I segreti di Wind River, la recensione: crimini nativi tra i ghiacci americani

Autore: Elisa Giudici ,

La fortuna vive in città, sentenzia uno dei personaggi di I segreti di Wind River mentre i protagonisti indagano sulla morte di una giovane donna il cui cadavere è stato rinvenuto tra le montagne innevate del Wyoming. È il genere di frase rapida come uno sparo nel colpire lo spettatore, il genere di passaggio narrativo che spinge una sceneggiatura oltre il livello mediano. D'altronde I segreti di Wind River è l'esordio alla regia di Taylor Sheridan, che come scrittore per il cinema si è costruito una solida reputazione con narrazioni violente e senza sconti dell'anima più nera dei selvaggi Stati Uniti d'America, da Sicario a Hell or High Water. 

Eagle Pictures
Il cacciatore e l'abitante della riserva di Wind River dialogano sulla neve
Il difficile confronto tra nativi e caucasici aumenta la tensione del thriller di Sheridan

La scheggia di realtà che ha ispirato il film è conficcata proprio nel finale, ma per tastarne i contorni bisogna farsi largo nel tessuto purulento, nell'infezione che ha causato nella carne viva degli Stati Uniti, in compagnia di quanti tentano di capire cosa sia successo. Chi ha ucciso quella giovane nativa americana morta di una morte terribile, dopo una disperata lotta per la sopravvivenza, dopo aver subito violenza?

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La risposta al caso poliziesco è solo la prima data da un film che si spinge ben oltre gli esecutori materiali dell'omicidio, esplorando un territorio di frontiera da cui la speranza e la fortuna se ne sono andate da tempo, nelle città dei bianchi, e ai nativi è rimasta solo la disperazione e la neve. 

Wind River: quando rimane solo la neve

Potrebbe essere persino buffo il duo investigativo messo insieme dal film, se non fosse che Sheridan ricerca volutamente un tono malinconico, quasi romantico, ma davvero privo di ogni ironia (fosse anche nera) nel raccontare la vita dei nativi confinati dalle autorità negli aspri territori della riserva di Wind River. A giungere sull'impervio luogo del delitto è infatti il ritratto dell'agente inesperta a cui relegare un caso poco degno di nota.

Eagle Pictures
La scena di apertura Wind River
Wind River è un poliziesco solido, motivato da una riflessione drammaticamente attuale

Bionda, giovanissima e del tutto impreparata al clima inospitale in ogni senso possibile della riserva, il personaggio di Elizabeth Olsen si affiderà presto alla guida dell'unico altro caucasico nei paraggi. Lui è invece ben accetto dai locali e sembra quasi guardare molto dall'altra parte della barricata, da quella di chi ha subito un torto. Jeremy Renner interpreta un cacciatore di fiere, uno uomo capace di leggere le tracce sulla neve e avvezzo a muoversi tra le ingiustizie disegnate dalla legge entro i confini della riserva. 

Wind River, l'esordio registico di un narratore della violenza americana

Taylor Sheridan esordisce alla regia con un thriller solido, scritto ovviamente di suo pugno. Il poliziesco è sempre stato nelle sue corde come sceneggiatore, ma è anche un comparto cinematografico relativamente sicuro come trampolino di lancio: presso il pubblico riscuote un successo sempreverde e ha un canone così codificato che non ci vuole poi molto a tirar fuori una pellicola che raggiunga almeno il livello minimo sindacale. 

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Sheridan però fa di più, anzi, finisce per guastare in parte il risultato finale del film facendo troppo. Se nella seconda parte il film conosce un'impennata nel ritmo e una piega decisiva degli eventi, purtroppo il suo finale è appesantito da una serie di dialoghi e monologhi figli di uno sceneggiatore che vuole a tutti i costi impressionare. Così facendo però la verosimiglianza e il tono pacato su cui Wind River costruisce il suo fascino e la sua personalità vengono meno. È curioso che un regista alle prime armi finisca per compromettere in parte il film proprio a causa di quello che dovrebbe essere il suo ambito privilegiato, la sceneggiatura. 

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Jeremy Renner in Wind River
Jeremy Renner si rivela una scena di casting sottotono

Certo rimane un po' di rimpianto al pensiero di come un'attore di levatura recitativa e carisma maggiori di quelli di Jeremy Renner avrebbe potuto tirar fuori da un personaggio così statunitense e così addolorato, degno erede del Jeff Bridges di Hell or High Water e di Benicio Del Toro in Sicario. Renner se la cava ma non ha le capacità per mettere davvero a frutto un ruolo del genere, men che meno di salvare il film dalle sue stesse esagerazioni in monologhi o dialoghi a tema esistenziale. 

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Commento

cpop.it

70

Un solido sceneggiatore decide di esordire come regista con un film poliziesco che racconta il cuore duro e selvaggio degli Stati Uniti: il risultato soddisfa ma non eccelle.

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