I 20 migliori film di sempre: Apocalypse Now, 8 ½, Blade Runner e tutti i più belli

Autore: Redazione NoSpoiler ,

Manifestazioni massime di quell'arte performativa dello spettacolo comunemente chiamata "Cinema": sono i capolavori della Settima Arte, universalmente riconosciuti come tali. Noi abbiamo selezionati i 20 migliori film che hanno fatto la storia, quelli da vedere assolutamente a prescindere da generi e categorizzazioni. Nel farlo, abbiamo percorso in lungo e in largo la storia del medium che più di ogni altro ha influenzato la cultura della società di massa.

È stata un'operazione non certo facile, considerando la caratura dei titoli meritevoli di stazionare nella hit parade di tutti i tempi. Prima di elencare le posizioni nella nostra top 20 dei film più belli di sempre, occorre spendere due parole sul carattere soggettivo di una classifica di questo tipo, che tiene conto sì del valore intrinseco delle opere prese in esame, ma che cerca oltremodo di mediare fra passato e presente, fra bianco e nero e colore, fra memoria e attualità.

20) Il Padrino

Marlon Brando è don Vito Corleone nel film di Francis Ford Coppola

Un anziano signore siede su una poltrona all'interno di una sala illuminata fiocamente. Ha la voce impastata e le mascelle di un bulldog: è il padrino Vito Corleone (ribattezzato erroneamente così all'anagrafe di Ellis Island al suo arrivo negli States). Ne Il Padrino dell'allora semisconosciuto Francis Ford Coppola è un irriconoscibile Marlon Brando a prestargli il volto: batuffoli di cotone in bocca, il Don ha le stesse indolenti movenze di un senatore dell'antica Roma e sfoggia detti da età patriarcale ("Le donne possono essere imprudenti, ma l'uomo no!"). Brando si cala con metodo nei panni del capofamiglia temuto e rispettato, tant'è che si aggiudicherà il secondo Oscar della propria carriera..
E pensare che il ruolo era stato offerto dagli studios a Jack Nicholson e Dustin Hoffman (contro il volere di Coppola).

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Vito Corleone, la cui voce ricorda da vicino quella del gangster Frank Costello, è un'icona senza tempo del Cinema, partorita dalla penna dello scrittore Mario Puzo e declinata su celluloide da Marlon Brando. Criminale al vertice di una piramide che ha nel gioco d'azzardo e nelle estorsioni le proprie attività lucrative, il padrino dispensa avvertimenti quasi fosse un vate ("gli farò un'offerta che non può rifiutare") e olia a suon di tangenti e ricatti gli ingranaggi delle istituzioni americane, quelle dei "pezzi da 90". La pellicola di Coppola, però, alla guest star affianca un cast altrettanto superlativo: dal rude Sonny di James Caan al reduce di guerra (e futuro padrino) Michael Corleone, personaggio cardine del film, che consente ad Al Pacino - che l'aveva spuntata su Ryan O'Neal e Robert Redford - di spiccare il volo a Hollywood. Considerata oggi l'opera omnia dei gangster movie, la pellicola incarna la forza evocativa del mito e il pathos tipico delle tragedie greche (in fondo è la storia di un dio o di un re con tre figli dalle differenti virtù), soppesando ad ogni fotogramma classicismo e la crudeltà tipica dei fatti di cronaca nera, grazie alla regia compassata e maniacale di Francis Ford Coppola, filmaker e messia della New Hollywood alle prese con un epico racconto di mafia, tra brutalità ed eleganza.

19) Il settimo sigillo

"È l'ignoto che mi atterrisce". Forse la più celebre riflessione audiovisiva sul rapporto che lega l'uomo a Dio. Il Settimo Sigillo consacra il talento di Ingmar Bergman e lancia Max von Sydow, protagonista nei panni di Antonius Block, cavaliere scandinavo di ritorno dalle Crociate in Terra Santa. Troverà, ad attenderlo in patria, la Morte, che sfiderà in una partita a scacchi. Un Bergman esistenzialista dà vita ad un'opera suggestiva, che mette in scena le inquietudini intellettuali di un'epoca segnata dal tramonto dei valori religiosi e dall'incapacità umana di sostituirli con i dogmi della scienza. Un viaggio alla ricerca del senso ultimo della vita, un tentativo continuo di mediazione col divino, la più potente delle allegorie che la settima arte ci ha regalato. Qualche anno dopo, la Morte, al cinema, avrà le fattezze di una sensuale Janet Agren, a cui riderà in faccia un divertito Alberto Sordi, protagonista de La più bella serata della mia vita di Ettore Scola.

