L'assassinio di Gianni Versace: la narrazione del terzo episodio

Autore: Chiara Poli ,

Si dice che il matrimonio sia fatto di compromessi. E lo si dice perché in effetti è vero: vivere insieme significa mediare continuamente. Fra la propria personalità e quella del partner. Fra le nostre esigenze e quelle della persona che amiamo.

Riprendendo il filone narrativo iniziato con l'episodio pilota, questo terzo episodio di #American Crime Story continua a insistere sullo stesso punto: mostrandoci l'antefatto dell'omicidio di Lee Miglin, con la sua vita matrimoniale e la celebrazione della sua carriera, gli autori - basandosi sul libro di Maureen Orth da cui è tratta la serie - vogliono parlarci dei compromessi in casa Miglin.

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I compromessi - siamo nel 1997, per l'unione dei Miglin dobbiamo tornare indietro di almeno quarant'anni e finiamo dritti dritti negli anni '50 - che un omosessuale doveva accettare per vivere in una società che non voleva vedere la sua natura né conoscere i suoi desideri. E tantomeno rispettare i suoi diritti.

Lee Miglin, milionario, ha costruito un impero dal nulla. Ha sposato una donna bella, intelligente e di gran classe. Ha avuto dei figli, che ama come fa qualunque altro genitore.

Lee Miglin ha dovuto convivere con un'educazione cattolica che lo faceva sentire un peccatore, un uomo sbagliato.

Lee Miglin è stato costretto a fingere per tutta la vita. E la moglie Marilyn con lui.

Ecco perché non c'è nulla di veramente casuale nella sua morte, se non la definizione che ne vuole dare la sua compagna di una vita per evitare chiacchiere.

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Vivere e morire nei segreti

Lee Miglin aveva avuto degli incontri con #Andrew Cunanan, perennemente a caccia di ricchissimi signori di una certa età. Quei signori che, come Lee, avevano dovuto trascorrere tutta la loro esistenza nella bugia.

L'arrivo di Andrew a Chicago, nel 1997, non è avvenuto per caso. Cunanan aveva già ucciso il suo migliore amico e l'uomo che amava. Cunanan era in fuga. Non aveva soldi, non sapeva dove andare. Ed era fuori controllo. Lee Miglin, che l'ha accolto nella sua casa, è morto com'era vissuto: in disparte, nascosto in un garage. In segreto. Deriso e sbeffeggiato dal suo stesso assassino.

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Il suo omicidio - e queste non sono le supposizioni degli autori e della Orth sui loro incontri, questo è un dato di fatto - ha scoperchiato il vaso di Pandora dei segreti. Segreti che all'epoca erano scandalosi, ma soprattutto pericolosi.

Questo episodio è incentrato sulle figure di Lee Miglin e su quella di Andrew Cunanan per uno scopo preciso: far comprendere al pubblico (questa volta sì per volontà degli sceneggiatori) il dramma di un brav'uomo, un ottimo padre e un marito che ha fatto del suo meglio per vivere una vita alla quale ha dovuto adattarsi. Giorno dopo giorno. Dopo giorno. Dopo giorno.

Nessuno sa veramente cosa si siano detti Miglin e Cunanan a Chicago. Nessuno sa veramente come andarono esattamente le cose. Per questo, la serie costruisce scene immaginate che ci fanno comprendere quanto Cunana fosse crudele. E quanto Miglin - e tutte le persone nella sua stessa situazione - abbiano dovuto soffrire per una vita intera.

L'invidia è un mostro (dagli occhi verdi)

L'omicidio - brutale e incredibilmente crudele, perché sfrutta la fiducia della vittima - è l'omicidio di un brav'uomo per mano di uno che, di buono, non aveva proprio nulla. Andrew Cunanan, in questo episodio come nei precedenti, ci mostra la sua incapacità di rapportarsi con le persone di successo.

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Il punto di ciò che gli sceneggiatori ci hanno appena raccontato è che Cunanan non concepiva che qualcuno avesse avuto successo e lui no. Non aveva idea di cosa significasse lavorare per un obiettivo e non aveva pietà per chi, secondo il suo distorto punto di vista, aveva avuto "fortuna".

Lee Miglin era l'incarnazione stessa del sogno americano. Un uomo che aveva iniziato vendendo un preparato per pancake lungo la strada e che era arrivato a gestire un'azienda milionaria.  Andrew Cunanan era la sua nemesi. La negazione stessa del sogno americano. L'aspirazione ad avere tutto. Subito. E senza sforzo.

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Una cosa è certa: la ricostruzione fittizia creata dalla Orth e dagli sceneggiatori riesce nell'intento di riportarci all'atmosfera di pregiudizio, rifiuto e odio che circondava l'omosessualità. 

Ancora una volta, veniamo trasportati indietro nel tempo. Assistiamo alla tragica e immeritata esecuzione di qualcuno. E ancora una volta, quel qualcuno muore per mano di Andrew Cunanan.

Nel mondo degli anni '90 regnava l'ipocrisia. E anche l'ipocrisia, per anni, ha ucciso. La stessa ipocrisia che Marilyn Miglin si leva di dosso, come una maschera, mentre si strucca... Ma solo per il tempo di dormire. Poi, via: si riparte con le menzogne.

Il quarto episodio di #American Crime Story vi aspetta venerdì prossimo solo su FoxCrime

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