Indiana jones e l'ultima crociata, il tempio nel film e nella realtà

Autore: Emanuele Zambon ,

"L'archeologia si dedica alla ricerca dei fatti, non della verità. Perciò toglietevi dalla testa città abbandonate, viaggi esotici e scavi in giro per il mondo; noi non seguiamo mappe di tesori nascosti e la "X" non indica mai il punto dove scavare!". Non date retta al professor Henry "Indiana" Jones, uno che sbuca fuori nei posti più assurdi nemmeno fosse una moneta falsa.

Dopo aver sconfitto i predatori dell'Arca perduta e aver messo fine alla maledizione thug del tempio di Penkot, l'archeologo con frusta e cappello insegue il manufatto più favoloso dell'intera storia del genere umano in Indiana Jones e l'ultima crociata: il sacro Graal.

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Una ricerca che coinvolge vecchi amici (Marcus Brody e Sallah), doppiogiochisti - l'affascinante Dott.ssa Elsa Schneider - e gli immancabili nazisti, nemici giurati di Indy. Il cammino verso il tempio di Alessandretta coinvolge dirigibili, Messerschmitt, Rolls Royce Phantom, sidecar, cavalli e pennuti, toccando Italia, Austria, Germania e Turchia (quest'ultima solo a livello narrativo, come avremo modo di scoprire più avanti).

Indy, uno 007 con la frusta

In origine la storia del terzo film, come ha avuto modo di rivelare George Lucas nello speciale che fa parte degli extra del cofanetto Blu-ray della saga, parlava di un castello incantato, ma Spielberg all'epoca era reduce da Poltergeist - Demoniache presenze e non voleva fare un altro film del genere.

Il tema centrale dell'ultima (vera) crociata di Indiana Jones è un atto di fede personale, la ricerca (doppia) del Graal e di un rapporto mai decollato tra padre e figlio. Solo una persona al mondo poteva impersonare il genitore di un personaggio come Indy: James Bond. Perché l'archeologo avventuriero di Harrison Ford è il figlio cinematografico dell'iconica spia dell'MI6: entrambi sono uomini d'azione ma dai modi sofisticati, entrambi possiedono una spiccata cultura e una tenacia seconda solo ai modi spicci, specie con le donne. Scontato, quindi, che Jones senior venisse individuato da Spileber & Co. nel Bond per eccellenza: Sean Connery.

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C'è un altro aspetto, però, che accomuna i due universi: un certo gusto per l'esotismo, lo stesso, identico, fascino che scaturisce da numerosi viaggi da un capo all'altro del mondo. Funzionano un po' come un'agenzia turistica, Indy e 007. Quale miglior spot, al cinema, per le località più suggestive del pianeta?

L'azione, in Indiana Jones e l'ultima crociata così come negli altri capitoli della serie, tocca luoghi meravigliosi, offrendo alla storia un contesto irresistibile. Tutto questo, nel film, si traduce nelle splendide panoramiche di Venezia e dell'Almería, la zona desertica della Spagna - teatro di numerosi spaghetti western negli anni '60 - che nella pellicola di Steven Spielberg fa da sfondo alla rocambolesca sequenza del carro armato.

Il tempio di Alessandretta nel film

Columbia Pictures/Lucasfilm
La scena finale di Indiana Jones e l'ultima crociata

La location più iconica del film, però, è senza dubbio il tempio di Alessandretta, raggiungibile, secondo le indicazioni della tavoletta del Graal rintracciata a Venezia, "attraverso il deserto e oltre la montagna nella gola della Luna crescente" (i protagonisti vi giungeranno grazie alla mappa di Jones senior). Racconta Indy - nella parte centrale del terzo capitolo della saga - che la città venne rasa al suolo; sulle sue rovine, prosegue l'archeologo istruendo Brody, sorge la città di Iskenderun

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Occorre a questo punto fare una precisazione: Alessandretta (o Iskenderun) esiste davvero, è una città del distretto turco di Hatay. Ma non è lì che si trova il mastodontico tempio che cela nella pellicola il santo Graal. 

Il tempo di El Khasneh al Faroun a Petra, in Giordania

La facciata del nascondiglio della coppa contenente il sangue di Cristo è in realtà l'El Khasneh al Faroun in Giordania, uno dei siti archeologici più famosi al mondo. 

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Con una facciata larga circa 28 m e alta 39,6 m, il monumento impressiona per dimensioni e per la curiosa contaminazione tra architettura araba ed ellenistica. La data della costruzione del tempio è molto controversa e la varie ipotesi spaziano in un arco di tempo molto vasto, dal 100 a.C. al 200 d.C. (anche se, con tutta probabilità, venne realizzato per ospitare la tomba del re nabateo Areta III (87-62 a.C.), detto "Filelleno", forse sotto Areta IV o un altro dei successori di Areta III.

Sempre grazie agli extra del film, sappiamo che la produzione, nel 1988, si recò in Giordania per girare lì dove "David Lean aveva girato Lawrence d'Arabia". Spielberg, Ford, Connery e gli altri furono ospiti del palazzo reale di Aqaba, accolti dal re Hussein e dalla regina Noor. Non fu possibile (come invece per Il tempio maledetto) ripercorrere le orme di sir David, ovvero addentrarsi all'interno del sito per girare, ma venne loro permesso di riprendere l'affascinante città dimenticata di Petra e il suo incredibile gioiello architettonico scolpito direttamente nella parete di arenaria del canyon. Gli interni vennero poi girati negli studios di Londra, con un set idraulico comprendente cinque sospensioni cardaniche che servivano a far tremare il suolo per creare l'effetto di un terremoto.

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Ad Aqaba e a Petra vennero girati gli esterni del tempio. Petra nel film è visibile solo in minima parte. È stato il set che ha preceduto il ritorno negli States della crew, successivamente impegnata a filmare la sequenza iniziale con River Phoenix (Indy da giovane) tra Colorado, New Mexico e Utah (tre Stati diversi nella zona del Four Corners).

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