18) I 400 colpi

Se con Vittorio De Sica erano "i bambini a guardarci", con François Truffaut è il Cinema ad osservare il delicato passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza di Antoine Doinel, dodicenne parigino alle prese con una vita difficile. Descritto da professori e genitori come irrequieto e ribelle, in realtà Antoine cela un bisogno spasmodico di attenzioni e cure amorevoli. Quelle che non può certo prestargli una madre egoista né un patrigno superficiale. I quattrocento colpi è ad oggi il più fulgido manifesto della Nouvelle Vague francese, un ritratto doloroso di un'infanzia spesa nella ricerca affannosa della libertà (rincorsa, nel celebre finale, su una spiaggia deserta). Il regista, con fare autobiografico, grida al mondo l'innocenza perduta per sempre, la stessa che oltre un decennio prima aveva segnato le vite degli sciuscià di De Sica, altro immenso capolavoro della storia del Cinema.

17) Le ali della libertà

Morgan Freeman e Tim Robbins in una scena del film

È un dramma carcerario, duro e toccante. Ma soprattutto una metafora sulla libertà: rubata e negata, bramata e infine raggiunta nel modo più astuto e beffardo possibile. Nel '94 Frank Darabont (poi all'opera su The Walking Dead) adatta per il grande schermo il più anomalo dei racconti di Stephen King ("Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank"). Tim Robbins e Morgan Freeman conducono lo spettatore tra le mura di un penitenziario americano degli anni '50, raccontando di vessazioni, tentativi di stupro, umiliazioni e omicidi ma, soprattutto, mettendo in scena una ventennale storia di amicizia tra due detenuti.
Le ali della libertà è un classico senza età, un film che per regia, dialoghi e interpretazioni rasenta la perfezione.

16) Il buono, il brutto, il cattivo

L'attenzione maniacale per i dettagli, l'altissimo livello di scrittura, l'apparente disinteresse per l'azione, la rinuncia all'eroe senza macchia e l'utilizzo straniante della colonna sonora: i tratti somatici del cinema di Sergio Leone tornano ossessivamente ad affacciarsi nel capitolo che chiude la "trilogia del dollaro", in cui il cineasta sperimenta tecniche stilistiche innovative (ne è un esempio "il triello" finale in cui rivisita il mexican standoff). Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo è, assieme a C'era una volta il West, l'opera omnia di un genere - il western picaresco - che coniuga cinismo e spirito fiabesco. Il regista italiano, che dopo Per un pugno di dollari e Qualche dollaro in più, ha ormai sdoganato la figura del bounty killer, pressoché estranea alla filmografia hollywoodiana. Ancora una volta è Clint Eastwood a impersonare il pistolero senza nome, "un mezzo sigaro con dietro la faccia di un gran figlio di cagna, alto biondo e che parla poco" (così lo apostrofa nel film il Tuco di Eli Wallach, con cui forma una delle coppie più riuscite di sempre). È un'avventura epica che contamina il western con la grande tragedia della guerra, mescola dramma e commedia, campi lunghi e primissimi piani, alternando violenza e humour nero in modo strepitoso. Le percussioni, il pianoforte e l'ululato umano che imita quello del coyote scandiscono le vicende di 3 ceffi alle prese con una estenuante caccia al tesoro sullo sfondo della guerra di secessione americana. Ennio Morricone affianca, a strumenti considerati "classici", la chitarra elettrica e lo schiocco della frusta, realizzando un arrangiamento che conquista critica e pubblico (tanto che la soundtrack sarà il successo dell'anno assieme a Jumpin' Jack Flash dei Rolling Stones). È una partitura musicale unica, in grado di giocare su diversi timbri e avvolgere ogni singola sequenza del film. È il caso di motivi come "Il Triello" - che accompagna il frenetico standoff finale - e "L'Estasi dell'oro", che i Metallica adoperano tutt'oggi per aprire i loro concerti.

