Recensione Jack Reacher 2: Punto di non ritorno, Tom Cruise è sempre duro a morire

Autore: Emanuele Zambon ,

Non seguitelo di nascosto altrimenti si arrabbierà, fracassando prima il vetro della vostra auto e poi le vostre meningi. Non sfidatelo, perché non si fermerà fino a quando non cederete fisicamente sotto i suoi occhi. Vi chiederà di guardarlo un'ultima volta, poi avrete il suo permesso di morire. Sono quasi impercettibili le sfumature che separano l'action man Jack Reacher dal suo alter ego in carne ed ossa Tom Cruise, protagonista nelle sale con Jack Reacher 2: Punto di non ritorno.

Il sequel de La prova decisiva è ispirato al 18esimo romanzo della saga letteraria ideata dallo scrittore britannico Lee Child, definito da Stephen King come il papà del miglior personaggio seriale su carta dei nostri tempi (a metà strada fra il Jack Ryan di Tom Clancy e il Dirk Pitt di Clive Cussler). Diretto da Edward Zwick, il film mostra l'attempato ex maggiore dell'esercito alle prese con un complotto attuato da contractor senza scrupoli in territorio di guerra (e per conto del Governo). Reacher assolve con determinazione un doppio compito: salvare la pelle (e la reputazione) del maggiore Susan Turner - la Cobie Smulders dei cinecomic Marvel - accusata di spionaggio e proteggere da temibili sicari una ragazza che presume sia la propria figlia.

"È paura quella che sento nella tua voce?"; "È eccitazione!". Che sia una rissa in un bar oppure uno scontro con un killer professionista, poco importa: l'antieroe col volto di Tom Cruise è un giustiziere della notte così come del giorno, un sopravvissuto (anche se qui non c'è nessun Vietnam a dilaniare l'anima del protagonista come in Rambo) che preferisce lo scontro a mani nude piuttosto che una sparatoria. Una sorta di Bud Spencer, però più basso e cinico, con un addestramento alle spalle degno del miglior Jason Bourne.

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Se non fosse per l'avanzare dell'età, avremmo un perfetto supereroe che vola giù dai tetti e si rialza come se nulla fosse, incassa badilate con la stessa nonchalanche con cui un operatore bancario agguanta l'assegno del cliente e schiva pallottole e nemici con abilità olimpica. Invece no. È sì Tom Cruise, ma non ha più la prestanza fisica dei "giorni di tuono". Arranca, le prende, si fa beffare da una ragazzina. Però reagisce, colpo su colpo. Carica a testa bassa, mosso da un (inaspettato, almeno per il personaggio) istinto paterno.

Universal Pictures
Tom Cruise non ama essere seguito in Jack Reacher 2: Punto di non ritorno

Jack Reacher 2: Punto di non ritorno è il risultato di un cinema muscolare, vagamente retrò. Un action solido che alterna sequenze action coreografate alla vecchia maniera e battute che richiamano alla memoria numerose pellicole di genere anni '80 (da Trappola di cristallo - Die Hard a Tango e Cash). Meno sincopato del sequel di Io Vi troverò con Liam Neeson, di cui condivide l'idea di un ex "programmato per uccidere" chiamato a difendere la propria famiglia, è una virata dall'hard boiled al thriller a tinte spy, con Tom Cruise allenato da anni di "missioni impossibili".

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La pellicola diretta da Edward Zwick reitera la formula del precedente capitolo - violenza/nemici/happy end - mostrando d'altro canto un giustiziere non più solitario (o forse sì?) e in totale idiosincrasia con ciò che lo circonda. Un action man âgé, calato in un contesto filmico anacronistico (ma non per questo meno affascinante) se confrontato con gli script in voga attualmente ad Hollywood. Jack Reacher 2: Punto di non ritorno, con una vena di malinconia, ci regala l'ultimo boyscout del cinema, fuori tempo massimo. 

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