La terra dell'abbastanza: trama e finale del film di Damiano e Fabio D'Innocenzo

Autore: Alessandro Zoppo ,

Presentato al Festival di Berlino 2018 nella sezione Panorama, La terra dell'abbastanza è il folgorante film di debutto dei fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, premiati con il Nastro d'Argento come migliori esordienti.

Prodotto dalla Pepito Produzioni di Agostino Saccà con Rai Cinema, #La terra dell'abbastanza ha lanciato la carriera dei registi di #Favolacce, che puntano a "mettere gli spettatori in una posizione di disagio" con i loro racconti crudi e sporchi.

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In questo caso, al centro della storia c'è una coppia di amici che in una surreale, abbandonata e pericolosa periferia di Roma, scivola progressivamente verso la criminalità.

"Avemo svortato" è il mantra che si ripetono i giovani protagonisti di questa "fiaba dark" (i D'Innocenzo citano Le città invisibili di Italo Calvino e La torta in cielo di Gianni Rodari come riferimenti letterari) tutta da approfondire, in particolar modo per le sue sequenze finali.

La terra dell'abbastanza: la trama

Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano) sono due amici, compagni di scuola all'istituto alberghiero. Vivono a Ponte di Nona e sbarcano il lunario consegnando pizze a domicilio. Sono bravi ragazzi, almeno fino al momento in cui, guidando a tarda notte tra una chiacchiera e un panino alla cicoria, investono accidentalmente un uomo e per paura decidono di scappare.

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Quando si rifugiano dal padre di Manolo (un bravissimo e sorprendente Max Tortora), scoprono che la tragedia può trasformarsi in un colpo di fortuna: la persona che hanno ucciso è un "infame", un pentito di un clan criminale di zona, i Pantano. Averlo fatto fuori, seppure per caso, può finalmente accreditarli presso la malavita locale, facendo loro guadagnare il rispetto e soprattutto i soldi che non hanno mai avuto.

Grazie al contatto con lo spietato boss del quartiere (Luca Zingaretti), Mirko e Manolo entrano in un giro di droga, prostituzione e regolamenti di conti che si rivela subito una discesa agli inferi senza ritorno.

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Pepito Produzioni / Adler Entertainment
Un primo piano di Matteo Olivetti in una scena del film La terra dell'abbastanza
Mirko diventa un sicario

Damiano e Fabio D'Innocenzo hanno riunito un comparto tecnico di eccellenze (Paolo Carnera alla fotografia, Marco Spoletini al montaggio, Paolo Bonfini alle scenografie, Maricetta Lombardo al suono, Massimo Cantini Parrini ai costumi) per quest'esordio nel quale hanno messo a nudo gli esclusi, l'emarginazione sociale e la violenza che "diventa l'unico linguaggio comprensibile" quando "il sangue non fa più impressione".

I due ragazzi protagonisti uccidono involontariamente un uomo e scelgono la via più facile, quella del silenzio, ma i fantasmi di quest'evento non gli lasciano tregua. Così cominciano a corazzarsi dai sensi di colpa. Credono sia più facile accumulare ulteriore carico di disumanizzazione invece che ripulirsi da quanto è accaduto. Quando si apre lo spiraglio dell'attività criminale vedono miracolosamente concretizzarsi la pista alternativa della quale credono di avere bisogno: abituarsi al male. Al punto da non sentire più niente, coscienza compresa.

Il finale e la spiegazione

Entrati a pieno nel giro di Angelo (Zingaretti), "Cip e Ciop" fanno ormai parte di quel sottobosco criminale. Mirko ha lasciato la fidanzata Ambra (Michela De Rossi) e ha rotto i rapporti con la madre Alessia (Milena Mancini).

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Durante una cerimonia al ristorante, Angelo affida alla coppia un importante incarico: uccidere Ruggero Perego, un ex pugile che da qualche tempo si è rifugiato in una baracca nel reatino. "So' cani sciolti, so' du' matti": il capo decide di mandarli ad ammazzare a sangue freddo perché non hanno la consapevolezza di quello che fanno, ed è per questo che "je riesce facile".

Ma soprattutto, Mirko e Manolo sono sacrificabili. Sono i killer perfetti per questo regolamento di conti. "Devono pote' sogna'", dice Angelo.

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Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano in una scena del film La terra dell'abbastanza
Mirko e Manolo accettano quello che sarà il loro ultimo incarico

Il piano è semplice: arrivare a Rieti di notte, fare fuori i cani da guardia e poi Perego. È Manolo a sparare il colpo fatale che fredda il pugile. Mirko è in auto a fare il palo. A missione compiuta, il ragazzo non regge il senso di colpa: preso dalla paura e dal rimorso, Manolo si uccide sparandosi un colpo alla testa.

Mirko entra in casa proprio in quel momento: assiste impotente al suicidio dell'amico. Sotto choc per quanto ha appena visto, il giovane si mette in macchina e fugge. Il sottile equilibrio si è spezzato: Mirko esplode in lacrime e implora perdono. "Non c'ho capito un cazzo di quello che stava succedendo. E la colpa è la mia! Perdonami! Scusa cazzo, non ero io!", urla distrutto al volante.

