Ghost Stories: la spiegazione del finale del film di Andy Nyman

Autore: Giulia Vitellaro ,

Le storie di fantasmi catturano e impauriscono da sempre. Ma come recita una delle prime battute di Phillip Goodman in Ghost Stories: “Dobbiamo fare molta attenzione a ciò in cui crediamo”.

Jeremy Dyson e Andy Nyman iniziano il loro film parlando di questo ma lo finiscono in modo praticamente imprevedibile. Il lungometraggio, uscito nel 2017, è ispirato dall’omonima opera teatrale, e prende vita sullo schermo con lo stesso Nyman nel ruolo del protagonista Philip Goodman. Il film ci guida attraverso le vicende di un uomo che sembra alla ricerca di verità in mezzo a un mare di eventi assurdi e inspiegabili. La sua ricerca si rivelerà tuttavia un viaggio di genere completamente diverso.

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Martin Freeman, Andy Nyman, Paul Whitehouse e Alex Lawther in un'immagine promozionale di Ghost Stories

La trama

Philip Goodman (Andy Nyman) è un debunker di professione, e lavora come professore e conduce un programma televisivo dove vengono smascherati finti medium e sensitivi. Sin dall’inizio del film, è chiaro quanto questa sua vocazione abbia delle radici nella sua vita personale; suo padre, religiosissimo e superstizioso, nel 1979 aveva buttato sua sorella fuori di casa per essersi innamorata di un uomo asiatico.

Philip non ha pietà per chi inganna le persone e le sfrutta, e nelle prime scene lo vediamo sventare l’operato di un finto medium che finge di vedere il figlio morto di una donna nel pubblico: tutte le informazioni grazie alle quali il medium riusciva a fingere erano state prese dai profili sui social della donna.

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Philip smaschera un finto medium, Mark Van Rhys, in diretta

Un giorno Philip riceve un invito da Charles Cameron. Cameron non è un uomo qualunque, ma un investigatore del paranormale e debunker, molto famoso negli 70 e l'idolo del giovane Philip agli inizi della propria carriera. Durante gli ultimi di 10 anni, l’uomo sembrava essere sparito nel nulla. Philip lo raggiunge in un caravan, e lo trova impoverito, ammalato e incattivito. Dopo aver parlato un po’, gli viene rivelato il motivo dell’invito: deve investigare su 3 casi a cui lo stesso Cameron non è riuscito a trovare alcuna spiegazione razionale. Perplesso ma non scoraggiato, il debunker si mette al lavoro.

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Charles Cameron, in vecchiato, nella propria roulotte

Il primo caso è quello di Tony Matthews (Paul Whitehouse), un guardiano notturno. Tony è senza dubbio un uomo problematico e da principio è molto difficile comunicare con lui. Sua moglie è morta di cancro e lui ha smesso di andare a trovare la figlia illegittima, che soffre di sindrome del chiavistello; chi ne è affetto, pur restando perfettamente sveglio e cosciente, non riesce né a compiere nessun movimento né a comunicare, a causa di una paralisi di tutti i muscoli volontari. A poco a poco Tony si rilassa, anche grazie alla promessa di denaro, e racconta la sua storia. Durante un turno di notte in un ex manicomio femminile, Tony inizia a sentire strani rumori e la sua radio, che prima funzionava normalmente, si sintonizza sul ricordo della diagnosi alla figlia. Viene abbracciato e poi aggredito dallo spirito di una ragazzina con un vestito giallo. Indagando e parlando col parroco della chiesa di Tony, Philip viene a sapere che dopo quell’esperienza Tony è finalmente andato a trovare la figlia, dopo ben 5 anni.

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Tony si avventura tra i corridoi dell'ex manicomio per via di strani rumori

Il secondo evento sovrannaturale su cui indagare è quello di Simon Rifkind (Alex Lawther), un adolescente che ha una relazione difficile con i propri genitori e mente loro in modo compulsivo. Quando lo va a trovare, Philip trova un ragazzo completamente paranoico e in fissa con l’occulto. Anche Simon gli racconta la propria storia: dopo aver mentito ai propri genitori fingendo di essere stato promosso all’esame della patente, Simon va a una festa in macchina. Al ritorno, durante un litigio al telefono con i suoi, ha un incidente in auto dove investe una capra, noto simbolo demoniaco. Nei pressi del bosco dov’è avvenuto l’incidente, Simon afferma di essere stato aggredito da Satana in persona.

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Simon Rifkind terrorizzato da una voce alle sue spalle in macchina

Malgrado i due racconti riescano ad inquietarlo, Philip non si arrende e continua a credere ci sia una spiegazione razionale per entrambi, e che si trovi nell’inconscio dei malcapitati: Tony è un alcolista che lotta per elaborare il proprio lutto, mentre Simon è un ragazzo fragile sull’orlo della psicosi, con una famiglia altamente disfunzionale. Mentre si trova nei boschi ad indagare il caso di Simon, tuttavia, ha una visione: vede se stesso, morto, guardarlo negli occhi dalla propria aiuto. Ma è un attimo.

