Napoli attraverso i film: da Matrimonio all'italiana a 5 è il numero perfetto

Autore: Emanuele Zambon ,

Napoli è mille colori che si perdono tra i pianti dei neonati, nei vicoli affollati e chiassosi. Parole che appartengono a quello splendido cantautore che è stato Pino Daniele, bravo a racchiudere tra le note lo spirito della città partenopea, uguale a nessun'altra (la definì amorevolmente "unica" Marcello Mastroianni in una delle sue ultime apparizioni), persa com'è in mille contraddizioni.

Ognuno, amava dire Massimo Troisi, ha raccontato solo un pezzetto di Napoli. Come dire, è impossibile coglierne l'anima in toto, se non cedendo a luoghi comuni. È suo un privilegio concesso a poche altre metropoli: terra baciata dal sole, che affaccia sul mare (esiste qualcosa di più suggestivo?), dove chi nasce "ce vo murì", per dirla alla Totò, a sottolineare il legame viscerale, per certi versi unico, che esiste tra il territorio e chi l'abita.

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Al cinema il capoluogo campano ha fatto da vero e proprio protagonista aggiunto in innumerevoli film, diversissimi tra loro per genere e cifre stilistiche. In occasione dell'arrivo nelle sale italiane di 5 è il numero perfetto, l'adattamento cinematografico dell'omonima celebre graphic novel di Igort (con un irriconoscibile Toni Servillo nei panni di un guappo votato alla vendetta), andiamo alla riscoperta delle pellicole che hanno celebrato Napoli, esaltandone i colori e gli umori oppure denunciandone i mali e le ombre.

Napoli nei film

Caroselli e guerra

È stata spesso (e banalmente) definita come la città della pizza per antonomasia, del caffè eccellente, dell'ospitalità e, infine, della camorra. Una definizione ristretta e assai riduttiva, figlia di una visione superficiale. Napoli scorre nelle vene di chi la abita, si materializza nell'arte di arrangiarsi dei suoi cittadini, nei sorrisi calorosi di un popolo per nulla spaventato dalle difficoltà, capace di compattarsi e rovesciare la Storia (vedi l'insurrezione del '43) oppure di chiudersi in un omertoso silenzio. Tutto e il contrario di tutto, insomma. Ma forse questa è una prerogativa più italiana che napoletana. Sta di fatto che sul grande schermo le mille (e una) sfumature partenopee sono state riprodotte con ottima mano, in un arcobaleno che muove dall'allegria dei canti popolari per finire ai fatti di sangue, quasi sempre opera della malavita organizzata, senza contare le superstizioni, la particolare filosofia di vita, le tradizioni rigorosamente da rispettare, la passione per il calcio, il sacro e il profano.

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Si pensi, ad esempio, agli stenti, al vociare e al calore narrati dal cantastorie Paolo Stoppa in Carosello napoletano, alle pulsioni amorose del melò di Matarazzo, Catene, con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson protagonisti (e chi altri sennò?). Da un dramma ad un altro, con la romana Anna Magnani in trasferta dalle parti del Vesuvio in un film - Assunta Spina - che parla di gelosie e delitti.

Napoli ha scritto il proprio nome nell'epilogo italiano della Seconda Guerra Mondiale, insorgendo con successo contro gli occupanti tedeschi e spianando così la strada all'arrivo delle Forze Alleate. Le famose Quattro giornate della città partenopea che ispirarono, oltre a O sole mio di Gentilomo, precursore del Neorealismo, anche l'omonimo film di Nanny Loy, affresco corale - nel cast, tra gli altri, Gian Maria Volonté ed Enzo Turco - di una guerriglia mossa dall'esasperazione e dalla dignità di un popolo umiliato dal nemico. Le macerie e gli strascichi del conflitto vengono rievocate anche dal capolavoro di Rossellini, Paisà (la miseria in cui è costretto uno scugnizzo orfano tocca il cuore di un soldato americano) e nel bellissimo documentario, tratto dall'omonimo testo di Norman Lewis, Naples '44, scandito dalle voci di Benedict Cumberbatch (nella versione originale) e di Adriano Giannini. La grande tragedia della guerra si consuma anche nell'indimenticabile Tutti a casa di Luigi Comencini, con uno straordinario Alberto Sordi nei panni del sottotenente Innocenzi, unitosi proprio alla lotta per la liberazione della città partenopea nel drammatico finale del film. C'è poi la Napoli ferita, martoriata, ridotta alla fame di Eduardo de Filippo, indubbiamente poco milionaria a dispetto del titolo. Un agglomerato di disperati, trafficoni e scaltri individui costretti prima a convivere con gli occupanti e poi ridotti ad attendere speranzosi ("adda passa' a nuttat") l'agognata ricostruzione.

