Lie to Me: Cal Lightman esiste davvero e riconosce le bugie

Autore: Federica Lucia ,

Ricordate la serie che dal 2009 ha tenuto incollati tutti gli amanti della verità per 3 lunghe stagioni? Scovare le menzogne anche solo dal movimento di una spalla era l’hobby di tutti i fan di Cal Lightman e della sua squadra.

Guardarsi attentamente negli occhi nella speranza di intuire un micro movimento in grado di contraddire il nostro interlocutore era quasi un’ossessione. Stiamo parlando della serie ideata da Samuel Baum,# Lie to Me.

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Cal Lightman (interpretato da un brillante Tim Roth), esperto conoscitore di menzogne attraverso la comunicazione non verbale, fonda il Lightman Group, una società al servizio di enti pubblici e privati per la risoluzione di casi a volte spinosi.

Il dottor Lightman, insieme ai suoi collaboratori, riesce a scoprire quando qualcuno mente attraverso le micro espressioni facciali. Ma cosa sono queste micro espressioni? Esiste veramente questa tecnica di riconoscimento delle emozioni...? Ebbene si!

L’intera serie, il personaggio interpretato da Tim Roth e le tecniche utilizzate nei vari episodi sono completamente ispirati ad un reale studioso, alla sua teoria e ai suoi risultati.

Paul Ekman e il FACS

Il dottor Paul Ekman è uno psicologo americano che dal 1954 studia le reazioni del volto e del corpo umano in presenza di una determinata emozione.

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Soffermandosi le sue osservazioni in particolare sul volto ha individuato quelle "micro espressioni" spesso citate nella serie TV.

Le micro espressioni facciali sono quei cambiamenti mimici, comuni a tutti gli uomini, che si presentano ogni qualvolta si prova un'emozione, e vengono definite micro perché sono di brevissima durata.

Per intenderci, sono quelle che spesso Cal Lightman mostra ai suoi spettatori per spiegare la specifica emozione provata in quel momento dai personaggi sullo schermo. La stessa micro espressione si può riscontrare sul volto di un noto politico, un criminale o una famosa attrice.

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Le micro espressioni sul volto di Tim Roth

Proprio come il nostro protagonista, il dottor Ekman, dopo lunghissimi viaggi in giro per il mondo, ha individuato 43 micro espressioni, arrivando a catalogare oltre 5mila combinazioni di esse, che ha racchiuso in un enorme testo denominato FACS (Facial Action Coding System).

Da Ekman e dal suo studio nasce l’ispirazione di Baum per la sua Lie to Me. La serie, curata nel dettaglio grazie anche alla consulenza della dottoressa Erika Rosemberg, allieva di Ekman, non lascia nulla al caso. In ogni episodio viene analizzata una parte del complesso studio delle micro espressioni, prendendo in esame anche aspetti privati della vita di chi lo ha ispirato.

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Anche la scelta dei personaggi non è casuale.

Gillian Foster (socia di Lightman) è una psichiatra, impegnata nell’analisi della scelta delle parole, del cambiamento del tono di voce e delle pause utilizzate. Quindi attraverso questo personaggio viene dato maggiore rilievo agli indizi di menzogna riscontrabili nella voce e nel linguaggio.

Eli Loker e Ria Torres rappresentano gli opposti approcci al medesimo lavoro. Eli è il costante studio necessario per giungere ad un buon livello di comprensione degli indizi celati nelle micro espressioni, mentre Ria è il 5% della popolazione che è in grado di percepire gli indizi di menzogna senza bisogno di eccessivo sforzo e soprattutto senza lunghi anni di studio.

Eli Loker e Ria Torres in una scena di Lie to Me

Con ogni personaggio viene rappresentato un aspetto importante dello scopritore di menzogne. Anche all’interno degli episodi vengono presi in analisi i punti studiati da Ekman e illustrati nei suoi testi.

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Nell’episodio 02X09, intitolato Il Poker Assassino, vengono riportate sullo schermo tutte le tecniche e le teorie riguardo i giocatori di poker proferite da Ekman nei suoi testi. Qui troviamo il giocatore che finge di essere distratto, poco attento ai dettagli e spocchioso, ma che in realtà è semplicemente un abile bugiardo. Lo stesso Lightman fatica a capirne le micro espressioni dei giocatori di poker professionisti e li definisce così:

I bugiardi più bravi del mondo.

In Lie to Me vengono utilizzate, in maniera accurata, tutte le tecniche e gli accorgimenti descritti nel FACS, grazie anche della collaborazione di esperti.

Ciò che rendeva affascinante e avvincente la serie era la capacità di unire la dinamicità, tipicamente televisiva, alle tecniche scientifiche fedelmente rispettate. In ogni episodio veniva ricostruita una storia interessante e mai noiosa, mettendo in evidenza una specifica tecnica scientifica.

Differenza tra realtà e finzione

Ma se la serie che vede Tim Roth come protagonista ha seguito fedelmente la teoria di Ekman per quanto riguarda le tecniche, si è discostata parecchio dalla realtà quando si tratta di conclusioni. Mentre nell’intera serie il riconoscimento delle micro espressioni facciali e di tutti gli altri indizi di falso appare immediato e abbastanza evidente, nella realtà non è così semplice giungere alle giuste conclusioni.

Lo stesso Ekman, sul proprio sito, commenta la serie a lui ispirata facendo qualche precisazione. Secondo lo studioso, diversamente da lui Cal Lightman non mostra alcun dubbio circa le proprie interpretazioni e con troppa facilità vengono applicate le tecniche illustrate nel FACS.

In altre parole, la serie fa apparire una passeggiata riconoscere quando qualcuno mente e individuare proprio quello che in realtà si sta nascondendo. Sarebbe il sogno di investigatori e partner traditi!

La costruzione del personaggio interpretato da Tim Roth

Gli ideatori della serie, nel delineare il protagonista, si sono ispirati al passato di Paul Ekman, agli episodi salienti della sua vita e della sua carriera. L’interesse per le micro espressioni facciali nasce, in Ekman, dopo la visione di una video-seduta psichiatrica di una paziente che aveva tentato il suicidio.

Nel video Mary, questo il nome della donna, sorrideva e affermava di stare bene e di voler tornare a casa. Il suo medico le crede e la giudica guarita, ma alla fine la paziente dichiara di aver mentito e di avere ancora intenzione di uccidersi.

Visionando il video più volte nessuno era riuscito a scoprire la menzogna della paziente, ma guardandolo al rallentatore Ekman si accorse che, prima di rispondere sui suoi progetti futuri, la paziente aveva mostrato, per pochi decimi di secondo, un’espressione di disperazione.

L’ispirazione avuta da Ekman è stata riportata nella serie TV, apportando qualche modifica e caricando l’episodio di pathos. Infatti, la paziente è diventata la madre del protagonista e il tentativo di suicidio è riuscito.

Altro elemento che accomuna persona e personaggio sono i viaggi affrontati nei vent’anni di ricerca per perfezionare la teoria. Vengono più volte citati i viaggi in Papua Nuova Guinea e nelle tribù indigene per studiarne le espressioni, testimoniate da fotografie in bianco e nero all’interno della serie.

Insomma, la serie era stata confezionata in maniera impeccabile; dettagliata, credibile e funzionale. Eppure è stata cancellata dopo solo 3 stagioni, lasciandoci con l’eterno dubbio circa la storia d’amore tra Cal e Gillian. Sarebbero finalmente finiti insieme o avrebbero continuato a proteggersi e amarsi a distanza?

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