I soldi sporchi, veloci e divertenti di Soderbergh: la recensione di The Laundromat da Venezia 76

Autore: Elisa Giudici ,

Conoscerete la nostra velocità e sarà di 13 giorni esatti. Steven Soderbergh nemmeno lo accenna, neanche fosse un’informazione trascurabile. A rivelarlo è Meryl Streep: le riprese di The Laundromat (il titolo italiano è Panama Pepers) sono durate meno di due settimane. Mettere insieme il girato necessario a confezionare un film di 90 minuti, con un set al solito infarcito di superstar (qui ci sono l’eterna Streep ma anche Gary Oldman e Antonio Banderas) e considerarlo un aneddoto privo di nota è in qualche modo la firma di questo cineasta.

Il regista statunitense è uno dei più grandi figli della nuova alba tecnologica del cinema, fatta di riprese in digitale e girato che puoi controllare e aggiustare sera dopo sera. prima di tornare sul set la mattina successiva. Sperimentatore inarrestabile e lavoratore infaticabile, Soderbergh non ha il problema della qualità ma casomai della costanza, dato che la sua produzione non si esprime sempre ai massimi livelli.

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Gary Oldman e Antonio Banderas in The Laundromat
Gary Oldman e Antonio Banderas in The Laundromat diventano il Dante e Virgilio dei paradisi fiscali

The Laundromat però è una delle sue prove registiche migliori degli ultimi anni, un film che nonostante l’apparente leggerezza con cui approccia la materia narrativa di cui è fatto (“questo film è basato su veri segreti”), utilizza la sua stessa levità per tirare stoccate non indifferenti, prima di avanzare il suo personalissimo J’accuse alla legislazione americana.

Panama Papers for dummies

La materia di cui sono fatte le storie di The Laundromat sono i soldi: soldi veri, fondi fiduciari e il credito, “il tempo futuro del denaro”. Per raccontare il massiccio leak di informazioni passato alla storia come Panama Papers (lo scandalo che ha rilevato che i politici di mezzo mondo avevano messo al sicuro ed esentasse i loro soldi in paradisi fiscali come Panama) Soderbergh ricorre a una serie di storie fittizie e a tratti artificiose. C’è una vedova che ha perso il marito in una gita in barca, c’è una figlia che scopre il tradimento “doppio” del padre nei confronti di lei e sua madre, c’è un ricco affarista invischiato in una tangente cinese.

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Il grande problema dei Panama Papers è che non sono una storia organica, bensì una serie di conti e cifre che raccontano i movimenti più o meno leciti dei soldi dei ricchi, come questi eludano le tasse, ma solo a chi mastica alta finanza. A dar voce ai verdoni ci sono anche Antonio Banderas e Gary Oldman, impegnati in una serie di brillanti “spiegoni” su come il denaro si muova e come certe strutture finanziarie siano lì per fregare chi di soldi ne ha pochi. Trovo onestamente sconfortante che lo sforzo di Soderbergh di rendere il più brillante, veloce e terra terra possibile la spiegazione della struttura economica del suo film venga accolto al grido di “troppe spiegazioni, vogliamo la storia”.

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Meryl Streep in The Laundromat
Meryl Streep in The Laundromat trova anche il tempo di tornare ad essere sé stessa, attrice e attivista

La storia di fatto non c’è, Soderbergh se ne inventa una (anzi, tre) per dare un corpo ai segreti rilevati dai Panama Paper. Lo fa in maniera brillante e smaliziata, quasi a confermare di aver visto e assimilato la lezione di Adam McKay, mantenendo però a freno la carica rabbiosa e conservando un atteggiamento più divertito e distaccato.

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Ci pensa poi il piano sequenza finale a rivelare quanto sia volutamente artificiale la sua narrazione e quale sia l’autentica richiesta che il film avanza, con un passaggio geniale che vede per protagonista Meryl Streep che smette i panni del personaggio per ritornare sé stessa, attrice e attivista.

Un regista facile facile

Il guaio di Soderbergh è che ogni volta la sua leggerezza e incredibile velocità fanno sembrare il suo cinema tutto facile, tutto semplice, tanto che lo si dà quasi per scontato. The Laundromat è un gran bel film con delle soluzioni narrative affascinanti, gioiosamente pacchiane e iperboliche, volte a tentare di arginare un po’ l’analfabetismo finanziario che favorisce la nostra realtà di soldi liquidi e smaterializzati. Il tutto in poco più di 90 minuti, quando ci sono film che per chiarire una delle miriadi di concetti qui contenuti impiegano la loro intera durata.

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Insomma, dispiace un po’ constatare che qualsiasi veste del suo infinito guardaroba stilistico indossi Soderbergh, sia sempre dato per scontato nella sua apparente facilità. Essere coinvolgente ma leggero come lui è e rimane un valore che si ottiene raramente, specie nei film da Mostra, con molti se e ma.

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Gary Oldman e Antonio Banderas in spiaggia
Gary Oldman e Antonio Banderas intepretano due istrionici truffatori

Spiace ancor di più vedere che ogni volta che un regista (statunitense e non) tenta di trascinare il pubblico nella matrioska finanziaria che è il mondo d’oggi per aprirgli gli occhi, quello risponda sdegnato che dell’economia non gli interessa e vuole solo sentirsi raccontare una storia: al cinema, in politica e chissà dove altro ancora.

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Commento

cpop.it

75

Velocissimo sì, ma stavolta Soderbergh riesce ad essere anche pulito e rifinito: nel raccontare lo scandalo Panama Papers impartisce una agile lezione di cinema politico in soli 96 minuti.

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