attimo di tregua: escluso l’intero mese di maggio, inizialmente previsto per il film Black Widow, dal 15 gennaio al 22 dicembre 2021 c’è stata quasi un’uscita MCU a settimana, tra lungometraggi ed episodi televisivi. Un aspetto che ha generato critiche, e di cui la Casa delle Idee sembra voler tenere conto per la Fase 5: sul fronte cinematografico ci sarà un intervallo di dieci mesi fra The Marvels (luglio 2023) e Captain America: New World Order (maggio 2024), il più lungo dai tempi della pausa tra Fase 3 e 4. 

3. La gestione dell’universo condiviso 

Marvel Studios
Julia Louis-Dreyfus
La Contessa Valentina Allegra de la Fontaine in The Falcon and the Winter Soldier

C’è sempre il rischio di qualche scivolone quando questi progetti vogliono ricordarci a tutti i costi che fanno parte di un universo narrativo molto vasto, e questi scivoloni tendono a verificarsi quando indizi sugli eventi futuri vengono inseriti nel film o nella serie in un contesto che non è quello delle scene post-credits. La Fase 4 è stata forse la peggiore da quel punto di vista, tramite la presenza, ingombrante e ridotta allo stesso tempo, della Contessa Valentina Allegra De Fontaine, una sorta di Nick Fury dei poveri (anche perché le sue intenzioni sono poco nobili), a tratti talmente fuori luogo che gli Screen Junkies ci hanno scherzato su nell’Honest Trailer di Black Panther: Wakanda Forever, dicendo che le scene in cui appare lei sono perfette per andare in bagno durante la visione. 

4. La Sony e il Multiverso 

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Si ipotizza dal 2019 che l’accesso al Multiverso (qui il nostro approfondimento su come funziona il Multiverso), già nei piani della Marvel, fosse una conditio sine qua non per rinnovare l’accordo con la Sony circa l’uso di Spider-Man, dopo un primo accordo scaduto con l’uscita di Spider-Man: Far From Home. Un accesso che ha messo in evidenza le due differenti strategie delle major: per la Marvel, almeno finora, i mondi paralleli sono un espediente per esplorare esiti diversi di eventi canonici e versioni sorprendenti di personaggi noti; per la Sony, invece, sono la scusa ideale per andare di crossover a tutto spiano, anche quando questi in teoria non hanno il minimo senso sul piano narrativo e logico (vedi il post-credits di Morbius). Una cosa che non ha a che fare con il Marvel Cinematic Universe in senso stretto, ma che in parte incide sulla cattiva reputazione del Multiverso come strumento drammaturgico. 

5. La scrittura delle serie 

The Walt Disney Company
Falcon è il nuovo Captain America in una scena dell'ultimo episodio di The Falcon and the Winter Soldier
Sam Wilson, il nuovo Captain America del Marvel Cinematic Universe

Se n’è già parlato per Star Wars, e lo stesso vale per le serie Marvel: Disney+ ha un problema con la gestione creativa di questi titoli, o almeno la maggior parte di essi, perché anche se viene fatto uso del modello settimanale di distribuzione degli episodi prevale una logica da bingewatching, che priva i singoli capitoli di un’identità propria. In alcuni casi è legittimo il sospetto che alcune di queste serie fossero dei film reinventati per la fruizione seriale in streaming (Hawkeye è l’esempio più lampante), il che rende ancora più divertente il fatto che Armor Wars, inizialmente annunciato come miniserie di sei episodi, sia stato ridimensionato e diventerà invece un lungometraggio per il cinema. Non resta che auspicare che tale accortezza si manifesti anche per altri progetti, se necessario.

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