Sotto al Vesuvio si ride (e ci si commuove)

Se Napoli ha scritto grandi pagine della tragedia sul grande schermo, è altrettanto vero che risate, folklore e ironia l'hanno spesso fatta da padrone, complici protagonisti leggendari, grandi nomi della commedia (e non solo) italiana. Sulla dimensione di Eduardo De Filippo c'è poco o nulla da aggiungere, basti pensare a titoli come Filumena Marturano (con una grande Titina, sorella del drammaturgo) e Napoletani a Milano. Del genio di Eduardo si è avvalso anche un altro pezzo da 90 del cinema italiano, napoletano d'adozione: Vittorio De Sica, che lo volle nella parte del "professore" ne L'oro di Napoli. I due collaborarono, restando in tema, anche in occasione di Ieri, oggi, domani. De Filippo fu infatti l'autore del soggetto - assieme a Isabella Quarantotti - dell'episodio "Adelina" ambientato a Napoli. De Sica, inoltre, con Matrimonio all'italiana rileggerà la commedia teatrale di De Filippo, Filumena Marturano, sfiorando di nuovo l'Oscar, sempre con Sophia Loren e Marcello Mastroianni protagonisti.

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Se a Napoli la risata assume sovente un tratto liberatorio e demistificante, lo si deve in particolare al principe dello "scompisciarsi" (per dirla con parole sue): Totò. Uomo dai nobili natali e dall'animo altrettanto blasonato, forse il più grande performer italiano di sempre, grazie a quella sua capacità di bypassare canovacci - più che sceneggiature - e improvvisare battute entrate a far parte dell'immaginario collettivo, spesso sorrette da partner di lusso come Peppino De Filippo, Enzo Turco, Mario Castellani, Carlo Croccolo e Nino Taranto.

Minerva Film
Totò in Miseria e nobiltà

Nella sua Napoli Totò ha girato autentici capolavori della commedia, a partire dai primi lavori (in San Giovanni decollato è un ciabattino devoto al santo del titolo; gli scambi di persona di Fifa e arena e L'imperatore di Capri sono da sbellicarsi), passando per le commedie di Scarpetta, in particolare Miseria e nobiltà (lo scrivano Felice Sciosciammocca che si presta ad una truffa assieme ai suoi coinquilini). L'immenso attore ne combinerà di tutti i colori dalle parti di Napoli anche in altri due film (oltre a Napoli milionaria di De Filippo e a L'oro di Napoli di De Sica, in precedenza citati): suo il ruolo del dipendente Guardalavecchia della ditta Pasquetti in Chi si ferma è perduto - che però venne girato interamente a Roma - e quello di uno dei fratelli Caponi in Totò, Peppino e la... malafemmina (dal titolo di una celebre canzone scritta dallo stesso Totò).

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A strappare sorrisi nella città di Pulcinella ci hanno pensato inoltre i "siculi" Franco e Ciccio (I due della legione straniera), gli spassosi Lillo & Greg di Natale col boss, Vincenzo Salemme (da Amore a prima vista al recente Caccia al tesoro), gli irresistibili marinai Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello di Pugni pupe e marinai, Claudio Bisio e Frank Matano con Ma che bella sorpresa, i maldestri vendicatori Vincenzo Alfieri e Lino Guanciale dell'action comedy I peggiori.