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15) Mulholland Drive

Delirante capolavoro firmato David Lynch che si sviluppa a partire da una delle strade più celebri di Los Angeles. Laura Harring e Naomi Watts sono le protagoniste di un noir sempre sospeso tra immaginazione e realtà, girato quasi fosse un interminabile incubo ad occhi aperti. Il regista di Twin Peaks - che tornerà in TV a maggio - si tuffa ancora una volta nelle "strade perdute" della psiche umana, dando vita ad un enigma a tratti poco lineare che finisce per stordire lo spettatore, chiamato a risolvere un mistero hollywoodiano a tratti inquietante.
Mulholland Drive, miglior regia del Festival di Cannes del 2002, ancora oggi si presta a numerose interpretazioni da parte di critica e pubblico: di fatto resta una delle regie più ermetiche degli anni duemila.

14) Apocalypse Now

Il napalm che brucia la giungla vietnamita e infiamma un'intera stagione politica. Un odore acre - che per il "colonnello" Robert Duvall ha il sapore della vittoria - avvolge il Cinema sul finire degli anni '70. Apocalypse Now è considerato tutt'oggi il war movie per antonomasia, un trattato di filosofia mascherato da diario di guerra. Non una guerra qualunque, bensì il conflitto che più di ogni altro ha segnato il tramonto definitivo dell'american dream. A firmare uno dei capolavori del Cinema è, ancora una volta, Francis Ford Coppola, chiamato alla sfida più logorante della propria carriera: set devastato da un tifone, febbre malarica per la troupe, protagonista colpito da infarto durante le riprese (Michael Sheen, il capitano Benjamin L. Willard del film), bancarotta del regista e le bizze di un divo - Marlon Brando - alle prese col ruolo più iconico della propria carriera. Coppola e la troupe furono accolti nelle Filippine dal dittatore Marcos, che sfruttò le riprese del film per spacciare gli elicotteri del regime per quelli della produzione hollywoodiana. All'arrivo di Brando (che aveva chiesto e ottenuto un compenso di 1 milione di dollari), regista e attore si ritirarono su una casa galleggiante per due settimane, passate a rileggere Cuore di Tenebra di Joseph Conrad.
Il risultato? Un'opera memorabile in cui l'orrore della guerra cede via via il passo alla discesa negli inferi dell'animo umano, incalzata dalle note di Wagner e dei Doors.

13) Balla coi lupi

Kevin Costner è il tenente John Dunbar in Balla coi lupi

Il tenente della cavalleria nordista John Dunbar ha l'ordine di dirigersi verso Fort Sedgwick. Giungerà a destinazione, deviando però moralmente dalla politica dell'uomo bianco e dall'assurdo sterminio perpetrato dai colonizzatori ai danni dei nativi americani. Un Kevin Costner riflessivo (non si separa mai da un diario in cui annota episodi e aneddoti) è il protagonista indiscusso di un western revisionista. Film pacifista, dichiaratamente antifordiano negli intenti (è l'uomo bianco, e non gli indiani, ad essere brutale), voluto a tutti i costi dal divo de Gli intoccabili - The Untouchables, che inizialmente avrebbe solo dovuto dirigere il film (la parte di Dunbar era stata pensata per Viggo Mortensen). La testardaggine del regista lo ripagherà con 7 Oscar, tra cui Miglior Regia e Miglior Film (è il secondo western a vincere la statuetta dorata). Un caleidoscopio di personaggi - umani e animali - popola la pellicola, permeata da una vena crepuscolare: dal lupo "due calzini" al cavallo Cisco passando per i Sioux Uccello Scalciante e Vento nei Capelli. Un manifesto della lotta per le minoranze, un inno all'amicizia. Pura epica su celluloide.

