L'intervista a Toni Servillo e al cast della commedia Lasciati Andare

Autore: Elisa Giudici ,

È uscito in questo fine settimana in 250 copie in tutto lo Stivale, confermando che oltre alla stampa, anche gli esercenti credono nel potenziale di Lasciati Andare, commedia all'italiana di Rai Cinema e Cattleya e primo lungometraggio di un certo rilievo del regista Francesco Amato, con protagonista l'istrionico Toni Servillo. La fiducia e l'interesse sono arrivati anche dall'estero: ancor prima di uscire nelle nostre sale, Lasciati Andare è stato già venduto su molti mercati stranieri, dalla Francia alla Grecia, dagli Stati Uniti alla Thailandia. 

Cosa c'è dietro questo interesse oltre la media e questo successo annunciato? Hanno tentato di spiegarlo alla stampa milanese il trio di protagonisti Toni Servillo, Carla Signoris e Verónica Echegui e il regista Francesco Amato.

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Elisa Giudici
La conferenza stampa di presentazione
Toni Servillo e Francesco Amato alla conferenza stampa milanese

Come è nato il film nelle sue fasi iniziali? Come sono stati coinvolti gli attori nel progetto?

Francesco Amato - Lasciati Andare nasce in un momento personale molto complicato della mia vita e dall'impegno degli interpreti nella preparazione del film, intanto che completavano altri progetti. Il copione è stato scritto appositamente per loro, che per fortuna hanno accettato la parte e si sono impegnati a provare le loro battute da ben prima che arrivassimo sul set.
Per esempio ho letteralmente inseguito Toni durante la sua tournée teatrale, lavorando con lui nei momenti liberi delle mattinate, tra uno spettacolo e l'altro. Ho regalato a Toni una copia della biografia di Groucho Marx mentre cominciavamo a lavorare al film, per fargli comprendere quale fosse la radice ebraica della comicità del film. Ho scelto lui perché ricordo che prima della lavorazione del film lessi un’intervista in cui consigliava ai giovani che volevano a lavorare nel cinema di avere il coraggio di difendere le proprie idee; ho avuto la sensazione che lo dicesse proprio a me. 

Carla Signoris - Io sono stata letteralmente inseguita in vacanza da Francesco. Pensavo di sfuggirgli almeno durante la villeggiatura, ma poi abbiamo scoperto di essere per caso entrambi all'Isola d'Elba, quindi me lo sono ritrovata in albergo in men che non si dica. Quando abbiamo cominciato a girare ero molto nervosa perché ero al fianco di Toni, che tra l'altro è precisissimo e spacca il capello in quattro ad ogni scena, ma poi mi sono subito rilassata quando ho cominciato a conoscerlo meglio. 

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Verónica Echegui - Io ero già innamorata di Gep Gambardella della Grande Bellezza ancor prima di girare il film, per cui ero davvero felice di poter lavorare con Toni. Ora però sono ancora più innamorata, ma proprio di lui! (ride) È una persona davvero disponibile e protettiva; mi ha aiutato tanto sul set. 

Una domanda per gli attori: cosa avete pensato quando avete letto la sceneggiatura? C'è qualche passaggio che vi ha colpito in particolare?

VE - Ho capito subito che la sceneggiatura funzionava, la prima volta che l'ho letta. Non saprei spiegare che sensazione dà in lettura, ma è rotonda, funziona! Forse la mia scena preferita è quella di Winnie: tra l’altro quel giorno io stavo davvero male, ci siamo dovuti fermare durante le riprese perché non c’era abbastanza luce, ero molto nervosa. Invece poi è venuta bene, no? In realtà tra una scena e l'altra ho anche finito per vomitare (ride). 

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TS - Anche quella è la mia battuta preferita. È uno di quei momenti che rispondo all’adagio “la vita è quello che succede quando siamo occupati a fare altro”.

FA - In qualità di regista devo dire che le mie preferite sono quelle sul lettino di Elia, con le nevrosi del vari pazienti. Tra l'altro il personaggio in cui mi riconosco di più è proprio il Pavido (ride). Mi piacciono molto anche i passaggi in cui si confrontano Carla e Toni come coppia: anche nei momenti di crisi si capisce quanto tengano l'uno all'altra.

CS - La mia battuta preferita è quando Verónica dice che sono stilosa… credo che la utilizzerò anche in futuro.

FA - Tra l’altro non era nel copione, è stata un'aggiunta di Verónica davvero geniale!

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Nel film seguiamo il percorso di analisi di un giovane calciatore rissoso ma talentuoso, descritto in maniera piuttosto anticonvenzionale per il cinema italiano. Come mai vi siete concentrati su questo tema?

TS - La seduta ipnotica con il calciatore è uno dei passaggi più inaspettati della sceneggiatura, tra quelli che mi hanno colpito di più. È bello mettere un rappresentante dello sport nazionale sul lettino d'analisi no? Significa parlare di calcio da un'angolazione completamente nuova. 

FS - L’umorismo ebraico mette i problemi sul lettino in forma in battuta e quindi ho voluto fare lo stesso, infatti non credo che le commedie siano disimpegnate: in particolare Lasciati Andare deve molto a grandi registi come Wilder, Brooks, i Coen, Allen…il cinema anglosassone ed ebraico, che ci piace. L’ambientazione del film però però è tipicamente romana: vediamo i protagonisti muoversi nel Ghetto, dove non è semplice girare. Abbiamo passeggiato molto, cogliendo il tradizionale e l’esotico di una comunità così unica e così integrata. Questa descrizione della comunità ebraica avviene anche attraverso i personaggi: Elia è legato alla comunità, come a Carla, da un rapporto di necessità e al contempo d'insofferenza.

CS - Il rapporto tra Giovanna ed Elia è anomalo rispetto al panorama cinematografico italiano. Si sono resi autonomi, ma sono ancora innamorati l'uno dell'altra. È raro poi vedere un film con la moglie con qualche anno in più sulle spalle che non soccomba alla giovane e bella rivale, no?

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Toni, nel film sei parecchio fuori forma. Come è stato interpretare un personaggio dai vizi e dall'autoindulgenza così evidente?

TS - Ci tengo a precisare che le pance erano finte: ne avevo 2, in modo da simulare il progredire della mia rimessa in forma. Niente metodi estremi insomma! (ride) Invece la barba bianca era vera, ispirata all'immagine stereotipica di dello psicologo: tanti analisti hanno questa barba bianca e rassicurante no?

FA - Il punto di svolta però sono stati gli occhiali, che Toni ha visto a un truccatore in un altro set. Con quelli, che si è fatto prestare, il film funzionava ancora di più, somigliava tantissimo a Freud!

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