Il pianista: trama e significato del film di Roman Polanski

Autore: Simona Vitale ,

Per parlare di un argomento toccante e importante come la Seconda Guerra Mondiale occorre competenza, conoscenza e delicatezza. Tutte caratteristiche presenti in un film come Il pianista, a dir poco osannato da pubblico e critica.

Presentato per la prima volta nel maggio 2002 al Festival di Cannes (dove ha vinto la prestigiosa Palma d'Oro), Il pianista ha rapidamente raccolto consensi in tutto il mondo vincendo numerosi premi. Tra i più prestigiosi vanno sicuramente annoverati i premi Oscar per il miglior film, per la miglior sceneggiatura non originale e quello per il miglior attore protagonista a Adrien Brody, calato a perfezione nei panni del pianista ebreo polacco che vive gli orrori della guerra.

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L'interprete venne scelto dal regista Roman Polanski durante il loro primo incontro a Parigi. Per comprendere quanto valore avesse la realizzazione di questo film per Polanski basta pensare al fatto che prima di Brody, per il ruolo del protagonista, furono esaminati oltre 1.400 attori. Le motivazioni alla base della ricerca dell'uomo perfetto per il suo film da parte del regista sono chiare e comprensibili se si conosce la storia di Polanski.

Quest'ultimo, infatti, era scappato dal ghetto di Cracovia quando era solo un bambino, dopo la morte di sua madre. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale Polanski visse nella stalla di un contadino, riuscendo a riunirsi con suo padre solo al termine del Conflitto. Insomma, le premesse erano idonee per la realizzazione di una pellicola destinata a ritagliarsi un ruolo di primo piano nella storia del cinema. E così è stato.

Il pianista: la trama

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Il pianista. Varsavia 1939-1945. La straordinaria storia di un sopravvissuto

Il DVD dell'iconico film di Roman Polanski: Il pianista.

Ispirandosi al libro omonimo di Władysław Szpilman, Il pianista ci porta indietro nel tempo: sino al famigerato mese di settembre del 1939, quando la Germania nazista invade la Polonia, cominciando di fatto la Seconda Guerra Mondiale. Władysław Szpilman è un pianista polacco ebreo che sta suonando in diretta alla radio di Varsavia il Notturno di Chopin, quando lo studio di registrazione viene colpito da un bombardamento. In seguito, alla radio, il pianista e la sua famiglia apprendono che Francia e Gran Bretagna hanno dichiarato guerra alla Germania. L'entusiasmo iniziale viene però smorzato dal fatto che - pochi giorni dopo - Varsavia viene occupata dai tedeschi.

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I primi a risentire delle conseguenze dell'occupazione sono proprio gli ebrei, allontanati dal lavoro, privati di buona parte dei loro risparmi e costretti ad indossare la fascia bianca con la stella di David. Dopo aver messo mano alle ultime risorse finanziarie a loro disposizione, la famiglia Szpilman cade in povertà ed è costretta a vendere il proprio pianoforte per far fronte all'emergenza economica, prima di trasferirsi nel ghetto di Varsavia sotto costrizione di un nuovo decreto nazista.

Tra il 1940 e il 1942 Szpilman e la sua famiglia assistono agli orrori della guerra: la morte, la fame, la distruzione fanno parte della quotidianità del ghetto di Varsavia. Il 16 agosto 1942 il pianista e la sua famiglia stanno per essere deportati nel campo di concentramento di Triblinka. Prima di salire sul treno, però, Wladyslaw viene riconosciuto da Lewinski, suo vecchio amico poliziotto, e allontanato dalla fila, salvato da quel viaggio che probabilmente lo avrebbe condotto a morte certa.

Completamente solo, dopo aver trovato lavoro come carpentiere, aiuta la resistenza del ghetto ad organizzare una rivolta contrabbandando delle armi. Costretto a rifugiararsi in diverse case - grazie anche all'aiuto di pochi amici sopravvissuti - Wladyslaw tenta di non soccombere agli orrori della guerra, suonando (in silenzio per non farsi scoprire dai tedeschi) un vecchio pianoforte trovato in un appartamento. Nei mesi successivi all'agosto del 1944 (dopo la rivolta di Varsavia), la capitale polacca viene completamente distrutta. Wladyslaw è oramai quasi un morto che cammina, debole e affamato, che trova riparo in uno dei pochi edifici ancora in piedi di Varsavia.