Gag e scene esilaranti che spesso sono figlie dell'autoironia napoletana (le truffe di Pacco, doppio pacco e contropaccotto, l'ultimo lavoro di Nanni Loy), di un particolare modo di approcciare alla vita (la filosofia pungente di De Crescenzo e del suo prof. Bellavista) oppure di una incredibile naturalezza nel recitare le disgrazie e i patimenti quotidiani tanto da far sembrare invisibile il confine tra realtà e finzione: è il caso di Massimo Troisi, che per tutti gli anni '80 è stata la maschera dei giovani napoletani alle prese con lo spauracchio dell'età adulta, vedi il timido e malinconico Gaetano di Ricomincio da tre. Sempre a Napoli, l'attore recitò nella parte di sé stesso in No grazie, il caffè mi rende nervoso.

La sceneggiata napoletana

Al trash, invece, ci ha pensato Alvaro Vitali con Paulo Roberto Cotechiño, centravanti di sfondamento, mentre alla commedia si è prestato anche Nino D'Angelo (il film è Tifosi, dove l'attore interpreta un ladruncolo che ruba per sbaglio a casa di Maradona), uno che a Napoli ricordano "scugnizzo", oltre che per le melodie appassionate, per numerose commedie sentimentali (da Celebrità a Un jeans e una maglietta), se non addirittura nelle celebri sceneggiate al fianco del reuccio Mario Merola, che tra serenate calibro 9, giuramenti e tradimenti ha spesso impersonato l'uomo perbene vittima di soprusi.

Napoli sullo schermo, cinema dai mille gusti

A Napoli, prima o poi, ci sono passati quasi tutti: Nino Manfredi ambulante abusivo in Café Express (lo ricordiamo pure come Dudù in Operazione San Gennaro di Dino Risi), Ugo Tognazzi commissario ne La mazzetta, il disoccupato Enrico Montesano de Il furto è l'anima del commercio!?... (alle prese col nobile decaduto Alighiero Noschese), la spia affetta da amnesia Jason Bourne (che nel capitolo Supremacy mette fuori combattimento gli agenti della dogana all'aeroporto), un Giacomo Leopardi prossimo alla fine (Elio Germano ne Il giovane favoloso).

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Napoli si è colorata di giallo con Mastroianni (il film di Sergio Corbucci è del '79), ha cavalcato l'onda del poliziottesco prima con Maurizio Merli (Napoli violenta) e poi con Henry Silva (Napoli spara!), ha conosciuto incantesimi (da ridere quello di Genovese e Miniero), riscatti (la Valeria Golino di Per amor vostro), favole (La kryptonite nella borsa), giganti di ferro dal cuore d'oro (Bud Spencer nella serie Piedone) e dei del calcio (il Maradona visto prima da Kusturica e poi da Marco Risi con La mano de dios).

Key Films
Una scena de L'uomo in più

Una città dalle mille forme ma con un'unica anima che ha fatto da teatro alle vicende di omonimi in caduta libera (così gli Antonio Pisapia de L'uomo in più), derelitti col vizio del poker (ancora Toni Servillo, stavolta in Gorbaciof) e pescivendoli accecati dalla popolarità da reality (l'altro lato del Grande Fratello visto da Matteo Garrone). Nella metropoli del Sud Italia si è spaziato dalle commedie leggere (Song'e Napule dei Manetti Bros.) al fantastico con Via Lattea... la prima a destra, uno dei film meno riusciti di sempre, spesso ispirando addirittura Hollywood: i casi di Profumo di donna e Stanno tutti bene, dove Gassman e Mastroianni (di passaggio a Napoli) verranno in seguito imitati dagli altrettanto mostri sacri Al Pacino e Robert De Niro.

Napoli è stata processata da Luigi Zampa (nel film del '52 ispirato alla vicenda Cuocolo), finendo invece sotto inchiesta ne Le mani sulla città di Francesco Rosi, vero e proprio film denuncia della speculazione edilizia anni '60. Infine c'è chi è rimasto fedele al detto ("Vedi Napoli e poi muori"), come Gian Maria Volonté in Lucky Luciano, biopic sul boss della malavita italoamericana stroncato da un infarto all'aeroporto di Capodichino.

Da questo viaggio tra i vicoli e le periferie della città campana sono stati escluse le pellicole a tema camorristico (che invece trovate QUI) e alcuni film di Toni Servillo, oggetto di un altro approfondimento che trovate QUI.

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