12) L'appartamento

Il modo più originale per utilizzare una racchetta da tennis? Ce lo suggerisce Jack Lemmon, che ne L'appartamento improvvisa un "servizio" culinario fuori del comune: il suo C.C. Baxter scola gli spaghetti su una racchetta da gioco. Roba che nemmeno Federer nei festeggiamenti dell'ultimo Grande Slam. La commedia agrodolce con cui Billy Wilder ritrae il lato più cinico dell'individualismo americano, tramite il ritratto di un impiegato di una grande compagnia di assicurazioni che ottiene diverse promozioni grazie ai favori che concede ai propri superiori. Presta infatti loro la chiave del proprio appartamento da single per consentire agli stessi di incontrarvi le rispettive amanti. I duetti tra Jack Lemmon e Shirley Maclaine rimangono una delle pagine più belle della Hollywood in bianco e nero.

11) Taxi Driver

Completamente incapace di comunicare, Travis Bickle guida i taxi durante il servizio notturno (scelto appositamente per ovviare all'insonnia). Il lavoro lo porta a scontrarsi con una realtà violenta, che testimonia la decadenza palpabile della società americana degli anni ’70. Martin Scorsese, alla seconda collaborazione col feticcio Robert De Niro (prima c'era stato Mean Streets), firma uno dei pilastri della storia del cinema, filtrando dal parabrezza di un taxi la giungla urbana in cui bivaccano (di notte) gli "animali più strani": puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori.
Taxi Driver consegna alla cultura popolare la figura del disadattato più celebre della storia del cinema, cui consegna anima e corpo (oltre al mitico "Are you talkin' to me?" pronunciato allo specchio) uno stralunato De Niro. Il film è uno dei pilastri della New Hollywood, un'affresco sanguinario sull'alienazione.

10) Roma città aperta

Respirare il senso di una tragedia collettiva: è questo il fine ultimo di un maestro come Roberto Rossellini, regista in grado - con Roma città aperta - di assegnare ad un'opera audiovisiva un profondo valore storiografico. Il film con Anna Magnani (irraggiungibile!) e Aldo Fabrizi può essere considerato quasi alla stregua di una cronaca in differita dell'occupazione tedesca sul suolo italiano. Ciò è reso possibile dalla capacità di Rossellini di rivoluzionare i codici di rappresentazione del cinema nazionale e internazionale, consentendo al Neorealismo una legittimazione definitiva, che influenzerà le future generazioni di cineasti. L'autore di Paisà - altro indiscusso capolavoro - sprigiona una varietà di significati pur lavorando con scarsi mezzi, abbandonando i teatri di posa per scendere invece con la macchina da presa nelle strade, fra le macerie. Film dal valore storico monumentale.

9) 2001: Odissea nello spazio

A lezione di Cinema da Stanley Kubrick, autore del capolavoro sci-fi 2001: Odissea nello spazio, l'opera (omnia) più enigmatica e riflessiva del maestro. Un kolossal fantascientifico in grado di porre l'accento su questioni ontologiche che abbracciano in toto l'uomo in quanto essere finito. Un'opera immortale che trascende la fantascienza: primati, astronauti, monoliti e calcolatori subdoli (quell'Hal 9000 che ha ispirato l'occhio onnipresente del Grande Fratello) che danzano - sulle note del valzer Sul bel Danubio blu - in modo armonico tra satelliti e preistoria. E quel pioniere spaziale - l'astronauta David Bowman - chiamato ad interrogarsi (come noi tutti) sul significato della vita stessa ancor prima che sulle traiettorie orbitali. Più filosofia che cinema.