Il pianista: il finale

Focus Features/StudioCanal
Scena il pianista a Varsavia
Il pianista tra le macerie del ghetto di Varsavia

Mentre tenta disperatamente di aprire un barattolo di cetrioli in preda ai morsi della fame, viene scoperto da un ufficiale tedesco che scopre che Szpilman è un pianista. L'ufficiale chiede all'uomo di suonare un pianoforte a coda presente in quella casa. Il pianista - molto provato e stanco - riesce comunque a suonare la Ballata in sol minore di Chopin. Il tedesco, profondamente colpito dall'esecuzione, lascia che Szpilman si nasconda nell'attico di quella casa, fornendogli periodicamente generi alimentari con cui nutrirsi sino a quando, nel gennaio del 1945, assistiamo alla liberazione da parte dei russi e alla fuga dei tedeschi dalla città di Varsavia.

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L'addio tra l'ufficiale e il pianista è molto toccante. Durante il loro ultimo incontro, il tedesco promette a Szpilman che lo ascolterà suonare alla radio polacca dopo la guerra. L'uomo si congeda, non prima di aver donato al polacco il suo cappotto per consentirgli di ripararsi dal freddo. Passano i mesi e il pianista è oramai un uomo libero. Non così per l'ufficiale tedesco, prigioniero in un campo di guerra sovietico. Pur volendo, Szpilman non riuscirà ad arrivare in tempo per salvare il suo "vecchio amico". 

Il finale della pellicola mostra cosa è accaduto dopo il Conflitto. Come previsto dall'ufficiale, il pianista torna a lavorare alla radio polacca ed esegue in maniera impeccabile un brano di Chopin. Una vita lunga e intensa quella del pianista, morto nel 2000 all'età di 88 anni.

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Non così per l'ufficiale tedesco, morto nel 1952, sotto la prigionia sovietica.

Il significato del film

Focus Features/StudioCanal
Il pianista, scena film
Una scena del film Il pianista

Con questo film Roman Polanski ci mette di fronte alla più che discussa atrocità della guerra, all'orrore della distruzione e all'annientamento della dignità di essere umano. Ci racconta la storia di un uomo che è riuscito a sopravvivere ad uno sterminio che ha portato alla morte sei milioni di ebrei. Sei milioni. Un numero raccapricciante, vergognoso. Ma non basta solo la volontà di sopravvivere alla guerra e alle sue barbarie. Il pianista ci ha insegnato la forza della musica e il giusto valore da attribuire alla fortuna.

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Il nostro protagonista ha avuto la fortuna di avere degli amici che lo hanno aiutato, in primis sottraendolo dalla possibilità di finire in un campo di concentramento ed assistere alla propria classificazione di essere umano in base ad un giudizio di mera "utilità". Assistere alla distruzione progressiva e quotidiana della città di Varsavia non è stato facile per il pianista, ma è stato possibile sopportando il dolore con la musica, quella dolce e amata musica suonata solo nella mente. Perché il rumore sublime dei tasti di un pianoforte avrebbe potuto destare l'attenzione dei tedeschi nei paraggi. E sarebbe stata la fine, senza note in sottofondo se non quelle assordanti delle pistole e dei fucili.

Il film potrebbe essere dipinto come un'ode alla speranza, alla ricerca della bellezza e, soprattutto, della salvezza negli orrori di un periodo storico che a milioni di persone ha offerto solo la morte. Lo spettatore, messo di fronte allo sterminio perpetrato dai nazisti, che di certo non hanno cercato giustificazioni alle proprie azioni in nome di qualche Dio o di qualche religione, ha un preciso dovere morale. Quello di rispettare la fortuna di vivere in tempi di pace, tempi in cui nessuno può permettersi di decidere chi vive e chi muore in base alla razza o al colore dei capelli.

Rispetto e silenzio per un capolavoro - che come aveva già fatto prima un altro film importante come Schindler's List - ci mette brutalmente dinanzi a quello che è stato e che mai dovrà più essere.

Ma al tempo stesso, offre a tutti noi la luce della speranza che è fondamentale per andare avanti nella vita, anche quando sembra che ci sia buio ovunque.

Come si chiama il pianista?

Il nome del pianista polacco protagonista della pellicola di Polanski è Władysław Szpilman.

Il pianista è ispirata a una storia vera?

Sì, Il pianista è ispirato all'autobiografia omonima del musicista ebreo polacco Władysław Szpilman, che nel suo libro racconta gli orrori e le persecuzioni vissute nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Come si chiama l'ufficiale de Il pianista

L'ufficiale tedesco che aiutato Szpilzman a sopravvivere nel ghetto di Varsavia dopo averlo sentito suonare al pianoforte è Wilm Hosenfeld. Solo dopo la sua morte, nel film, è rivelato il suo nome.

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