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L’ultimo caso è quello di Mike Priddle (Martin Freeman), perseguitato da un poltergeist proprio nel periodo appena precedente la nascita del proprio primogenito. La moglie di Mike gli appare in forma di mostro, proprio mentre sta per morire nel dare la vita a quello che sembra un bambino non completamente umano, che viene chiamato Barty. Dopo aver raccontato la propria storia a Philip, però, Mike si interrompe. Si punta un fucile sotto il mento e si spara.

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Priddle si spara davanti a un attonito Philip Goodman

Molto turbato, il nostro protagonista torna da Cameron, intenzionato a dirgli che tutto ciò che gli è stato raccontato non prova affatto l’esistenza del sovrannaturale. Dopo averlo contraddetto, Cameron d’improvviso si sfila una maschera di lattice e si rivela come Mike Priddle. Inizialmente sembra tutto uno scherzo terribile e ben architettato, ma a poco a poco la realtà si frammenta. Il camper di Cameron diventa un semplice fondale di carta che viene strappato per rivelare un gigantesco e oscuro portale. Priddle lo rassicura:

Entra, vieni. Tranquillo, saremo solo noi quattro: tu, io, Barty e... chi sai tu.

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In un viaggio assurdo, Priddle porta Philip indietro nel tempo, ad assistere ad una scena tra ragazzini. Due bulli convincono un ragazzo con un ritardo mentale, Callahan, ad entrare in un tunnell buio e leggere le 10 cifre incise lungo il percorso. Il ragazzo entra, ma si spaventa e muore per via di un attacco d’asma. Un Philip poco più che ragazzino assiste a tutta la scena, incapace di intervenire per paura della reazione dei bulli.

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Callahan (Jake Davies) davanti al tunnell dentro il quale morirà

Il cadavere del ragazzo morto gli appare e con un ghigno terribile lo porta a un letto d’ospedale, dove Philip si sdraia. Il ragazzo si mette su di lui e gli mette forzatamente un dito in bocca.

D’improvviso la scena si trasforma: Philip è in stato comatoso in un letto d’ospedale, con dei tubi attaccati alla bocca per consentirgli di respirare. Soffre di sindrome del chiavistello, come conseguenza di un tentato suicidio per asfissia in auto.

Tutti i personaggi che hanno costruito le storie fanno parte dello staff dell’ospedale, così come alcuni oggetti. Il suo caso è considerato come privo di ogni speranza di ripresa. Il dottore che lo ha appena visitato, con le sembianze di Priddle, gli augura di fare dei bei sogni e si allontana.

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Philip Goodman in stato semi-comatoso in ospedale

L’inserviente che sta pulendo la camera si avvicina al letto e mette davanti agli occhi del nostro protagonista uno specchietto, che riflette la finestra fuori, “Un cambio di prospettiva”, dice, con l’intenzione di fargli un favore. Vediamo un uccello che sbatte violentemente contro il vetro della finestra e cade. Il film finisce.

Il finale

A 20 minuti dalla fine Ghost Stories è un film horror coinvolgente ma che si mantiene (in modo anche abbastanza tradizionale) nei canoni del genere. Gli ultimi 20 minuti stravolgono completamente l’universo di cui abbiamo fatto parte per tutto il film catapultandoci in un’altra realtà, ben più verosimile e ben più oscura.

Dopo aver assistito al terribile ricordo della morte del giovane Callahan, vediamo Philip fuggire via in preda all’angoscia. Priddle lo raggiunge, accusandolo di non aver fatto nulla per salvare il ragazzo. Lui si scagiona dicendo che è stato un incidente, si giustifica dicendo di non essere stato lui a convincerlo ad entrare nel tunnel. In più, da allora in poi ha dedicato la propria vita ad aiutare gli altri, smascherando coloro che ingannavano il prossimo fingendo esistesse qualcosa oltre alla realtà. Da notare come il cognome di Philip sia proprio Goodman, buon uomo. Priddle, in tutta risposta, gli ride in faccia e lo mette davanti a una cruda verità: dal momento del cosiddetto “incidente” in poi, tutta la vita di Philip si concentrerà sul ridurre gli eventi in dinamiche tra atomi e molecole.

Tutto è atomi e molecole, cos’altro vuoi che sia?

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Il piccolo Barty nutrito da Priddle, il padre

Il loro discorso è interrotto dal pianto di un bambino. Poco distante da loro, su delle rotaie, c’è una culla con un bambino dentro, impossibile da vedere perché infagottato dalle coperte. È Barty, il figlio-mostro di Priddle. Priddle gli si avvicina con dolcezza, gli apre una scatola di cibo per gatti e lo nutre, mentre il neonato emette suoni terribili e inumani.

Quello che hai fatto tutta la vita non è stato aiutare gli altri, ma scappare. Scappare dalla tua paura, la paura che ci sia molto di più del qui e ora, e che ogni azione che tu abbia mai fatto o non fatto ha avuto un effetto, lasciando una piccola traccia: un fantasma di sé.