8) La grande guerra

Alberto Sordi e Vittorio Gassman in una scena del film

Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca: romano "da fureria" il primo, milanese da trincea il secondo. Nel 1959, un anno dopo l'exploit de I Soliti Ignoti, Mario Monicelli manda al fronte il duo Alberto Sordi e Vittorio Gassman. I due mattatori della risata italiana regalano due maschere di un'Italia in guerra contro gli austriaci nel triennio '15-'18. Stupisce il modo in cui Monicelli contamina la commedia all'italiana con la grande tragedia della guerra, alternando grida antibelliche che citano Remarque e Bakunin a spassose gag (tra "galline puttane" e pentole per le caldarroste realizzate dai cecchini austriaci). Sordi e Gassman sono gli antieroi pavidi e ingenui, manifesto di un'Italia ancora divisa ideologicamente (frequenti le schermaglie Nord/Sud fra i due). Non fatevi ingannare però dalle risate: La grande guerra è uno dei drammi bellici più riusciti del Cinema, una testimonianza dolorosa dell'assurdità della guerra ("La gente crede che la guerra s’è dura solo quando che se spara” esclama uno dei commilitoni). Nell'inferno delle trincee, i soldati Busacca e Jacovacci, sempre pronti a farla franca, non scamperanno alla rappresaglia nemica. Prima, però, troveranno il riscatto dinanzi allo scherno austriaco ("Mi te disi proprio un bel nient, facia de merda!"). Leone d'oro a Venezia '59, il film vanta una cast numerosissimo: da Silvana Mangano ad un giovanissimo Ferruccio Amendola.

7) Blade Runner

Un finale intriso di lacrime e pioggia. Protagonisti un cacciatore di androidi e un replicante, intenti a scrivere una delle pagine più memorabili della storia del Cinema. Ridley Scott, dopo aver riletto Philip K. Dick (autore di Ma gli androidi sognano pecore elettriche?), siede dietro la macchina da presa di Blade Runner, noir futuristico costruito sotto luci al neon e riflessioni esistenziali. Dopo Han Solo e Indiana Jones, Harrison Ford nel 1982 pesca un altro ruolo iconico, soffiato a Dustin Hoffman e James Caan: Rick Deckard, bounty killer di servizio nella Los Angeles del futuro (è il 2019). La struttura dickiana delle scatole cinesi viene mantenuta da Scott, impegnato a caricare di significato la fantascienza giocando sull'ambiguità tra apparenza e realtà. L'epilogo del film, sotto una pioggia battente in una Los Angeles post atomica, rimane uno dei più celebri di sempre: una resa dei conti fra un androide ed un essere umano, entrambi un fiume in piena di emozioni, a suon di battute cult, tra bastioni di Orione e porte di Tannhäuser.

Di Blade Runner, lo ricordiamo, è in lavorazione anche un sequel - attesissimo - sempre con Harrison Ford nel ruolo di Deckard, ma con Ryan Gosling come personaggio principale. Sarà all'altezza? I presupposti ci sono tutti, anche se la sfida è difficile, difficilissima.

6) Quarto potere

A soli venticinque anni Orson Welles dirige il suo primo film, Citizen Kane (In italiano Quarto Potere), che assieme a L'infernale Quinlan rimarrà l'opera più completa del regista statunitense. La storia è incentrata sulla vita del magnate Charles Foster Kane, editore ricco di capitali e povero di sentimenti giunto in punto di morte. Welles, con l'ausilio di svariati flashback, ricostruisce la vita e le imprese, a volte moralmente discutibili, di un uomo di successo. Lo spettatore, attraverso le testimonianze dei collaboratori e delle persone più vicine a Kane, viene coinvolto in un una ricostruzione dei fatti condotta in maniera magistrale (specie dal punto di vista della tecnica di regia innovativa messa a punto da Welles). Un'opera riuscitissima sul potere e le ombre dell'informazione, uno spartiacque fra il vecchio e il nuovo modo di fare Cinema.

5) Million Dollar Baby

Lacrime e boxe, dirige Clint Eastwood. Storia d'amore (tra "padre e figlia") appassionante, quella raccontata da uno dei volti più celebri del cinema western, che filma nascita, sviluppo e tragico epilogo del magnifico legame tra un anziano e disilluso allenatore (Eastwood) e una boxeur determinata, impersonata da una magnifica Hilary Swank. Potevamo scegliere Lettere da Iwo Jima o Un Mondo perfetto per la nostra Top 20 di tutti i tempi. E invece optiamo per Million Dollar Baby, il film con cui Clint Eastwood trasforma il ring in una metafora della vita, tra colpi bassi e trionfi, ascese e cadute. Toccante parabola sportiva che colpisce come un jab il cuore dello spettatore per la delicatezza dei temi trattati.