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Un primo piano di Matteo Olivetti in una scena del film La terra dell'abbastanza
La rabbia e la disperazione di Mirko dopo il suicidio di Manolo

Disperato al volante nel cuore della notte, Mirko torna a Roma e si presenta a casa di Danilo, il papà di Manolo, per comunicargli la notizia. Non ha il coraggio di dirgli la verità: mentendo, gli dice che il figlio è morto in un conflitto a fuoco con l'ex pugile.

"Si sono trovati uno davanti all'altro e si sono sparati: è crollato per terra": è questa la sua versione dei fatti. "È quello che succede a chi fa 'a vita nostra", gli risponde sconsolato Danilo. "M'è morto er fijo", sono le sue uniche parole prima di mettersi a piangere davanti allo specchio mentre si pettina i capelli.

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Max Tortora in una scena del film La terra dell'abbastanza
Danilo elabora la morte del figlio davanti allo specchio

L'indomani, alle prime luci dell'alba, Mirko va a casa della madre: le prepara la colazione e fa di tutto per non svegliarla, senza successo. Il suo sguardo, però, è perso nel vuoto. "Mi dispiace per quello che è successo, se semo allontanati", confessa ad Alessia, che non ha mai approvato le scelte fatte dal figlio. "Vado un attimo in bagno", dicono l'una all'altro.

Prima di lasciarla, Mirko promette alla madre che la porterà nel posto dove desidera andare a vivere, il primo che le viene in mente: il Molise. Qualcosa che, come recita una provocazione diventata un brand, non esiste. "A ma'... mamma", sono le ultime parole che pronuncia prima di uscire.

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Milena Mancini in una scena del film La terra dell'abbastanza
L'ultimo incontro tra Mirko e Alessia

Dopo una lunga riflessione, Mirko prende una decisione drastica: va alla polizia a denunciare tutto. Ma mentre attraversa la strada, un attimo prima di entrare in caserma, viene ucciso da un colpo di pistola proveniente da un'auto in corsa.

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Matteo Olivetti muore nel finale del film La terra dell'abbastanza
Il corpo di Mirko davanti alla caserma della polizia, freddato da un colpo di pistola

Il film si chiude con un'ultima scena dedicata alle figure genitoriali dei due ragazzi. Due persone dai caratteri opposti, "entrambe vittime dell'inesorabile spirale tragica che non accenna a fermarsi", come hanno spiegato i registi.

Alessia è ferma in auto: attende l'arrivo della figlia, appena uscita da scuola. Nella sequenza successiva, entra in un bar-tabacchi e incontra Danilo. L'uomo è inchiodato a giocare al videopoker. Sul braccio destro si nota il tatuaggio "Manolo", il nome del figlio, "così me lo porto sempre con me". "Come stai?", chiede ad Alessia. "Stanca", risponde lei.

Lo sguardo della donna è inequivocabile: prova disgusto, disperazione e impotenza per quel padre più infantile, miserabile e immaturo dei loro ragazzi. "Perché non te lo fai anche te? Ce fai scrive Mirko... Guarda che non se sente niente, eh. Poi è n'amico mio, ce parlo io, te faccio fa pure lo sconto se vuoi", sono le uniche parole che riesce a dirle.

"Vabbè, io vado a casa che devo prepara' a cena pe' a ragazzina", taglia corto Alessia. "Che fai da mangia'?", le domanda Danilo. "Quello che c'è": su questa battuta si chiude il film, accompagnato sui titoli di coda dalle musiche dark-jazz di Bohren & der Club of Gore.

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Milena Mancini nel finale del film La terra dell'abbastanza
Lo sguardo di Alessia a Danilo nel finale del film

Non è un caso che il film regala ai due genitori il finale. Lui che gioca alle slot, lei che pensa di parlare con un adulto col quale condividere un dolore così profondo. L'epilogo, così tragico e asciutto, sembra già scritto sin dall'inizio. Rimandato scena dopo scena, sottolineato da quel "ci pensi mai a quella sera te?" che Mirko e Manolo si ripetono. Da zero a mille, così, tutto di colpo.

Come in Favolacce, gli adulti – soprattutto i padri – escono a pezzi. La periferia, hanno spiegato i registi a Rolling Stone, gioca un ruolo centrale: è lì dove non c'è più nulla che montano la disperazione, l'inferno, l'assuefazione al male.

Noi siamo di Tor Bella Monaca, la conosciamo bene. Volevamo raccontare ciò che conosciamo, con un genere, il crime, che non prevede spesso l'amicizia, non in questi termini almeno.

La terra dell'abbastanza La terra dell'abbastanza Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia romana. Guidando a tarda notte, investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di ... Apri scheda

Boys Cry, come recita il titolo internazionale del film, ispirato all'album Boys Don't Cry dei Cure.

È "abbastanza" quando si accetta qualsiasi cosa per i soldi e si finisce in balia degli eventi in un limbo, un mondo squallido e sordido? La risposta, come ripetono i D'Innocenzo, non c'è.

Ogni spettatore deve poter dare un significato diverso, una lettura personale di questo "abbastanza".

E voi cosa ne pensate di La terra dell'abbastanza e del suo finale disperato?

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