Barty sembra rappresentare proprio quel fantasma, quel senso di colpa: quello dell’involontario omicidio di Callahan. Un senso di colpa nutrito a forza di sostanziosi bocconi di razionalità.

E proprio Callahan lo prenderà per mano, e prenderà per mano anche noi spettatori, portandoci verso il finale: la camera d’ospedale.

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Callahan trascina Philip per un tunnel alla fine del quale si trova il letto d'ospedale

In questo ultimo luogo scopriamo che molti degli elementi delle tre storie sono parte della routine di quel piccolo ambiente. Mike Priddle in realtà è il dottore che lo segue, Simon Rifkind è un tirocinante, e Tony Matthews un inserviente che sta pulendo la stanza. Con quest’ultima scena, quello che credevamo il tema principale del film viene ribaltato. Lo spettatore non assiste più alla lotta per cercare la realtà nel paranormale, ma alla lotta di una mente funzionante contro un corpo che oramai non lo è più.

Il film è costellato in modo discreto da piccoli indizi che ritroviamo in questo nuovo scenario.

  •  I numeri dall’ 1 al 9 compaiono spesso in tutto il film, ricordando il gioco perfido dei bulli che fa perdere la vita a Callahan.
  • La figlia del guardiano Tony Mattews soffre proprio di sindrome del chiavistello. Durante l’incontro del guardiano con lo spirito, la radio trasmette proprio una frase detta dal dottore al tirocinante, parlando del degente Philip: “Sindrome del chiavistello… La luce è accesa ma in casa non c’è nessuno…”.
  • Il suicidio di Philip Goodman in auto è suggerito da uno dei primi eventi inspiegabili nel film: dopo la visita nel bosco dove si è svolto l’evento sovrannaturale di Simon Rifkind, Philip vede se stesso, morto, guardarlo dall’interno della propria auto.  
  • Nella versione inglese, il guardiano dice a Goodman che “professore” è il termine usato per le persone che creano gli spettacoli di Punch e Judy (maschere inglesi utilizzate nei teatri dei burattini). Il riferimento a punch e Judy si ritrova in una citazione del dottore/Mark Priddle, che quando spiega al tirocinante l’unico modo sicuro per suicidarsi, cita una frase iconica dello show: “That’s the way to do it!”, tradotto nella versione italiana con: “È così che si fa!”.
  • Il dottore, con un’ironia spietata, spiega al comatoso Philip il modo giusto di suicidarsi, ovvero con un colpo di fucile in testa: sarà così a morire proprio il suo doppio, Mark Priddle.
  • Lo spirito della ragazzina nella storia del guardiano e la bambola vestita di giallo nella culla di Barty sono entrambe estremamente simili alla bambola nella camera d’ospedale di Philip.
  • Nella realtà come nella storia, Simon Rifkind sembra avere un rapporto complicato con i propri genitori e il suo cognome è spesso pronunciato male.
  • Sia il fantasma della bambina nell’episodio del guardiano sia il fantasma di Callahan mettono un dito in bocca al guardiano e di Philip. Sono entrambi dei riferimenti ai tubi per la respirazione a cui è attaccato il protagonista.
  • Ci sono diversi riferimenti all’uccisione di Callahan per tutto il film. Il pub in cui Philip trova Tony si chiama “il decimo numero” e a casa dei Rifkind si vede una foto del tunnel dove il ragazzo diversamente abile perde la vita, con i due bulli, Callahan, e il giovane Philip stesso.
  • Priddle, durante le scene davanti le rotaie, lo scruterà con uno strumento utilizzato dai medici per verificare la dilatazione delle pupille.

La mente di Philip Goodman percepisce tutti questi elementi, e il suo inconscio li rielabora creando un incubo terribile che li mescola insieme a dettagli della sua biografia personale. Ma come fanno le citazioni e i dettagli della camera d'ospedale, presenti alla fine del film, ad ispirarne l’inizio e lo svolgimento? Si può immaginare che la routine di una camera d’ospedale sia abbastanza ripetitiva e regolare, eppure alcune citazioni sono estremamente circostanziali e specifiche. Tutto ci è più chiaro quando l’inserviente mette lo specchietto che riflette la finestra davanti agli occhi di Goodman, per offrirgli un panorama diverso dal soffitto. La quiete del panorama è disturbata da un uccello che vola e si scontra contro la finestra. Abbiamo già visto questi ultimi fotogrammi: è la prima inquadratura in assoluto del film.

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Un uccello sbatte contro il vetro della finestra, riflessa sullo specchietto d'ospedale

Questi ultimi secondi rendono tutto chiaro: la scena della camera d’ospedale non è la fine del film, ma il suo inizio. Tutti gli elementi e le frasi dette nella stanza in quei minuti prendono la forma della trama nella mente di Philip. Il tonfo dell’uccello è il ciak. Inizia l’incubo.

Ghost Stories scritto e diretto da Jeremy Dyson e Andy Nyman, con Martin ed è tratto dalla loro omonima opera teatrale. È uscito nel 2017 ed è stato distribuito in Italia da Adler Entertainment.

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