4) Casablanca

Humphrey Bogart è Rick Blaine in Casablanca

"Ci vedremo questa sera?"; "Non faccio mai piani così in anticipo". Parla Rick Blaine, cinico e disincantato, gestore di un locale in quel di Casablanca durante la Seconda Guerra Mondiale. A dare fisionomia ad uno dei personaggi più celebri della storia del Cinema è Humphrey Bogart, che indossa copricapo e trench e rifila battute cult per tutto il film. Casablanca è un must per gli appassionati della Settima Arte, un affresco in bianco e nero che ritrae le vicende di tre individui sullo sfondo della grande e tragica Storia. La città che affaccia sulla Costa atlantica africana è un coacervo di truffatori, spie e fuggiaschi; crocevia verso la salvezza (che passa per Lisbona) minacciato dallo spauracchio nazista. Cartolina indelebile di un grande amore firmata Michael Curtiz, con due protagonisti d'eccezione (l'affascinante Bogart e l'incantevole Ingrid Bergman).

3) Il laureato

Le inquietudini di un giovane studente dietro lo splendido film diretto da Mike Nichols e tratto dall'omonimo romanzo di Charles Webb. Benjamin Braddock, appartenente alla middle class americana, è il protagonista de Il laureato, pellicola tra le più influenti e citate della storia del Cinema: vuoi per l'interpretazione di Dustin Hoffman, che lo consacrò star mondiale, vuoi per le musiche di Simon & Garfunkel che tratteggiano le avventure amorose (e dolorose) del giovane "graduato", vuoi infine per L'Alfa Romeo Duetto, spider iconica destinato ad entrare a far parte dell'immaginario collettivo. Film sull'incomunicabilità generazionale, termometro dei tumulti sessantottini.

2)

Un regista indolente che ha perduto l'ispirazione e che sogna un harem di donne. Marcello Mastroianni nasconde le inquietudini di Federico Fellini dietro un paio di occhiali da sole in quello che è, assieme a La dolce vita, il capolavoro del regista romagnolo: 8 ½. Film di pregevole fattura in cui convivono presagi di morte e piaceri della vita, aspirazioni professionali e noia famigliare. È forse l'opera più personale di Fellini, la cui immedesimazione col protagonista è pressoché totale. Trionfo ai Nastri d'Argento del '64 ma, soprattutto, Oscar come Miglior film straniero. 

1) Il cacciatore

Tre amici. Tre operai di una fonderia. Tre vittime sacrificali di una guerra, quella del Vietnam, senza senso. Memorabile dramma di guerra confezionato da Michael Cimino e interpretato da due attori in stato di grazia: Robert De Niro e Christopher Walken (premiato con l'Oscar). Tra battute di caccia condite da dialoghi memorabili ("Un colpo solo, Nick. Altrimenti non vale. Il cervo non ha il fucile") e sequenze cult - celebre e drammatica quella della roulette russa - ciò che più colpisce è la lucidità con cui il regista spoglia la guerra di ogni retorica, riducendola ad un massacro di vittime innocenti. Assieme ad Apocalypse Now è la più riuscita e cruda istantanea del Vietnam americano.

Conclusioni

Prima di chiudere la nostra lista dei 20 migliori film di tutti i tempi (il cui ordine di classifica, lo ricordiamo, è puramente opinabile), va fatta un'ultima considerazione: vi sono almeno altrettanti titoli che avremmo voluto inserire in un'operazione del genere e che alla fine sono stati invece sacrificati per diverse ragioni.

Sono opere altrettanto leggendarie, imprenscindibili per chi intende approcciare al Cinema in maniera squisitamente qualitativa. Come non menzionare allora titoli evergreen come Qualcuno volò sul nido del cuculo, saghe sci-fi rivoluzionarie (Star Wars) ed epopee fantasy (Il Signore degli Anelli), pellicole epiche quali Via col vento e, per finire, gioielli tricolore come Ieri, oggi, domani e Il sorpasso?
Sarà per la prossima...

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